Un tranquillo weekend di paura (grazie a Maxtor)

Prima di addentrarci in questo articolo, sento di dover fare una precisazione per rispondere alle tante email che sto ricevendo in questi ultimi giorni: il blog è vivo! Lo dico perché in molti mi hanno evidenziato di aver notato un numero sempre minore di post nella settimana trascorsa e mi chiedevano se lo stessi abbandonando. Li ringrazio in primo luogo per l’attenzione rivolta a SaggiaMente, ma nel contempo vorrei assicurarli(vi) che tutto procede come sempre… seppure in questo periodo in cui si inizia a respirare il clima natalizio, ho come tutti voi altri interessi privati da gestire, oltre a qualche piccolo problema sul lavoro. E quando dico lavoro intendo ovviamente quello “vero” e non il blog. Ed è proprio di questo che vi vorrei parlare.

In più di una occasione ci siamo occupati di backup, sia tramite Time Machine e Time Capsule, che con strumenti di terze parti come Carbon Copy Cloner. Andando ancora più indietro nel tempo ho anche illustrato come creare un backup incrementale programmato tramite crontab ed il potente rsync. Ciò a dire che ho molto a cuore la sicurezza dei dati, specie quelli necessari al proprio lavoro. E seppure io non sia assolutamente un esperto in questo ambito, c’è una cosa che posso garantirvi essere assolutamente fondamentale, specie per quanto di recente accadutomi: la ridondanza.

maxtor shared storageSappiamo tutti che ogni supporto di memorizzazione ha una “data di scadenza”, ma non la possiamo conoscere anticipatamente. Ed è anche per questo motivo che ho più copie dei miei dati lavorativi in differenti dispositivi. Inoltre tendo a creare due copie distinte, una per il sistema operativo, le applicazioni e le configurazioni ed un’altra per le due cartelle in cui conservo i lavori di grafica tradizionale e quelli per il web. Per il backup di sistema ho provato differenti soluzioni tra cui Time Machine, ma al momento ho preferito optare per una clonazione continua del disco, in modo da avere un secondo volume immediatamente avviabile in caso di problemi (guida).

Per quanto riguarda i dati ho invece optato per un NAS di rete che uso ormai da più di un anno: il Maxtor Shared Storage II (immagine a lato). In questo vi sono due dischi che ho configurato con RAID 1 (mirroring), in modo tale che ogni informazione inserita sul primo venga automaticamente copiata anche sull’altro. Forte di questa “doppia sicurezza”, alcuni lavori non più recenti li ho nel tempo cancellati dal mio iMac e mantenuti solo sul NAS. E fino all’altro giorno tutto è andato bene.

Fino a quando non mi chiama un cliente per una modifica urgente ad un vecchio logotipo che doveva andare in stampa di lì a pochi minuti e il NAS non risultava raggiungibile. Tutte le luci regolarmente attive, ma non si vedeva nei dispositivi condivisi e la maschera di configurazione via browser non rispondeva (quindi niente SMB, niente HTTP, niente ping). Attimi di panico vi assicuro, specie dopo aver notato un ticchettio tipico di testine fuori sede. Dopo innumerevoli tentativi decido, ingenuamente, di smontarlo. Essendo un acquisto con fattura la garanzia di 1 anno era purtroppo già scaduta e comunque l’urgenza di dover accedere ai dati non mi ha dato la possibilità di pensare ad un intervento dell’assistenza tecnica. Dopo una ventina di minuti riesco a “fare a pezzi” il NAS, il quale è assemblato in modo piuttosto solido ma non è studiato per cambi di dischi “al volo”. Estraggo uno dei due e lo collego via USB tramite un case SATA esterno. Non avevo molte speranza per la verità, ma invece sento i piatti girare regolarmente e nessuno strano rumore dalla testina. Quasi rassereno. Ma ecco in cosa consiste la mia ingenuità: i dischi funzionavano ma non erano assolutamente leggibili. Nè da Mac OS X, nè da Windows, nè da Linux. Parlando con Danilo, l’ottimo tecnico di ApmShop.it, ho scoperto che Maxtor usa un proprio file system e che quindi i dischi, seppur completamente funzionanti, non sono leggibili dai computer. E non sono riuscito a trovare (magari esiste?) un’applicazione, dei driver o qualsiasi altro strumento per tirarli fuori.

Bene, arrivati fin qui avevo un NAS non funzionante e fatto a pezzi, ben due dischi nelle mie mani con il dato che mi serviva e nessun metodo per leggerlo. Grazie Maxtor.

Ad un certo punto però mi ricordo che il lavoro di cui necessitavo era risalente al 2006, epoca in cui facevo ancora backup su DVD. Mi metto perciò a scartabellare tutti i vecchi dischi di backup incrociando le dita. Purtroppo solo alcuni possedevano indicazioni sul contenuto all’esterno dal momento che i successivi erano semplicemente numerati mentre il contenuto era catalogato su un vecchio software che girava su Windows e che avevo prontamente abolito passando al NAS. Per farvela breve dopo qualche minuto di strenua ricerca trovo quello che mi serviva e riesco a chiudere il lavoro con pochi minuti di ritardo.

Rimaneva comunque il problema del NAS, così ho raccolto tutti i cocci e li ho portati a Danilo per un parere da esperto. In due minuti si è accorto che era l’alimentatore a dare problemi e che anche se tutte le spie segnavano regolare attività, non riusciva ad alimentare correttamente i dischi. Non ne aveva uno dentro da 3 ampere, ma con un vecchio alimentatore di un PC e un paio di saldature ne ha creato uno nuovo che ha ridato vita al moribondo Maxtor.

Se siete arrivati non troppo annoiati alla fine di questa storiella con epilogo fortunato, avrete capito perché parlavo di ridondanza. Non affidatevi ad una sola copia dei vostri dati se questi sono veramente importanti. Negli ultimi anni ho effettuato numerosi upgrade del parco hardware per tenere lo studio al passo con i tempi e per garantirmi la sicurezza e continuità lavorativa che invece è stata salvata in calcio d’angolo da un vecchio ed impolverato DVD.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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