iPhone 5s: tutto (o quasi) quello che c’è da sapere sul nuovo top di gamma

Abbiamo parlato poco fa dell’iPhone 5c, che da solo ha sicuramente catturato molte delle attenzioni nell’evento dell’altro ieri, viste anche le aspettative formatesi attorno. Ma Cook non ha presentato solo quello; come ormai di consuetudine negli ultimi 6 anni, è avvenuto l’avvicendamento nella parte alta della famiglia. L’iPhone 5s è un’evoluzione del 5, almeno dal punto di vista del design, ma al suo interno il cambiamento è stato molto sensibile. Qualcuno dirà che è solo marketing, qualcun altro lo osannerà come nuovo apice della tecnica raggiunto. Ad ogni modo, le prospettive sono alquanto interessanti da analizzare in questa sede.

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A livello di design, come abbiamo detto, cambia poco. Gli unici aggiornamenti estetici sono stati fatti per adeguare la scocca anteriormente al nuovo pulsante home con sensore biometrico e posteriormente al doppio flash. Ciò però ha contribuito a renderlo decisamente più riconoscibile all’occhio rispetto all’upgrade che ci fu tra iPhone 4 e 4S, ad esempio; se non vi dicessero che sono due modelli separati e con caratteristiche diverse, sono quasi indistinguibili. Le variazioni di pulsante e flash qui sono invece più evidenti, aiutando a differenziarlo dal 5.

Anche le colorazioni sono state riviste in gran parte: se da un lato abbiamo la variante bianca immutata, dall’altra abbiamo il nero dismesso a favore di un “grigio spaziale” e l’aggiunta della versione oro. Quest’ultima potremmo definirla uno strambo vezzo, ma al contempo sia noi che Apple sappiamo come tanti desiderino qualcosa che li elevi socialmente ed esteticamente rispetto agli altri, come nel vestire così come nei dispositivi usati. Qualcosa che per tanti di noi può risultare una inutilità, per i fashion victim ha gran parte valenza in fase di scelta del nuovo terminale. Del resto, già in passato a Cupertino hanno dimostrato di saper creare le mode: basti pensare alle iconiche cuffiette bianche dell’iPod, esempio menzionato proprio dal team SaggioMela durante il live di ieri. Chi crea le mode spesso sa anche inseguirle, e se è vero quel che si dice riguardo la tendenza verso i colori oro per il 2014 l’iPhone 5s potrebbe rivelarsi davvero un prodotto azzeccato sul piano strettamente commerciale. Almeno fino alla risposta di Samsung, che immaginiamo non tarderà troppo ad arrivare.

In ogni caso, le altre due tonalità, insieme all’ampio set di cover in pelle (tra cui fortunatamente non se ne annovera una crivellata da fori di proiettile…), consentiranno di soddisfare anche i più “tradizionalisti”, che reputano pacchianeria inutile le parti dorate. E al di là di ciò, rimane pur sempre l’iPhone 5 che abbiamo conosciuto, con una scocca metallica e solida, ben costruita.

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Lato hardware, a capo di tutto c’è il System-on-Chip A7. Per la bassa tendenza ai tecnicismi da parte di Apple, al momento non ci è noto moltissimo sulla nuova architettura adottata da Apple; per quello dovremo attendere i report dell’ottimo Anandtech a prodotto in commercio. Non si conosce il numero di core, né la frequenza a cui operano, né quanta memoria RAM è presente all’interno del package. Sappiamo che può raggiungere fino al doppio delle prestazioni di calcolo e grafica rispetto al diretto predecessore A6 e che è stato sviluppato a 64-bit. Che i processori ARM stiano compiendo questa interessante evoluzione è già noto da quasi un anno, guarda caso ci troviamo proprio nel periodo in cui avrebbero dovuto iniziare a comparire le prime soluzioni con le nuove architetture (quella di Apple dovrebbe però presentare delle personalizzazioni rispetto ai Cortex-A57, se la storia dei suoi precedenti SoC non tradisce).

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Per molti è solamente marketing, ed effettivamente i 64-bit su uno smartphone possono al momento risultare un’aggiunta non necessaria. Ma nei prossimi tempi, soprattutto per i tablet, questa opzione potrebbe diventare un obbligo con la crescita della potenza a disposizione, dei sistemi operativi con annesse API e delle funzionalità nelle applicazioni. Essere ottimizzati già sin da oggi anche a livello software, in questo specifico caso con iOS 7, vuol dire portarsi avanti, avere un vantaggio tecnico e temporale, seppur ridotto, sulla concorrenza e soprattutto disporre in futuro di maggior bagaglio tecnico per migliorare nel corso dei prossimi anni l’efficienza e la versatilità dell’architettura. Il tutto garantendosi la massima retrocompatibilità col parco apps a 32-bit, in maniera molto simile a quanto avvenuto su x86 ai tempi dei primi AMD Athlon 64. Un percorso che sarà a breve seguito da nVidia, Qualcomm e Samsung, coinvolgendo di conseguenza i principali competitor di Apple, in quanto è già stato preparato da diverso tempo. Anzi, per i coreani non ci sarà neanche da aspettare troppo.

