Dopo l’analisi teorica della Profondità di Campo (PdC), per la nostra serie fotografia for dummies, oggi proveremo a mettere in pratica gli insegnamenti con gli occhi del fotografo ritrattista. La scelta del soggetto e dell’ambientazione sono molto importanti ma per i migliori risultati è importante concentrare la propria attenzione sul punto di messa a fuoco e, appunto, sulla profondità di campo. I ritratti devono comunicare emozioni e la nostra mente li interpreta in base alle espressioni del volto umano, in modo particolare degli occhi. Per cui il primo buon proposito sarà esattamente questo: mettere sempre bene a fuoco gli occhi (escludendo le scelte dettate da interpretazioni personali/artistiche).

Altrettanto importante è dare la giusta profondità alla scena che deve risultare in secondo piano nei ritratti ambientati e il più possibile distaccata nei primi piani, sfuocando lo sfondo per minimizzare gli elementi di disturbo. Un soggetto nitido contrapposto ad uno sfondo sfuocato permette di attirare in modo inequivocabile lo sguardo dell’osservatore, accentuando la sua capacità comunicativa.

L’attrezzatura
Può sembrare banale ma la prima cosa necessaria è una fotocamera adeguata. Che sia una reflex – fullframe o APS-C – o una mirrorless – come le Micro Quattro Terzi – l’importante è che abbia un buon sensore, per ritrarre i soggetti con una buona gamma dinamica, anche in condizioni di scarsa luminosità. Inoltre abbiamo già chiarito che un sensore più grande offre più controllo sulla PdC e quanto questo sia importante per la buona riuscita di un ritratto.

neX-7 with Voigtlander 12mm UltraWide Heliar and lenses

Il secondo elemento necessario è l’obiettivo. Una lente da ritratto ha determinate caratteristiche ed è solitamente a focale fissa per via della sua portabilità, qualità e resa a parità di apertura, nonché per la semplicità di costruzione che rende possibile f/stop più elevati rispetto agli zoom (come f/2, f/1.8, f/1.4, ecc..). Anche la lunghezza focale è importante, seppure non vi sia una regola da seguire e spetta al fotografo scegliere in base al risultato che vuole ottenere:

  • 24-28mm: sono utilizzati soprattutto per il ritratto ambientato con il soggetto contestualizzato nell’ambiente
  • 35-50mm: con questo range di focali, che spazia dal grandangolo al normale, si riescono a risolvere diverse situazioni, dal mezzo busto al ritratto ambientato sino al primo piano; per questo sono maggiormente indicati per un uso generalista
  • 85-200mm: sono le lunghezze focali più popolari (soprattutto tra 85 e 135) perché consentono di mantenere una buona distanza dal soggetto ed azzerare le distorsioni prospettiche che possono deformare un volto

Ovviamente ognuno di noi deve scegliere le lenti con cui si trova meglio. Personalmente utilizzo un Nikkor 105mm f/2 DC per mezzi busti e primissimi piani, un 50mm come lente generale ed il recentissimo 28mm f/1.8G (qui l’anteprima) per ritratti ambientati (precedentemente utilizzavo il 35mm f/2).

G E A R : 1 2 : I AM NIKON

Come abbiamo ricordato, l’apertura del diaframma è molto importante perché ci permette di staccare il soggetto dallo sfondo grazie ad una ridotta profondità di campo (PdC o DoF). Se ben sfruttate, anche lenti con apertura f/2.8 possono essere sufficienti ma, generalmente, è consigliabile un “economico” fisso f/1.8 che offre risultati spesso indistinguibili rispetto i più costosi f/1.4.

Il Metodo
Una volta scelta la lente preferita per le nostre esigenze non ci resta che impostare la macchina in manuale (M) o “Priorità del Diaframma” (A/Av), andando a scegliere l’f/stop più consono a seconda della tipologia di ritratto e dell’effetto che vogliamo ottenere. Se ci si vuole concentrare maggiormente sulla composizione, può essere d’aiuto impostare un range ISO automatico con un tempo di sicurezza minimo, anche se questa feature che troviamo in tutte le Nikon non è disponibile ovunque (Canon l’ha introdotta solo di recente a partire dalla 5D Mark III). Come accennavamo ad inizio articolo, la giusta profondità di campo è cruciale per enfatizzare la comunicatività della fotografia. Per ottenere un soggetto staccato dallo sfondo dovremo, una volta fissata la lunghezza focale e l’apertura del diaframma, porci alla corretta distanza dal soggetto.

Questo mix di variabili è stato approfondito nel precedente articolo Profondità di Campo (PdC) for Dummies ma possiamo riassumere il concetto in poche parole: più la macchina fotografica sarà vicina al soggetto, meno profondità di campo avremo (a parità di f/stop). Oltre alla comprensione teorica è bene fare delle prove tramite un simulatore per verificare di avere tutto chiaro ed iniziare a fare un po’ di esperienza prima di andare “sul campo”. Errori dettati da profondità di campo errate sono frequenti anche per i più esperti.

