Recensione: Canon G1X Mark II, la compatta delle meraviglie

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Nel 2012 la competizione per le fotocamere compatte prosumer stava decollando e molti produttori erano in procinto di realizzare i loro corpi migliori. Canon presentò la G1X, una fotocamera simile a quelle della tradizionale serie G ma molto più grande, poiché all’interno montava un ampio sensore da 1,5″, solo il 20% più piccolo di un APS-C. Ancora oggi è il sensore più ampio in questo segmento, dove normalmente troviamo dimensioni di 2/3″ o al massimo 1″, come nelle Sony RX100/RX10. A distanza di due anni dalla prima, Canon ha deciso di produrre un secondo modello, la G1X Mark II, dove i punti di forza sono rimasti i medesimi, a partire dal sensore da 1,5″. Ci sono però diverse novità, nella struttura del corpo e nelle caratteristiche tecniche, migliorate su ogni fronte.

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Caratteristiche principali

Nella Canon G1X Mark II il sensore realizza immagini da 12,8MP, ma è leggermente più grande ed ha una particolare proporzione che gli consente di mantenere la stessa risoluzione sia nel formato 4:3 che 3:2. Nei tradizionali sensori in formato 4:3 lo scatto in 3:2 taglia le parti superiori, perdendo in risoluzione ed angolo di campo, mentre con questa soluzione anche modificando il formato di registrazione le focali dell’obiettivo vengono mantenute così come la risoluzione complessiva dell’immagine. Questo espediente lo abbiamo già visto in passato nella Panasonic GH2, con il suo sensore multi-aspect, ed è una piacevole sorpresa della G1X Mark II perché non era presente nella prima edizione di questa fotocamera.

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Altre importanti novità riguardano l’obiettivo, che guadagna sia nell’escursione che nella luminosità. La G1X aveva un 28-112mm f/2,8-5,8 mentre nella Mark II troviamo un 24-120mm f/2.0-3,9, ovviamente stabilizzato. Il miglioramento è sia nel grandangolo che nel tele e la maggiore apertura consente di ottenere immagini migliori anche quando la luce scarseggia. Anche la funzionalità macro è stata migliorata, passando da una distanza minima di messa a fuoco di 20cm a 5cm, potendosi dunque avvicinare molto di più ai soggetti. Continuando a passare in rassegna le novità si segnala lo schermo touchscreen, ora ribaltabile anche a 180°, e lo scatto a raffica che passa da 1,9fps a 5,2fps. Il corpo è stato ridisegnato per essere più snello, ma durante l’operazione di dimagrimento è andato perso il mirino ottico. Onestamente non era particolarmente utile vista la sua dimensione e qualità, ma c’è da segnalare che nella Mark II si può aggiungere un più valido mirino elettronico per 300€.

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Corpo ed ergonomia

Non si può certo dire che la Canon G1X Mark II sia troppo compatta: il suo corpo è grande 116 x 74 x 66 mm e pesa ben 550 grammi. Molte mirrorless sono perfino più piccole, compresa la EOS M, ma il vantaggio in questo caso è di possedere un obiettivo integrato molto luminoso che va da 24 a 120mm, con un sensore che rimane piuttosto grande. L’impugnatura è ben sagomata e, anche se potrebbe essere più sporgente, riesce a consentire l’utilizzo agevole con una sola mano. Rispetto la prima G1X è più piccola, non tanto per lo spessore, che rimane molto simile, tanto per l’altezza, ridotta di quasi 1 cm. Diciamo che si fa usare comodamente senza risultare troppo piccola, un vantaggio per chi non preferisce le fotocamere eccessivamente compatte, ma qualcuno potrebbe preferire le forme più snelle della Sony RX100, maggiormente pratica nel trasporto. La costruzione è in lega di magnesio ed appare particolarmente solida e ben costruita, piacevole da maneggiare.

