Ieri ho avuto il mio mal di testa. Di solìto dico questo per semplìficare una giornata come quella appena trascorsa ad amici o parenti. Loro sanno di cosa parlo, almeno a grandi lìnee. Mi riferisco alla Cefalea a Grappolo. Con i conoscenti di solito evito proprio di parlarne, giusto per evitare di sentirmi dire cose tipo: “anche io soffro di mal di testa” oppure “hai preso una Mesulìd / Aulìn / Moment o giù di lì?”. Forse non potete immaginarlo, ma per chi soffre di Cefalea a Grappolo (CH) il concetto stesso di dolore acquisisce un significato differente. Senza scendere nei dettagli della patologia e delle sue caratteristiche, voglio parlarvi della mia giornata di ieri.

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Sveglia: chi mal comincia è un grappolato

Aprire glì occhi la mattina e dopo pochissimi secondi scoprire di aver mal di testa, restituisce universalmente l’idea di un brutto risveglìo. Immaginate per chi ne ha uno che raggiunge livelli talì di dolore da meritarsi l’appellativo di “mal di testa da suicidio”. Difficile essere di buon umore! Fortunatamente era nella fase leggera, definita “shadow” come ombre dolorose. Quando si è ancora a questo punto, il lato positivo è che un farmaco, bello forte, può fare effetto. E no. Non parlo di Novalgina, Sinflex o tutto il resto. Gli antidolorifici “tradizionalì” non hanno assolutamente alcun effetto. Quando si arriva nella fase acuta, nessun farmaco, ma veramente nessuno, può avere effetto. Hanno anche provato ad iniettarmi 2 fiale di Toradol… acqua fresca. Insomma, ho preso la mia pillolina preventiva e sono andato a lavoro. Ma in questi casi l’ombra rimane. Impossibile non essere nervosi sapendo che di lì a poco si potrebbe andare incontro a dolori terrificanti.

La spada di Damocle

Lavori, rispondi al telefono, parli con i colleghi, ma il dolore è sempre lì, in sordina. È a riposo, ma puoi comunque sentirlo. E vi garantisco che fa paura. Una paura ancestrale e razionalmente incontrollabile. E la cosa peggiore è che fai bene ad averla: dopo 2-3 ore, giunto alla pausa caffè, il dolore ritorna. Seconda pillola. Fortunatamente ancora una volta in tempo. In tempo per riportarla velocemente al suo livello di “shadow”, ma ancora non è finita. Arrivati a questo punto, dopo due pillole, diventa tutto più complicato. Non ne puoi prendere una terza se non dopo altre 12 ore (24 consigliano) e l’unica alternativa è il cortisone. Quest’ultimo funziona, anche se lentamente e con moltissimi effetti collaterali. Per giunta non può essere preso una tantum, ma va poi continuato per un periodo medio-lungo, scalando di giorno in giorno la dose. E col tempo si diventa praticamente dipendenti… non nel senso tipico delle droghe, ma perché se non si prende ritorna più facilmente il grappolo. Perciò vorresti evitarlo, ma dentro di te sai bene che vuoi evitare maggiormente quel dolore, quello che hai provato così tante volte ormai nella tua vita e che ti fa star male, fisicamente ed emotivamente, a livelli difficilmente descrivibilì.

Il risveglìo del leone

Hai preso pillole, hai lavorato male, sei stato magari scortese con chi ti sta vicino e con chi ti ama (purtroppo può capitare in queste situazioni) o nella miglìore ipotesi li hai semplìcemente ignorati, tutto concentrato a studiare la tua tecnica di difesa (farmacologica) per la giornata. E alla fine arriva. Proprio quando non hai più frecce al tuo arco. Fortunatamente sei a casa ora e puoi metterti a riposo, al calduccio, nel tuo letto e con qualche film/serie da vedere per distrarti. E qui è doverosa una precisazione. A differenza dei comuni mal di testa, la CH non crea fotosensibilìtà o ipersensibilità alla luce o ai rumori… almeno non a me se non nella fase più acuta. Stai lì, guardando la TV con una mano che crea pressione all’interno dell’orbita oculare (luogo in cui il dolore si concentra) e cerchi di distrarti. Intanto cresce. In questa fase quasi cerchi di convincerti che se non ci pensi non farà male. Ma in fondo lo sai che ti stai soltanto prendendo in giro, stai semplìcemente tentando di fornirti un diversivo. Inutile.