Un ritratto non è solo PdC
La distanza dal soggetto non influisce solo sul fattore “tecnico” della profondità di campo ma anche sulla composizione. Un principio guida molto noto ed utilissimo nei ritratti è la “regola dei terzi”:

dividendo l’immagine in terzi e ponendo il soggetto in uno dei punti di intersezione delle linee immaginarie ottenute, si ritiene che l’immagine risulti più dinamica (rispetto ad una composizione che pone il soggetto al suo centro), ma armonica al tempo stesso (fonte: wikipedia)

In sostanza è buona norma porre il soggetto in una posizione leggermente decentrata, così da rendere lo scatto meno monotono, dare più respiro allo sfondo ed ottenere un po’ di dinamicità. La divisione in terzi è valida anche verticalmente e può essere usata come riferimento per posizionare gli occhi del soggetto (che è sempre meglio avere nella metà superiore della foto). Ovviamente, le regole sono fatte per essere infrante, proprio per questo un ritratto può essere a volte efficace e comunicativo anche senza rispettare, in tutto o in parte, la regola dei terzi.

Il bokeh, ossia la qualità estetica dei punti luce nella zona fuori fuoco, gioca un fattore fondamentale nella buona realizzazione di un ritratto. Un buon bokeh è rappresentato da dei punti luce il più possibile circolari e con bordi sfumati che vanno a confondersi l’uno con l’altro. Un morbido tappeto che fa risaltare maggiormente il soggetto.

I punti luce tendono a riproporre la forma del diaframma, di conseguenza quelli con più lamelle (specialmente se curve ed a massima apertura) ci danno un risultato più circolare per loro stessa natura. Tuttavia non è una rarità che obiettivi con un minor numero di lamelle possano produrre eccellenti bokeh, addirittura superiori ad obiettivi con maggiori lamelle, motivo per il quale non è da considerarsi come unico fattore determinante. Un aspetto cruciale è invece l’aberrazione sferica, causata dalla forma stessa delle lenti. In sostanza i raggi che arrivano sull’ottica vengono “focalizzati” ad una distanza leggermente differente a seconda se essi siano più o meno centrali.

Nalla prima immagine notiamo che i raggi convergono in punti differenti, nella seconda l’utilizzo di una lente asferica (molto costosa) corregge totalmente l’aberrazione. La sfumatura dei contorni dei punti luce dipende proprio dalla correzione di questo fattore: sotto-correggendo l’aberrazione sferica, il primo piano dello sfuocato (rear) avrà dei dettagli dai contorni più nitidi, mentre lo sfondo tenderà ad avere contorni più morbidi; sovra-correggendola l’effetto è il medesimo ma a piani invertiti, con il primo piano più sfocato e lo sfondo dai dettagli più duri.

Per riassumere, la forma del bokeh è data dal numero delle lamelle del diaframma ma la qualità dei bordi è dettata dalla correzione dell’aberrazione sferica. Non a caso gli obiettivi Nikkor DC (Defocus Control) hanno un selettore che agisce sull’aberrazione sferica, in modo da consentire al fotografo un maggior controllo sulla resa dello sfocato.

Avrete probabilmente sentito dire di un bokeh che è “nervoso” o “impastato”, queste due caratteristiche impattano negativamente sulla qualità dello sfocato e indirettamente anche sulla qualità della lente. Come potete notare dall’immagine successiva, il bokeh che produce uno Zeiss Planar 50/1.4 ZF è abbastanza nervoso e non troppo piacevole da guardare

zeiss

Un più comune Canon 50mm f/1.4 USM regala uno sfocato decisamente migliore, meno nervoso e più cremoso.

canon50

Concludendo, possiamo dire che un cattivo bokeh può far perdere molto ad un ritratto così come uno buono, armonioso e gradualmente sfocato, riesce a migliorarlo. Dato che non possiamo controllare totalmente il bokeh è meglio tenere in considerazione questa caratteristica quando andremo ad acquistare una lente. A volte è meglio orientarsi verso una lente con un f/stop leggermente più alto ma con un Bokeh migliore, piuttosto che ostinarsi a comprare un f/1.4 con una resa “scadente” dello sfocato.

Tempi di Scatto
Si tratta di una regola/non regola, in quanto possono variare notevolmente in base a molti fattori, ad esempio:

  • lunghezza focale
  • movimento del soggetto (statico, dinamico, bambini piccoli, ecc.)
  • fermezza della mano del fotografo
  • condizioni di luce

Con tutti questi fattori è difficile dare delle regole ferree da rispettare per un risultato garantito, tuttavia possiamo provarci tenendo in considerazione solo i primi due fattori. Supponendo di avere un soggetto statico ed una mano stabile “nella norma” (né da chirurgo né tremolante), possiamo affermare che il tempo di scatto corretto è almeno il reciproco della lunghezza focale della lente. Vediamo di chiarire maggiormente il concetto con un esempio:

Equipaggiati con un 85mm e dovendo scattare un ritratto a mano libera ad un soggetto completamente immobile, il nostro tempo di scatto di sicurezza dovrà essere almeno di 1/85 per evitare il micromosso.