Il chip A7 non rappresenta un elemento chiave per il presente, né per l’immediato futuro; è un investimento al fine di assicurarsi nel lungo termine una piattaforma flessibile, duratura e con minori limiti tecnici davanti a sé.

All’iPhone 5s importerà relativamente poco di avere il doppio dei registri a disposizione nella CPU, farà affidamento sulle maggiori prestazioni garantite più in generale dalla nuova architettura. L’iPad, invece, potrebbe essere maggiormente ricettivo alla principale novità. E se è vero come dice Apple che l’A7 è stato concepito come un processore di classe desktop, l’avvicinamento di un Mac con chip sviluppato in casa sembra avvenire ben più rapidamente. Se non sarà quest’anno, potrebbe essere il prossimo o il 2015, magari in prodotti come il Mac mini che non richiedono “potenza bruta”.

Alquanto interessante è anche l’aiuto che apporterà il coprocessore M7, tutto dedicato ai sensori di movimento come accelerometro, giroscopio e bussola (insieme a parte della gestione delle reti). Sgrava il processore principale da queste operazioni, lasciando così altre risorse libere per processi più intensivi, il tutto limitando il più possibile l’impatto energetico. Il supporto app di terze parti promette sviluppi molto interessanti, soprattutto nel settore cartografico e in quello fitness. Tanto che viene da pensare: e se alla fine questo M7 fosse stato pensato per agire pure da processore a sé stante, magari per un iWatch?

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Sul comparto fotografico Apple ha preferito migliorare quanto fatto sull’iPhone 5 più che rifare da zero. Per loro stessa ammissione, non hanno cercato l’aumento di megapixel come hanno fatto altri, preferendosi concentrare su una maggiore ampiezza del sensore fino a pixel da 1,5 micron e un’apertura del diaframma f/2.2. Ad esse si aggiunge il doppio flash True Tone per ottimizzare la cattura delle tonalità calde e fredde nelle immagini con bassa luminosità, così come un mix di funzionalità hardware e software: la modalità burst per scatti a intervalli molto ravvicinati, la stabilizzazione automatica dell’immagine, la registrazione in Slow Motion a 720p e altre features che reca con sé lo stesso iOS 7, filtri inclusi. Apple sembra aver qui scelto una strategia profondamente diversa da quelle di Nokia, Samsung e Sony, e siamo curiosi di vedere i risultati non appena avremo l’occasione di testare un 5s.

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Touch ID è sicuramente una delle novità più curiose, se non proprio quella di punta, dell’iPhone 5s. Non si tratta di una prima su smartphone: nel 2011 il Motorola Atrix ci provo già, ironia della sorte con un sensore di impronte digitali Authentec che è stata incorporata all’interno di One Infinite Loop proprio lo scorso anno. Ai tempi l’implementazione non convinse granché, tanto da non lasciare il desiderio in altri e nella stessa Motorola di ripeterla. Evidentemente il team hardware Apple deve aver visto oltre, guardando alle possibili integrazioni col software che contraddistinguono i loro prodotti; del resto sappiamo bene che spesso e volentieri non è il dispositivo presentato a essere di per sé nuovo e “uomo partita”, bensì il modo in cui è stato ripensato e realizzato. Avvenne coi lettori musicali, è avvenuto con gli smartphone, poi coi tablet e ora potrebbe accadere coi sensori biometrici.

Dal punto di vista della sicurezza, Touch ID sembra avere un prospetto favorevole. Si pone come soluzione per garantire l’accesso al proprio dispositivo Apple solo a “dita espressamente autorizzate”, ponendosi peraltro in tandem e non in contrapposizione con le più classiche protezioni tramite password; di fatto quest’ultima è comunque richiesta, come riporta 9to5Mac. Agisce all’accensione dell’iPhone, allo sblocco dello schermo e all’acquisto di contenuti: soprattutto quest’ultimo fattore farà piacere nelle famiglie, riducendo i casi di acquisti costosi e non attenti da parte dei bambini spesso invogliati dagli stessi giochi a comprare sempre più espansioni (certo, se i genitori stanno dormendo e il bambino riesce a mettere una delle dita autenticate sul pulsante home senza svegliarli, magari conoscendo pure l’eventuale password posta a protezione secondaria, Touch ID può prevenire ben poco di lì in poi…). L’uso del passcode è invece richiesto qualora passassero più di 48 ore dall’ultimo accesso al dispositivo.