L’ultimo attacco

Arriva. Questa volta forte e chiaro. Niente più ombre o echi, la CH in tutto il suo diabolico splendore. Il dolore che prima si concentrava nella zona orbitale è ora esteso fino alla mandibola, la testa ed il collo. Ad ogni pulsazione (è così che si presenta, in forma trafittiva e pulsatile) va più in profondità e ti scuote il sistema nervoso. Anche la pausa tra una e l’altra si riduce fino quasi a scomparire. Il letto inizia a starti stretto, hai bisogno di muoverti. È giunto il momento del cortisone.

Preso. Ma sai bene che fa effetto in un’oretta. Quindi ci sarà tempo per lottare con la CH. Per prima cosa una bella borsa d’acqua caldissima sull’orbita oculare. A qualcuno fa effetto il ghiaccio ad altri l’ossigeno, a me nisba. In qualche modo il caldo riesce leggermente a calmare il dolore… forse semplicemente perché così intenso sul viso (e immagino non faccia assolutamente bene) è capace di confondere il corpo e i recettori del dolore. Ma non fa miracoli. Il tempo passa e il letto non basta più. Sei nervoso, inizi a sentire la voglìa di rimettere, ma se lo fai addio farmaci. Allora passeggi per casa, prendi a pugni il muro, l’armadio, la porta. Non serve a molto chiaramente, ma arrivi ad un punto in cui devi necessariamente scaricare tutta quella tensione. Sembra impossibile, ma il dolore aumenta. Ogni fitta ora sembra quasi una scarica elettrica che raggiunge tutto il corpo. Nella bocca un sapore amaro ti disgusta, ma non devi rimettere, non ora. La situazione non miglìora. Non si potrebbe, ma non hai altre alternative: un’altra pillola è necessaria. La prendi cercando anche di ingoiare una schifezza qualsiasi. Ieri per fortuna era una buona fetta di torta fatta in casa, ma in quei casi anche quella è orribile e ti fa solo venire voglìa di vomitare.

Troppi farmaci, inizio a sentire freddo e brividi. La nausea non va assolutamente via, il dolore neanche. Ora dondolo, seduto sul ciglio del letto, premendo una borsa d’acqua calda sul viso. Quasi come se pensassi che quel movimento ripetuto, continuo, controllato, possa rassicurarmi. Ovviamente niente da fare. Mi alzo, cammino, mi lamento. Ritorno a dondolare. Trasformo i gemiti di dolore in musica, mi canticchio una canzone. Ho bisogno di scaricare tutta quella tensione. Inizio a singhiozzare, le lacrime scendono giù senza controllo. Forse è meglìo, magari scarico un po’. Quindi non cerco di fermarle, al contrario, le incoraggio. Non vedo luce alla fine del tunnel. Raddoppio il quantitativo di cortisone. I singhiozzi ed i lacrimoni hanno avuto effetto. Mi sento più rilassato e ritento di prendere sonno. Ovviamente è impossibile, equivale ad addormentarsi mentre un picchio cerca di scarnificarti. Piano piano, lentamente, qualcosa migliora. Le pause tra una fitta e l’altra iniziano nuovamente a sentirsi, anche se brevi. E tu pensi che puoi riprendere il controllo. O forse è semplìcemente lei che te lo concede, ma l’illusione è comunque piacevole.

Dopo un’altra ora tutto migliora, inizia la risalita. E si sente. Passa qualche minuto e si ritorna a livelli di dolore finalmente sopportabili. Non a livelli delle shadow iniziali, che ora come ora vedi come qualcosa di quasi piacevole. Ma la borsa d’acqua calda rimane lì. Togliendola il dolore ritorna, quindi resta decisamente al suo posto. Vorresti solo dormire a questo punto, ma i farmaci la tensione del giorno e tutto il resto si scaricano. Tachicardia, dolori al petto, freddo, nausea, si alternano e ti rendono quasi impossibile prendere sonno. Perciò passeranno ancora 2 ore prima di dormire, ma quel momento, alla fine, arriva. Purtroppo il cortisone non ti concede dei lunghi sonni rilassati, per cui è facile svegliarsi di lì a poco e pronto ad iniziare una nuova giornata.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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