Questa regola va integrata con la variabilità data dalla tipologia del soggetto, la quale può essere così riassunta:

  • 1/60 per soggetti statici
  • 1/125 per soggetti in lento movimento
  • 1/250 per bambini o soggetti in rapido movimento

Dettate queste regole possiamo definire il tempo di sicurezza come quello massimo tra il tempo determinato in base alla lunghezza focale e quello relativo al movimento del soggetto. Vediamo di avvalerci ancora una volta di un esempio per rendere il concetto più chiaro:

Come nel caso precedente, siamo equipaggiati con un 85mm ma, questa volta, vogliamo riprendere le gesta di un bimbo al parco giochi. Per il tempo di sicurezza si dovrà scegliere quello più rapido tra 1/85 (dovuto alla lunghezza focale) e 1/250 (dovuto alla rapidità di movimento del soggetto), ovvero 1/250

Consigli per gli acquisti
Per i novizi: se avete approcciato da poco il mondo ritrattistico e possedete una DSLR con sensore ridotto (APS-C) il mio consiglio è l’ottimo Samyang 85mm f/1.4 (recensione) che vi permetterà di portare a casa stupendi ritratti ad un modico prezzo. Unica pecca è la messa a fuoco manuale ma che ritengo molto formativa, soprattutto per dei principianti che dovrebbero concentrarsi fin da subito sulla formazione personale. Se proprio la messa a fuoco manuale non riuscite a digerirla, allora il mio consiglio è l’85mm f/1.8 AF-G per i Nikonisti e l’85mm f/1.8 EF USM per i Canonisti, mentre nel mondo del micro quattro terzi la migliore scelta è senza dubbio l’Olympus 45mm f/1.8 (che rende come un 90mm).

samyang

Per i più esperti: nel caso vogliate provare seriamente questa strada, usate una fotocamera fullframe e, casualmente, foste associati al brand Nikon il mio consiglio spassionato è di accaparrarvi uno dei due splendidi DC della casa. Sia il 135mm f/2 DC che il fratello minore, 105mm f/2 DC, sapranno regalarvi soddisfazioni immense per quanto riguarda la nitidezza ed il bokeh. Ovviamente le focali lunghe (105 e 135) ne pregiudicano leggermente l’uso su formato ridotto, per questo ai possessori di fotocamere APS-C consiglio l’85mm f/1.4 AF-D Nikon (preferibile per passaggi tornali e bokeh alla più recente versione AF-G) o il 100mm f/2 EF USM (eviterei l’85mm f/1.2 in quanto troppo costoso, pesante, grande e lento per quanto riguarda l’AF).

Ritratto Ambientato: per quanto riguarda i ritratti ambientati vi è l’imbarazzo della scelta. Io sceglierei senza dubbio un Canon 24mm f/1.4 EF L USM II (valida anche la versione I e decisamente meno costosa) o un 28mm f/1.8G in casa Nikon (nel caso voleste spendere di più si può puntare direttamente all’olimpo con il 24mm f/1.4G o il più anziano 28mm f/1.4 AF-D). Nel caso foste Nikonisti e non abbiate voglia di spendere 1500€ per un 35mm f/1.4 consiglierei di valutare un 35mm AF-D, a circa 250€ sul mercato dell’usato. Da non dimenticare le controparti manual focus della casa Coreana, ovvero il recentissimo Samyang 24mm f/1.4 e il meno recente, ma ancor più valido, 35mm f/1.4.

Il classico: per i nostalgici del 50mm i miei consigli si banalizzano ma non troppo. I nikonisti amanti del Manual Focus dovrebbero provare l’anzianotto AI-S 50mm f/1.2 (o se avete appena vinto al superanalotto la versione NOCT), i più moderni invece dovrebbero puntare al Nikon 50mm f/1.4G o al Canon EF 50mm f/1.8 II dall’ottimo rapporto qualità prezzo.

Nel prossimo capitolo parleremo della PdC dal punto di vista del Paesaggista, andando a snocciolare il concetto di iperfocale.

Gianmarco Meroni

Ingegnere per dovere, fotografo e viaggiatore per passione. Prediligo andare alla scoperta di posti insoliti e non convenzionali per conoscere i luoghi più remoti del pianeta attraverso gli occhi e i sorrisi della sua gente. La foto migliore è quella che non ho ancora scattato, il viaggio più bello il prossimo! Tutto il resto é su Ethnologies.it.

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