Cosa è cambiato dopo un anno di Mac App Store e cosa succederà con Mountain Lion

SaggiaMente è piuttosto giovane ma nei suoi 34 mesi abbiamo assistito insieme alla crescita del nuovo mercato mobile post-iPhone, alla presentazione del tablet Apple, con l’ondata post-iPad, ed al più recente boom degli ultrabook, ovviamente, post-MacBookAir. Il nostro orizzonte è volutamente circoscritto ad ovest dall’informatica e ad est dalla fotografia ma, anche in questo limitato campo visivo, sono successe cose ben più importanti, alcune anche tristi, come la perdita di un CEO che, oltre ad essere stato un uomo complesso e discusso, è stato in grado di guidare un’azienda fino a creare prodotti e servizi che hanno innegabilmente segnato un’era. Nello stesso periodo i Mac hanno conosciuto due nuovi sistemi operativi ed un terzo, Mountain Lion, è in dirittura d’arrivo.

Guardiamo il mondo che cambia giorno per giorno ed anche le piccole cose, quelle a cui non si da mai il giusto peso, finiscono per trasformare le nostre abitudini. Quando arrivò Lion spendemmo decine di articoli per analizzare le sue novità più importanti come Mission Control, Salvataggio Automatico, Versioni ed il Mac App Store (presente anche su Snow Leopard). Su quest’ultimo ci furono accese dispute tra chi lo sosteneva e chi, invece, ne temeva le ripercussioni. Come da nostra abitudine abbiamo cercato di mantenere un punto di vista più distaccato, ascoltando diversi punti di vista interessanti, ma senza essere mai del tutto concordi né con chi vedeva solo aspetti positivi né con chi prevedeva immani catastrofi. A distanza di oltre un anno dalla nascita dello store di applicazioni per Mac, ci troviamo con un numero sufficiente di informazioni per fermarci, guardare indietro e scoprire cosa è cambiato davvero.

Ne resterà soltanto uno?
Se ben ricordate, uno dei principali argomenti di attrito risiedeva nel timore che il MAS potesse diventasse l’unico mezzo di approvvigionamento del software per Mac. Apple non ha fatto altro che sottolineare che questo sarebbe stato solo un canale aggiuntivo e non esclusivo ma cosa è successo realmente? Con Lion tutto è andato più o meno secondo i piani, anche se la presenza del nuovo store ha portato degli effetti in cascata che analizzeremo tra poco. Su Mountain Lion, invece, la condizione predefinita del sistema operativo consentirà l’installazione delle sole applicazioni scaricate dal Mac App Store e da sviluppatori identificati, mostrando un popup di avvertenza per le altre (un po’ come accadeva già in passato):

app

Con l’impostazione solo dal Mac App Store, il messaggio non consentirà affatto di proseguire:

popup

Soffocate le urla di terrore: si tratta di un’opzione modificabile con un semplice clic nel pannello di preferenza Sicurezza e Privacy. Dopo aver impostato “Dovunque” si potrà installare qualsiasi applicazione… ma l’opzione in sé fa riflettere.

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La giustificazione di facciata si basa sulla sicurezza per l’utente di utilizzare solo applicazioni approvate e provenienti da sviluppatori identificati, però è facile vederci anche il primo timido tentativo di imboccare la strada dell’unicità del Mac App Store. Ribadiamo che basta un clic per togliere questa limitazione ma non se ne poteva proprio fare a meno? Prendiamo un utente che non ha particolare dimestichezza con il computer e che comprerà il suo primo Mac già con Mountain Lion. Non riuscirà a vedere un filmato in XviD o mkv e scoprirà in rete dei codec Perian (ora abandonware) e VLC, facilmente reperibili online ma che generano un popup di sicurezza. È il tipo di gabbia/non gabbia che ti spinge in una direzione senza però obbligarti.

Tutto ha un prezzo
Un buon software l’ho sempre pagato molto volentieri, specie quando mi è capitato di trovarlo all’interno di un bundle a prezzo scontato. Penso sia un comportamento normale e, grazie al Mac App Store ed alla sua diffusione, è ancora più facile trovare applicazioni valide per Mac a costi davvero irrisori. Inoltre, molte le applicazioni di livello sono diventate più economiche con l’introduzione nello store, tra cui anche Final Cut, Aperture, Motion, ecc… della stessa Apple. La nuova piattaforma di distribuzione non ha mancato di accendere la lampadina del “guadagno facile” negli sviluppatori e per molti ha rappresentato un modo semplice e corretto per mettere a frutto il lavoro di una vita. Certo capita e capiterà la presenza di qualche app-fuffa ma grazie al processo di approvazione ci sono pochissimi esempi del genere. Così come è capitato e capiterà ancora che applicazioni storicamente gratuite si introducano nel MAS diventando a pagamento. Senza analizzare i singoli casi e le motivazioni nel dettaglio citiamo: Smultron, Growl, TrashMe, Find Any File, ecc.. (se ne conoscete altri fatecelo sapere nei commenti). Non è però così scontato che ciò dipenda unicamente dallo store di applicazioni Apple, ad esempio lo storico progetto Carbon Copy Cloner è di recente divenuto a pagamento pur mantenendo il suo tradizionale canale di distribuzione.

Il vantaggio è la semplicità
Ricapitolando, dopo il MAS qualche applicazione è divenuta a pagamento, altre più economiche e su Mountain Lion si dovrà modificare un’opzione per utilizzare software esterno. Chi vi scrive usa numerose postazioni Mac tra lavoro, casa e mobilità, senza considerare tutti i computer destinati alle recensioni di SaggiaMente e quelli che inizializziamo ciclicamente per testare nuovi sistemi operativi. Avere tutte le applicazioni collegate sul proprio account ed immediatamente disponibili al download da qualsiasi Mac si è dimostrato, in questi mesi, un vantaggio di incredibile portata, tanto da rimpiangerlo quando si deve installare qualcosa con il sistema tradizionale (ovvero ripescare il seriale ed il software aggiornato dal sito del produttore). In questo presente, insomma, il bilancio continua a sembrare positivo. Rimane da chiedersi cosa succederà in futuro, specie dopo aver vista questa restrizione/opzione far capolino nell’imminente Mountain Lion.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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