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Menu, impostazioni e controllo

Rispetto il primo modello sul barilotto ci sono due ghiere, e non una, che diventano tre contando anche quella sul pad direzionale. L’utilizzo più istintivo che avrei immaginato in manuale è quello di avere l’apertura sulla prima ghiera del barilotto, il tempo su quella posteriore e infine il fuoco manuale su quella più esterna. In verità di base non è così, perché la prima ghiera del barilotto controlla il tempo e solo dopo aver premuto il pulsante della compensazione, in alto sul pad direzionale, si passa all’apertura. C’è una voce del menu dedicata alla personalizzazione, ma non prevede tutte le combinazioni possibili. Sono riuscito ad avere tempo sulla ghiera del barilotto, apertura sul pad posteriore (che di default gira a vuoto) e fuoco manuale sulla ghiera più esterna sull’obiettivo. In tutti i casi per attivare il fuoco manuale si deve prima premere l’apposito pulsante MF, che è posto in alto sul retro. Se si lavora in automatico la ghiera principale sul barilotto controlla lo zoom ottico proseguendo per scatti (con un feedback elettronico e non fluido e progressivo), nei metodi programmati la ghiera controlla il parametro principale, apertura in Av e tempo in Tv.

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Nella zona in alto troviamo il selettore circolare dei modi di scatto, che comprende i metodi PASM, due modi personalizzati dall’utente (C1 e C2), le scene, lo scatto creativo, l’HDR, il video, l’automatico e l’auto ibrido, che crea dei piccoli video per catalogare i propri scatti (simpatico da utilizzare in vacanza). Il pulsante di accensione è posto al suo fianco ed è forse un po’ troppo piccolo, ma almeno si evitano le attivazioni involontarie, cosa importante anche perché l’obiettivo fuoriesce di circa 3,5cm al momento dell’accensione. Sempre in cima troviamo il tasto che consente di passare alla modalità di riproduzione, mentre in posizione avanza si trova il pulsante di scatto a doppia corsa. Questo ha un’escursione un po’ particolare perché basta sfiorarlo per attivare la messa a fuoco e una piccola pressione in più causa lo scatto. Insomma è un po’ leggero e bisogna farci l’abitudine. Intorno ad esso si trova il selettore che consente di controllare lo zoom ottico, il quale avanza con passo costante e veloce.

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Nella zona posteriore troviamo per prima cosa il pad direzionale il quale include una ghiera per i parametri, come già anticipato, e quattro scorciatoie, una per ogni direzione: in alto la compensazione di esposizione, a destra il flash, in basso gli ISO e a sinistra il macro. A corollario del pad direzionale ci sono altri quattro pulsanti, due sopra e due sotto. In cima ci sono MF a sinistra, che attiva la messa a fuoco manuale, e a destra un tasto che consente di modificare la posizione del punto di messa a fuoco. In tutti i casi si può sempre usare lo schermo touchscreen per decidere il punto AF più rapidamente. In basso a sinistra c’è DISP, che alterna le informazioni del display, la cui quantità è modificabile dal menu ed include un pratico istogramma della luminosità, mentre a destra c’è il tasto MENU. Da segnalare che per le impostazioni di base si può evitare quasi sempre l’accesso al menu perché c’è il pulsante FUNC.SET, al centro del pad direzionale, che attiva un elenco in sovraimpressione di tutte le impostazioni primarie dello scatto. Tra queste c’è il filtro ND integrato, il quale consente di catturare immagini alla massima apertura anche in piena luce, ottenendo fotografie con minore profondità di campo e dal look più professionale. Per quanto riguarda la zona posteriore non abbiamo ancora finito, perché anche se il corpo è relativamente compatto Canon lo ha infarcito di controlli. C’è un tasto dedicato alla registrazione video in alto a destra e, subito sotto, uno personalizzabile che io ho assegnato al bilanciamento del bianco. Questi due sono in posizione laterale e non troppo sporgenti, sicuramente impegnativi da attivare, e ancora più piccolo è il tasto di attivazione della modalità Wi-Fi anche se questo, effettivamente, si usa poco.

