Post produzione, coscienza fotografica e concorsi

Nei giorni scorsi nel mondo del fotogiornalismo si è sollevato un polverone riguardo l’autenticità della foto vincitrice del World Press Photo of the Year 2013, questo ha portato ad ulteriori analisi sull’immagine che infine è stata dichiarata “integra” da esperti esterni. Questo evento si è combinato con la squalifica di una foto vincitrice del National Geographic Photo Contest 2012, per aver clonato un sacchetto di plastica presente nella composizione.

7d72b2ba004477f4e45203770d7c08392f461a69.274701-640x426

La mia reazione, metabolizzata nei giorni successivi è stata duplice, in primo luogo è sempre necessario leggere attentamente i regolamenti dei concorsi e comportarsi in modo impeccabile, condivisibile o meno è sempre il regolamento che fa fede. Dall’altra parte ho pensato se effettivamente la fotografia debba soccombere a queste regole e se la forza di un’immagine si esaurisce solo perché è stato clonato un sacchetto, o aumentato il contrasto locale e la drammaticità di una situazione. Il problema, o una parte di esso, l’ho riscontrato nella percezione che abbiamo (e probabilmente sempre avuto) della fotografia e della ricerca di una perfezione a volte impossibile da raggiungere, proprio perché stiamo riproducendo qualcosa di imperfetto. A mio avviso le soluzioni posso convergere da entrambi i lati, la post produzione deve essere considerata come valore aggiunto, il messaggio dello scatto deve rimanere centrale e le regole dovrebbero essere chiare, clonare un difetto dell’immagine è a discrezione del fotografo che se avrà sviluppato una sua coscienza fotografica di rappresentazione del mondo, senza renderlo patinato o perfetto, saprà agire di conseguenza. Ovviamente i regolamenti che vietano questa pratica rimarranno, per semplicità di valutazione e per evitare estremizzazioni della pratica. Qui di seguito una serie di immagini, dell’era della camera oscura, post prodotte e ottimizzate che nessuno ha mai pensato di squalificare ma spesso sono passate alla storia.

Lo stesso Nation Geographic all’inizio degli anni ’80 proponeva uno scatto delle piramidi schiacciate orizzontalmente per farle entrare nella copertina.

national_geo

In questo scatto di John Filo, vincitore del premio Pulitzer nel 1970, è stato eliminato il palo dietro il capo della ragazza in ginocchio.

Untitled-1

In questo ultimo esempio possiamo vedere come la fotografa, Dorothea Lange, ha enfatizzato la situazione con tecniche molto utilizzate anche oggi in fase di post produzione. Le ombre più aperte e un pollice che scompare nella parte bassa a destra del frame, una clonatura non perfetta, ma ricordiamoci che era il 1936.

Dorothea_Lange1

Alessio Andreani

Special Editor - Sono nato a Loreto, nelle Marche. La fotografia occupa gran parte del mio tempo, sia per lavoro che per passione, due aspetti che a volte coincidono. Vivo a Milano. Pagina Facebook

Commenti controllati Oltre a richiedere rispetto ed educazione, vi ricordiamo che tutti i commenti con un link entrano in coda di moderazione e possono passare diverse ore prima che un admin li attivi. Anche i punti senza uno spazio dopo possono essere considerati link causando lo stesso problema.