Continuiamo il nostro viaggio nel mondo degli obiettivi. DSLR, EVIL, CSC o altro non fa differenza; qualsiasi corpo macchina con sistema di obiettivi intercambiabili è interessato.
Oggi ci occupiamo di un argomento particolarmente di “moda”: la stabilizzazione. Questo termine attualmente è stra-abusato nel settore fotografico, tant’è che vengono vendute video e fotocamere con sistemi di “stabilizzazione” che in realtà fanno più danni che altro. Mi riferisco alla stabilizzazione elettronica realizzata via software, tagliando delle parti nei video (crop) o perdendo dettagli nelle foto. Il tipo di stabilizzazione che a noi interessa, quella “vera”, può essere solo di due tipi: sull’ottica o sul sensore.
Ma iniziamo col chiederci: a cosa serve e come funziona la stabilizzazione? Cerchiamo di spiegarlo seppur con la classica sintesi che contraddistingue questa serie di approfondimenti sul mondo fotografico. Quando ci accingiamo ad eseguire uno scatto a mano libera, il naturale movimento della mano può causare un fastidioso effetto mosso. Naturalmente il problema si presenta in modo direttamente proporzionale al tempo di scatto, essendo virtualmente assente in caso di pose particolarmente rapide ed evidenziandosi, al contrario, su esposizioni prolungate. Ma questo non è l’unico fattore da considerare. Infatti la lunghezza focale incide anch’essa in modo proporzionale sul mosso. Se avete mai guardato all’interno di un cannocchiale capirete facilmente di cosa sto parlando: quando si usano lunghezze focali spinte (tele o super tele) che avvicinano notevolmente i soggetti e riducono l’angolo di campo, si amplificano in modo esponenziale i nostri movimenti, rendendo veramente difficile mantenere immobile l’inquadrato. Se poi si somma all’uso di un tele la necessità di tempi di posa relativamente lunghi, magari per carenza di illuminazione, il mosso è assicurato. La stabilizzazione dunque consiste in un sistema meccanico (seppur controllato dall’elettronica) che tenta di contrastare il mosso con movimenti uguali e contrari a quelli del fotografo.
A questo punto siamo già in grado di chiarire un punto fondamentale. La stabilizzazione è utile al fine di ridurre il difetto di mosso generato dal movimento del fotografo e dei componenti interni della macchina (anche quelli incidono), ma non aiuta minimamente quando è il soggetto a muoversi.
La stabilizzazione ottica è stata introdotta inizialmente da Canon nel 1995 e da allora, oltre ad essersi notevolmente evoluta, è stata adottata da tutti i più importanti produttori. Alcuni tra i più importanti, come Canon e Nikon, continuano ad asserire che la stabilizzazione delle ottiche dia migliori risultati rispetto a quella sui sensori, adottata tra gli altri da Sony e Pentax. A livello di principio i due sistemi si comportano in modo piuttosto simile con un sensore elettronico che raccoglie i movimenti del corpo ed un sistema di movimento che tenta di bilanciarli. Ogni implementazione fa caso a sé, ma genericamente si possono tracciare dei pro e contro per ogni sistema.