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Display

Lo schermo della Canon G1X Mark II è un’unità da 3″ con oltre un milione di punti, davvero molto risoluto e luminoso. Nel primo modello c’era una cerniera laterale mentre in questo caso è superiore, ma ha un doppio braccio. Grazie allo snodo, molto solido e ben costruito, è possibile inclinare lo schermo di circa 45° verso il basso, oppure ruotarlo di 180° verso l’alto, ottenendo una perfetta inquadratura per i selfie. È piuttosto pratico e flessibile da utilizzare, consente di scattare da angolazioni insolite e di dimenticare l’assenza di un mirino integrato. Non c’è un sensore che adatta automaticamente la luminosità, bisogna farlo manualmente dal menu, ma anche se lo si lascia nella posizione intermedia si vede bene alla luce del sole. L’unica controindicazione se ci si annoia di adattare la luminosità manualmente è che potremmo vedere le ombre troppo chiuse mentre le foto poi presenteranno una gamma dinamica maggiore.

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Le informazioni visibili nel menu sono piuttosto complete e si alternano con la pressione del pulsante DISP. Dal menu si può scegliere cosa vedere nella vista base e in quella estesa, permettendo un ottimo livello di personalizzazione. Si vedono tutti i parametri di scatto, con una guida che ricorda quale ghiera usare per ognuno di essi, e volendo si possono attivare griglia, istogramma della luminosità e livella elettronica a due assi. Il touchscreen è molto ben implementato e si possono utilizzare le dita per tutte le funzionalità del quick menu, anche se volendo se ne può fare completamente a meno affidandosi solo ai controlli fisici.

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Messa a fuoco

La G1X Mark II lavora su una base di 31 aree di messa a fuoco, utilizzando il metodo per contrasto. Nelle modalità automatiche si attiva il riconoscimento dei volti, se ce ne sono nella scena, altrimenti le aree di messa a fuoco vengono identificate automaticamente dalla fotocamera. In alternativa si può selezionare un punto direttamente sullo schermo con il tocco e questo gesto attiverà anche l’inseguimento. In pratica non bisogna perdersi nei menu per attivare le diverse modalità e tutto risulta piuttosto naturale: dopotutto se si punta su un soggetto ha senso che lo si voglia mantenere a fuoco. Il sistema è stato quindi reso semplice ed intuitivo nella modalità automatica, mentre in quelle manuali si attiva la messa a fuoco per singola area che si può selezionare con le dita oppure con il tasto dedicato. Per quanto riguarda la sua rapidità ho ottenuto risultati altalenanti: quando c’è un buon contrasto e la scena è ben illuminata risulta rapido, mentre in altri casi può essere un po’ più lento ed impreciso, in particolare nella modalità macro o al massimo tele. C’è una luce di assistenza che si attiva al buio e svolge bene il suo dovere, ma complessivamente la messa a fuoco potrebbe essere migliorata in quanto a reattività ed accuratezza. Per le scene statiche difficilmente si incontrano problemi, mentre se si sta cercando di fotografare un bambino in movimento o dello sport è facile sbagliare. Grande attenzione è destinata alla messa a fuoco manuale, con un tasto dedicato per attivarla e la possibilità di fuocheggiare con la ghiera più piccola dell’obiettivo. Durante la messa a fuoco manuale si usufruisce di un zoom dell’area centrale per avere maggiore precisione e sulla destra di una scala delle distanza, mentre il focus peaking evidenzia in rosso le aree messe a fuoco.

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Metodo drive

Lo scatto continuo più veloce è dichiarato di 5,2fps con messa a fuoco calcolata solo sul primo fotogramma. Si tratta di un grande miglioramento rispetto la prima G1X, ma purtroppo è valido solo scattando in JPG. Con questa modalità si raggiungono tranquillamente i 5fps e il buffer non si satura mai consentendoci di proseguire praticamente all’infinito. Scattando in RAW purtroppo si scende a 1,5fps e ad 1,1fps in RAW+JPG. In sostanza abbiamo un reale miglioramento solo nello scatto in JPG, altrimenti si ritorna a ritmi decisamente più blandi di poco superiori ad un fotogramma per secondo. Una cosa interessante è che le raffiche in JPG vengono raggruppate, volendo, in un’unica immagine e possono essere visionate ad una ad una o cancellate in gruppo con un solo comando.

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Qualità d’immagine

In una fotocamera con obiettivo non sostituibile non si può parlare di qualità senza valutare anche quest’ultimo. Lo zoom da 24mm a 120mm offre un ingrandimento di 5x (nella prima G1X era 4x) e consente di coprire abbastanza bene le diverse necessità, dal grandangolo al medio tele.