Fino a 5 impronte digitali memorizzabili, in modo codificato e solo all’interno dello stesso dispositivo; almeno stando a quanto dice Apple, l’NSA non dovrebbe disporre anche di questo prezioso dato personale. Niente accesso da parte delle apps di terze parti. Per i più paranoici, è possibile farne del tutto a meno. C’è chi addirittura teme il taglio di dita durante i furti dei dispositivi in modo da garantirsi l’accesso: una possibilità piuttosto macabra che Apple assicura comunque non avere effetto, come riporta su Twitter Kiro di Melamorsicata, che ha partecipato al Live con Maurizio, Elio e Luca. Con ciò non significa che il sistema non possa essere in qualche modo aggirato, come per qualsiasi cosa purtroppo il metodo si trova. Si spera non avvenga mai o il più tardi possibile e magari con potenziali soluzioni pronte da applicare.

Piccola avvertenza: come da indicazioni di Apple, Touch ID non ama le dita sporche, perciò sconsigliamo l’uso in servizio a categorie specifiche, come i cuochi ad esempio. Nel caso sentirete uno scozzese imprecare, vorrà dire che Gordon Ramsay ha voluto tentarci lo stesso…

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Parliamo ora invece degli assenti, anzi, del grande assente. Ci riferiamo a NFC, ovviamente. Ogni volta in tanti sperano di vederlo nell’iPhone, ogni volta in tanti rimangono delusi. Eppure è una tecnologia applicata da qualsiasi altro produttore di smartphone, perché Apple la ignora? Può darsi, come sostengono i più maliziosi, in quanto non sia arrivata per prima ad implementarla; il discorso avrebbe però dovuto essere valido anche per il già discusso sensore biometrico. Più semplicemente, Apple non sembra crederci.

Il perché è insito non tanto nel dispositivo, bensì in iOS 7. Tra le novità introdotte c’è infatti iBeacons, una funzionalità che si appoggia al Bluetooth in versione 4.0 Low Energy, presente pure su iPhone 5 e 5c, per favorire non solo la localizzazione in luoghi chiusi, ma pure le transazioni monetarie, come riporta The Verge. Proprio ciò che consente anche NFC, senza chip supplementari; di fatto, persino un Lumia 520 nella fascia bassa potrebbe adottare soluzioni simili a iBeacons se Nokia/Microsoft lo volesse, grazie al supporto Bluetooth 4.0 LE già tecnicamente presente sin dall’annuncio nel suo Snapdragon e abilitato dall’aggiornamento firmware Amber. E non è un caso che PayPal alcuni giorni fa abbia presentato un piccolo dongle USB per le attività commerciali, caso vuole chiamato Beacon, che sfrutta proprio il Bluetooth a basso consumo energetico.

Avranno avuto ragione Apple e PayPal? Troppo presto per dirlo, siamo solo agli inizi e come in altre occasioni, vedasi Blu-Ray vs download digitale, potrebbe spuntarla tanto quanto dover correre ai ripari, vedasi Thuderbolt vs USB 3.0 dove a Cupertino alla fine hanno dovuto concedersi anche a quest’ultima. Ci lascerebbe poco stupiti però se Android KitKat presentasse funzionalità simili e pure più complete sempre tramite Bluetooth 4.0 LE; in fondo, sebbene NFC sembri primeggiare, prevenire è meglio che curare.

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Concludendo brevemente coi prezzi, l’iPhone 5s si conferma come tutti gli altri top di gamma succedutisi negli anni: molto costoso ma rivendibile con alta tenuta sul mercato dell’usato se acquistato “sfuso”, più conveniente e ammortizzabile ma non facilmente rivendibile quando abbinato a piani in abbonamento come accade negli USA. In Italia, purtroppo o per fortuna a seconda delle proprie vedute, tale modello di vendita non ha mai preso veramente piede, anche grazie alla ben poco amata Tassa di Concessione Governativa. Quest’ultima è, a livello personale e per questione di principio, quanto mi ha più di altro tenuto finora lontano dagli abbonamenti e dall’iPhone come potenziale dispositivo (sì, lo so che uno degli operatori fa spesso tariffe con la TCG totalmente scontata e no, non intendo tornarci per motivi non attinenti col corrente articolo).

Ciò non andrà comunque a scoraggiare i tanti estimatori del Melafonino, che continueranno ad apprezzarlo per l’integrazione hardware/software e l’esperienza d’uso, aspetti sempre tenuti in considerazione da Apple e ora espansi dalla gradita gratuità delle applicazioni di iLife (GarageBand escluso) e iWork per i nuovi dispositivi. Perciò è quasi superfluo chiedersi sia se le prenderà dal duo Galaxy S4/Note 3 sia se venderà in corpose quantità, è un sì per entrambe. E finché l’iPhone 5s le prenderà mantenendo buoni volumi e soprattutto alti margini di profitto, Apple sarà contenta di assorbire i colpi coreani. Nel frattempo, attendiamo maggiori informazioni sulla data di rilascio italiano, auspicando non sia veramente dicembre come molti temono.

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Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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