Non si può essere sempre retrocompatibili

Nella discussione sul post di Maurizio dedicato al Sufrace di Microsoft, c’è stato modo di confrontarsi con tanti SaggiUtenti sullo “stato dell’arte” dell’iPad e dei dispositivi dell’era post-pc in generale. Ciò che mi ha molto colpito sono state le frasi di chi, inneggiando ad una maggiore flessibilità del tablet di Redmond, sosteneva che uno dei suoi punti di forza è l’essere compatibile con tecnologie che, nel mio personalissimo pensiero, sono ormai superate, come ad esempio il supporto alle memorie flash esterne o ai drive usb, dedicati allo scambio dei dati fra gli utenti.

Premesso che i tempi non sono ancora maturi per giudicare Surface (non esiste alcun modo di poterlo testare e, da quel poco che s è potuto vedere, è soggetto ai soliti blocchi di sistema dei dispositivi ancora in beta), mi sono chiesto se, effettivamente, il supporto a tecnologie più o meno vecchie possa essere sintomo di “innovazione nel segno della tradizione”.

Parliamoci chiaro: Apple è stata la prima a credere nello scambio dei dati via internet e, per questo, con il primo iMac ha abbandonato il lettore floppy (che poteva essere acquistato separatamente), puntando tutto sulla comunicazione tramite mail, è stata la capofila della vendita digitale di file musicali, e ora è fra i precursori del cloud computing, basato sulla smaterializzazione dei documenti dai nostri dischi e sul loro salvataggio nella nuvola, rendendoli così raggiungibili da qualunque dispositivo, mentre la condivisione degli stessi può avvenire tramite un semplice invio di email o per mezzo di servizi come Dropbox o Box.net.

Si può, dunque, considerare la scelta della nuvola come estensione o sostituzione delle nostre memorie un passo più lungo della gamba? A coloro che vivono ancora di drive usb e dvd dati sì. Non fraintendetemi però: non vuol essere una critica, visto che spesso la necessità di utilizzare drive esterni è dettata dalla complessità dei progetti software cui si lavora (montaggio di un film in hd, progettazione di un edificio, ecc.), non dalla voluttuosità di scambiare con amici e parenti l’ultimo successo della band prima in classifica. Del resto, ricordiamo, chi ha bisogno di lavorare su grossi file non usa di certo un tablet per continuare i suoi progetti in mobilità, ma computer portatili di elevata potenza come il MacBook Pro con schermo Retina, che, di fatto, unisce le esigenze dei professionisti con le nuove tecnologie cloud: l’hard disk è un SSD da 256 (o 512) gb, caratteristica che ci permette di archiviare i dati più leggeri su iCloud o Dropbox e la musica su iTunes Match, ma di contro abbiamo le velocissime porte USB 3.0 e Thunderbolt che ci permettono di lavorare con dischi esterni senza soffrire dell’effetto collo di bottiglia durante l’elaborazione dei dati.

La storia dell’informatica ci ha insegnato che, spesso, rinunciare a tecnologie all’inizio della loro fase di declino, ha portato ad un rapido sviluppo di quelle successive e all’affermazione di nuovi mezzi di comunicazione. Il futuro che ci aspetta è sempre più incentrato sulla visione dei dispositivi come estensione dei servizi cloud: nel mondo Apple, c’è chi chiama questo fenomeno “iosizzazione” del Mac, non riuscendo a capire che, forse, è qualcosa di più: Apple è l’unica azienda ad aver compreso che se i pc vogliono sopravvivere, devono diventare anche loro dispostivi… post-pc.

Elio Franco

Editor - Sono un avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie, codice dell'amministrazione digitale, privacy e sicurezza informatica. Mi piace esplorare i nuovi rami del diritto che nascono in seguito all'evoluzione tecnologica. Patito di videogiochi, ne ho una pila ancora da finire per mancanza di tempo.

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