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L’incisività è buona anche alla massima apertura nelle zone centrali, mentre per ottenere il massimo ai bordi si deve chiudere di uno stop. La gamma dinamica è stata una piacevole sorpresa perché anche nelle foto con forti contrasti di luci ed ombre le immagini sono risultate ricche di dettaglio. Qualcosa si può perdere però nelle alte luci in particolare nei file JPG, mentre con i RAW c’è un discreto margine di recupero in post-produzione.

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Per quanto riguarda il macro ci si riesce ad avvicinare ai soggetti fino a 5cm a 24mm e fino a 40cm al massimo tele di 120mm. Il livello di sfocatura ottenibile a 24mm non è paragonabile a quello di una full frame ed anche a massima apertura lo sfondo risulta abbastanza identificabile, anche se piacevolmente morbido.

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Chiudendo il diaframma si ottengono delle macro belle nitide che possono essere piuttosto divertenti per ottenere fotografie astratte o creative partendo da piccoli dettagli, come di seguito nel caso di una vecchia serratura.

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Grazie all’ampio sensore da 1,5″ la resa ad alte sensibilità riserva piacevoli sorprese e si arriva fino a 12800 ISO. Visto che l’obiettivo possiede un’ottima luminosità si può spesso evitare di salire troppo con gli ISO e questo ci consente di mantenere alto il livello di dettaglio. In una chiesa molto scura ho potuto scattare a 24mm con f/2 a 1600 ISO e l’immagine in JPG risulta abbastanza buona anche nel crop al 100%.

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Canon non ottiene mai punteggi elevati nei test di DxOMark, in tutti i casi ho voluto vedere come se l’è cavata la G1X Mark II secondo il noto sito che mette a confronto i sensori delle macchine fotografiche. Rispetto la EOS M2, che ha un sensore APS-C leggermente più grande, la differenza è di 7 punti ed è equamente divisa rispetto profondità colore, gamma dinamica e resa con poca luce. In pratica la G1X Mark II perde circa il 10% in ogni ambito anche se il sensore è più piccolo del 20%, quindi complessivamente un buon risultato rimanendo in casa Canon. Il confronto con la RX100 Mark III è invece negativo, perché la piccola compatta prosumer di Sony riesce ad ottenere score migliori in quasi tutti i settori pur avendo un sensore più piccolo (1″ vs 1,5″). Dove la G1X Mark II vince è proprio nella resa ad alti ISO, dove la dimensione maggiore dell’area sensibile contribuisce a far ottenere risultati migliori.

dxomark

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Passiamo infine al nostro classico test in studio per la sensibilità, dove analizziamo sia i file JPG che i RAW con crop al 100% a tutti gli ISO disponibili, ovvero da 100 a 12800. Le fotografie catturate in JPG dalla G1X Mark II appaiono ricche di dettaglio e cariche nei colori, con una certa tendenza a saturare troppo rossi ed arancioni (cosa che nei RAW non si nota). Per quanto riguarda il rumore digitale fino ad 800 ISO è davvero molto contenuto e solo da 1600 ISO in poi si nota la perdita dei particolari più sottili per via della riduzione del rumore. Le immagini a 3200 ISO iniziano ad essere un po’ troppo morbide ma ancora valide per stampe di piccolo formato. 6400 ISO e 12800 ISO sono posizioni estreme da utilizzare solo in rari casi e con risultati potenzialmente buoni solo per l’utilizzo al computer o sul web.

File Sensibilità
JPG 100 200 400 800 1600 3200 6400 12800
RAW 100 200 400 800 1600 3200 6400 12800

testiso

Passando ai file RAW il rumore si inizia ad intravedere a 400 ISO, ma fino ad 800 ISO si trova solo nel canale della luminanza, ottenendo immagini abbastanza pulite. Solo a 1600 ISO entra in gioco un po’ di rumore cromatico, ancora facilmente ripulibile in post-produzione. 3200 ISO sono un po’ il punto di non ritorno, l’ultimo scalino ancora utilizzabile per le stampe dopo un intervento di riduzione del rumore al computer. A 6400 ISO i colori perdono profondità e i dettagli più sottili si perdono nella grana digitale. Ancora peggio i 12800 ISO, che in RAW sono sicuramente da evitare, mentre in JPG sono morbidi ma ancora godibili a schermo.

