La porta USB-C è un’invenzione di Apple?

John Gruber, noto ai più per il suo blog Daring Fireball, si è lasciato scappare un’affermazione alquanto inattesa durante l’ultimo episodio del podcast The Talk Show. L’argomento principe era ovviamente l’ultimo evento Apple “Spring Forward” con annesse tutte le novità che sono state presentate. Ad un certo punto, parlando della porta USB-C, Gruber ha detto:

Ho sentito, non posso dire da chi, ma chiamiamoli “uccellini informati”, che USB-C è un’invenzione di Apple, che poi l’ha data allo standard. Gli accordi in merito stabiliscono che non possono dirlo. Non possono ammetterlo in pubblico, ma è così. È una invenzione di Apple e loro vogliono che diventi uno standard.

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Si può tranquillamente asserire che Gruber sia uno dei più informati in merito il mondo Apple, uno di quelli che più frequentemente riceve indiscrezioni e notizie esclusive in anteprima. Ciò non rende immediatamente vera ogni sua affermazione, ma di certo solleva qualche interrogativo. A Cupertino amano le connessioni “esclusive”, però non hanno mancato di supportare anche quelle standard come la USB (che sono stati anche tra i primi a spronare con l’iMac del 1998). Potremmo dire che scelgono di adottare in alcuni casi le connessioni migliori, in altre quelle più diffuse e, quando possibile, le inseriscono entrambe. Ad esempio nei Mac abbiamo avuto FireWire 400/800 affiancate ad USB 1/2 e poi Thunderbolt 1/2 con USB 3.0, le prime più “professionali” le seconde più “commerciali”. Diversamente per i dispositivi mobili si sono preferite soluzioni proprietarie, come il Dock 30 pin prima e il Lightning poi. FireWire e Thunderbolt sono nati e rimasti standard di nicchia, mentre le connessioni di iPod/iPhone/iPad si sono diffuse moltissimo, pur essendo proprietarie, per via del vasto successo di questi prodotti e degli accessori correlati. Potremmo dire che le porte su cui Apple ha spinto e spinge di più sono quelle che risultano essere innovative e migliorative rispetto quelle standard del periodo, così mentre si parlava di parallele e seriali hanno puntato alla prima USB, quando USB 2.0 era già diffusa hanno proposto la FireWire e nel momento in cui si è arrivati alla USB 3.0 loro erano già pronti con Thunderbolt. Nei dispositivi mobili, però, si deve scegliere una sola connessione per ragioni di spazio e la micro USB proprio non è andata giù a quelli di Cupertino, che l’hanno vista già obsoleta nel momento in cui è stata proposta ed accettata come standard per gli smartphone. Con l’iPhone 5 del 2012 hanno così ideato la porta Lightning dopo 10 anni di Dock 30 pin (fa eccezione solo il primissimo iPod del 2001 che aveva la FireWire). A mio avviso il quadro che emerge rende chiara una cosa: Apple non odia gli standard in generale, ma solo quelli che non ritiene all’altezza del periodo storico in cui sono diffusi. Dopotutto utilizzare una connessione largamente adottata è solo un vantaggio per gli utenti e per l’ecosistema, per cui non c’è ragione di non adottare uno standard quando questo offre effettivamente dei vantaggi tecnologici. Come risolvere il problema di avere una porta che risponde ai requisiti di innovazione di Apple e che sia al tempo stesso uno standard? La soluzione potrebbe essere proprio quella che suggerisce Gruber, ovvero ideare una connessione che piace e poi “regalarla” ad un organismo terzo con le spalle così larghe ed una storia tale da poterla proporre e fare accettare a tutti. Per ora USB-C è presente solo nel nuovo MacBook e nel Chromebook Pixel 2 tra i portatili e nel Nokia N1 come tablet, ma nulla vieta che in futuro faccia la sua comparsa anche negli smartphone, divenendo la connessione cross-device pratica e flessibile di cui c’è effettivamente bisogno.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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