Stabilizzazione sull’ottica
Dal momento che a muoversi sono le lenti possiamo vedere i suoi effetti direttamente nel mirino reflex
Teoricamente più efficaci visto che il sistema è adattato al tipo di obiettivo
Aumentano complessità e costo di ogni ottica
Deve essere implementata su ogni singola ottica
Stabilizzazione sul sensore
Rende stabilizzati tutti gli obbiettivi collegati al corpo macchina
Minor costo complessivo
Non permette la previsione della stabilizzazione nel mirino (possibile invece in quelli elettronici)
L’efficacia diminuisce mano a mano che si usano focali più spinte
Quest’ultimo punto chiarisce perché i migliori marchi si ostinino ad usare la stabilizzazione sull’ottica, anche se questa comporta un costo maggiore per il fotografo. Il discorso è piuttosto comprensibile pensando all’esempio del cannocchiale di prima: se con lunghezze focali particolarmente spinte i movimenti vengono accentuati e la stabilizzazione deve compensarli, su un super tele il sensore dovrebbe essere in grado di spostarsi molto di più rispetto a quanto faccia per un grandangolo o un normale. Per fare un esempio pratico se per un 50mm il normale mosso ad 1/30 si contrasta con un movimento del sensore di 1mm, con un 400mm potrebbero esserne necessari 5 o 6. E quest’ampiezza di movimento non è implementabile in un corpo macchina perché ne aumenterebbe enormemente le dimensioni oltre a creare problemi di allineamento con l’ottica, lo specchio, etc.. Mentre nell’ottica tale problema si riesce a gestire diversamente da caso a caso e con più libertà. Basta dare un’occhiata al Canon EF 800mm f/5.6 L IS USM:
Movimenti orizzontali, verticali, rotatori, oscillatori
Un’altra importante differenziazione risiede nel tipo di movimenti che la stabilizzazione riesce a contrastare. Le ottiche si difendono bene, ma esclusivamente per oscillazioni sugli assi verticale e orizzontale. Solo la stabilizzazione sul sensore al momento può arrivare a sopperire anche ai movimenti rotatori. Per le oscillazioni invece (avanti o indietro) al momento non vi sono soluzioni perché avvicinare o allontanare sensore (piano focale) o centro ottico comporterebbe perdita della messa a fuoco, variazione dell’angolo di campo, etc…
Effetto reale
Abbiamo già detto che la stabilizzazione non può contrastare il movimento del soggetto. Per quello l’unica soluzione è ridurre il tempo di posa in modo proporzionale alla sua velocità ed alla lunghezza focale. In tutti i casi la stabilizzazione non può fare miracoli, tuttavia i vantaggi sono notevoli, specialmente nei tele e super tele. Ed è proprio in questi casi che il tipo di stabilizzazione in cui è il sensore a muoversi, perde parzialmente efficacia. Al momento il meglio che si riesce ad ottenere da un buon sistema di stabilizzazione al massimo delle sue condizioni è aumentare le possibilità di scatto a mano libera fino ad un tempo 4 volte maggiore (quindi 4 stop). Per cui se in una particolare circostanza riusciamo ad arginare il micromosso a mano liber a 1/120, con una stabilizzazione potremmo riuscire a scendere fino a 1/30. Sempre che il soggetto sia sufficientemente stabile…
Meglio stabilizzazione ottica o sul sensore?
La mia idea è che per soluzioni amatoriali la stabilizzazione sul sensore sia la migliore: è sufficientemente efficace e permette un notevole risparmio. Ma per un professionista o anche un amatore particolarmente attento, è una soluzione difficilmente accettabile. Proprio perché la sua efficacia diminuisce dove invece ve n’è più bisogno: negli obiettivi tele. La stabilizzazione ottica rimane quindi una implementazione migliore.
Nikon o Canon passeranno alla stabilizzazione sul sensore?
Non credo. Forse l’unica possibilità in tal senso potrebbe essere rappresentata da soluzioni totalmente nuove e destinate all’utenza di tipo strettamente amatoriale. Se ad esempio fosse reale il rumor riguardo al progetto Nikon Q di un nuovo sistema CSC, potrebbe anche essere possibile. Ma personalmente lo ritengo altamente improbabile.
Un’ultima considerazione prima di concludere. Alcuni obiettivi (che io sappia solo alcuni recenti Canon, ma posso essere smentito) riescono a “capire” se la macchina è posizionata su un treppiedi e si comportano di conseguenza. Di norma però è conveniente disattivare la stabilizzazione durante uno scatto in cui la camera sia poggiata e ferma. In tali circostanze infatti, anche il veloce movimento interno dello specchio può essere amplificato dalla compensazione di stabilizzazione.