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Flash

Da un piccolo pulsante laterale si sblocca meccanicamente il flash a popup, il quale si estende sopra la fotocamera per circa 2cm. La portata è di 6,80 metri alla sensibilità base di 100 ISO ed è utilizzabile come copertura in spazi ristretti, oppure per riempire le ombre con luce diretta. Le funzionalità sono ridotte all’osso, ma la Canon G1X Mark II possiede comunque una slitta superiore per il collegamento di flash esterni più potenti.

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Batteria / Memoria / Collegamenti

In basso, dietro un largo sportellino, si trova il vano nel quale sono alloggiate batteria e memoria. La Canon NB-12L ha 1910mAh ed una autonomia di circa 250 scatti secondo lo standard CIPA. Diciamo che si può portare in giro per una intera giornata di fotografia senza il rischio di rimanere a secco (con uno scatto ogni 4 minuti si coprono circa 17 ore), ma a fine serata converrà ricaricare per il giorno successivo. Ovviamente se si scatta a raffica si supereranno ampiamente le 250 esposizioni, ma per un uso medio, tra display e tempo di inquadratura, è quella la media di fotografie che si riescono a catturare “con un pieno”. La posizione della SD non è particolarmente comoda perché essendo in basso non si può sostituire con la fotocamera sul treppiedi, almeno non senza prima rimuoverla ed aprire il vano batteria.

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Su lato destro c’è uno sportellino dietro il quale sono disposti i tre collegamenti della fotocamera, ovvero telecomando, porta multiformato (che comprende USB e uscita video composita) e micro HDMI, che si usa solo per rivedere i contenuti su un televisore. La Canon G1X Mark II dispone di Wi-Fi ed NFC, anche se il funzionamento di quest’ultimo non è come ce lo si aspetterebbe. Con altre fotocamere basta avvicinare uno smartphone al tag NFC (posto sul lato sinistro) per avviare l’app relativa e stabilire un collegamento, mentre con questa fotocamera la procedura avvia solo l’app sullo smartphone, ma poi bisogna attivare manualmente il Wi-Fi sulla fotocamera con il pulsante dedicato. La cosa più semplice è stata quella di agganciare la G1X Mark II alla rete wireless locale a cui è agganciato anche lo smartphone e poi effettuare la procedura di collegamento manualmente.

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L’app Canon CameraWindow consente di avere una visione remota del display, di zoommare e di scattare la foto, ma non è possibile modificare manualmente i parametri della fotografia o intervenire sul punto di messa a fuoco. Tutto sommato il controllo remoto serve a poco così configurato e sarebbe stato preferibile avere al suo posto un modulo GPS, molto più pratico su una fotocamera da usare prevalentemente in mobilità.

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Video

La Canon G1X Mark II registra filmati in qualità FullHD 1080p a 30fps. Per quanto riguarda la resa ci sono alti e bassi da segnalare, con caratteristiche molto ben riuscite ed altre deludenti. Un primo vantaggio è che la registrazione non ha limiti di tempo e può proseguire fino alla saturazione della memoria, funzionalità molto utile che manca anche nelle migliori DSLR. Una seconda nota positiva è che lo zoom diventa lento e fluido, forse anche un po’ troppo lento, ma comunque molto piacevole nella resa video mentre ci si avvicina o ci si allontana dal soggetto. Per quanto riguarda le caratteristiche negative c’è da segnalare l’impossibilità totale di effettuare modifiche all’esposizione, in pratica quando si parte con la registrazione la fotocamera lavora completamente in automatico, qualsiasi sia il modo attivo. Anche la messa a fuoco è automatica e continua, con una resa straordinariamente buona per una compatta, morbida e precisa quasi come una videocamera. Alcune volte può andare in ricerca di fuoco, ma ci si può aiutare con il touchscreen per decidere su cosa fuocheggiare. Una cosa molto strana è che si può attivare il fuoco manuale con il pulsante dedicato, ma quanto si parte con la registrazione non si può più modificare, anche se il focus peaking rimane attivo e renderebbe il controllo manuale più che fattibile. La codifica non sarebbe neanche male, c’è una leggera tendenza al moiré ma per la qualità si presterebbe ad un uso più avanzato. Purtroppo le limitazioni degli automatismi la rendono utile esclusivamente per catturare amatorialmente alcuni momenti delle proprie escursioni, ambito in cui i risultati saranno più che soddisfacenti.

Conclusioni

Trovare una collocazione per la Canon G1X Mark II non è affatto così semplice come potrebbe sembrare. Tecnicamente la chiamiamo compatta prosumer, ma il termine potrebbe non essere sufficiente a spiegare tutte le sue ottime qualità. Nella sua categoria il sensore è secondo per dimensione solo all’APS-C della Nikon Coolpix A (e neanche di tanto), ma invece di avere un’ottica fissa a 28mm possiede un obiettivo zoom che copre da 24 a 120mm e lo fa con una luminosità di f/2.0-3,9. In pratica offre la flessibilità giusta per scattare in ogni circostanza e la luce non è mai un problema, né se è troppa, grazie al filtro ND integrato, né troppo poca, per via dell’ampia apertura e della buona resa ad alti ISO. Si potrebbe obiettare che costa più di una reflex (attualmente 729€ su Amazon), ma abbiamo visto che il sensore perde pochissimo rispetto ad un APS-C della stessa marca e in giro non esistono obiettivi per questo formato con focali equivalenti al 24-120mm che abbiamo anche apertura di f/2,0-3,9. In pratica offre un connubio unico che potrebbe soddisfare un po’ tutti ed anche se la spesa iniziale è un po’ cara, potrebbe rappresentare una soluzione definitiva per chi non ha intenzione di acquistare una reflex (o una mirrorless) per poi perdersi nella scelta delle sue diverse ottiche. Inoltre non bisogna dimenticare le dimensioni, relativamente contenute per quel che offre e al tempo stesso robusta grazie alla quantità di lega di magnesio utilizzata nello chassis. Come ogni fotocamera non possiamo dire che sia perfetta, i controlli potrebbero essere più intuitivi e comodi, e in alcune funzionalità lascia a desiderare, ma rimane una delle migliori soluzioni per chi vuole il massimo della qualità in dimensioni contenute. Non accontenta solo chi vuole un corpo unico in sostituzione di una più complicata e ingombrante reflex, ma può essere una soluzione ottimale anche per il fotografo che desidera una compatta professionale da portare sempre con sé nelle gite fuori porta. Il confronto con la Sony RX100 Mark III è doveroso, questa è più compatta e risoluta, ma ha un sensore più piccolo che regge peggio gli alti ISO ed un obiettivo meno esteso (24-70mm f/1,8-2,8). Lo schermo non si ribalta però in cambio possiede un mirino elettronico integrato. Sono entrambe buone scelte, ognuno avrà una sua preferenza in virtù delle caratteristiche tecniche ed estetiche, ma attualmente la RX100 Mark III costa di più (circa 850€). Ecco un rapido confronto tra la resa ad alti ISO delle due realizzato da Dpreview, dove si nota il minor rumore della G1X Mark II.

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PRO
+ Buona qualità d’immagine, anche ad alti ISO
+ Obiettivo esteso e luminoso, con buona stabilizzazione
+ Filtro ND integrato
+ Molti controlli manuali con tante personalizzazioni
+ Display inclinabile e ribaltabile con ottima luminosità
+ Possibilità di scattare in 4:3 e 3:2 mantenendo risoluzione e angolo di campo
+ Dotata di Wi-Fi ed NFC (vedi contro)
+ Raffica a 5fps (vedi contro)
+ Ottima e solida costruzione
+ Ottimo AF continuo in modalità video
+ Registrazione video senza limiti di tempo

CONTRO
- Alcuni pulsanti non sono ben disposti e facili da azionare
- Nessun controllo di esposizione e fuoco in registrazione video (solo zoom)
- AF migliorabile, specie con poca luce e aree a ridotto contrasto
- Raffica veloce solo in JPG, in RAW è lenta
- Funzionalità del Wi-Fi un po’ complicata e app limitata nel controllo remoto

DA CONSIDERARE
 Ottima soluzione definitiva per un amatore evoluto o corpo da viaggio per il professionista

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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