Recensione: Canon 750D e 760D, la ribelle si sdoppia e compie un salto di qualità

A febbraio Canon ha aggiornato la sua reflex di punta nel segmento a cavallo tra l’entry-level e il mid-range. Rispetto ai vari modelli che si sono susseguiti negli anni, a partire dalla 300D del 2003 (che ha inaugurato la linea denominata Rebel), questa volta si è optato per suddividere in due l’offerta, presentando 750D e 760D. Le due fotocamere condividono praticamente tutto, ma la più costosa 760D (circa 100€ in più) ha una seconda ghiera dei parametri ed un piccolo display LCD in alto, avvicinandosi alla Canon 70D (recensione). Per il momento ho avuto modo di provare solo la 750D, ma potete leggere questa recensione anche se siete interessati alla 760D visto che tecnicamente sono identiche.

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Caratteristiche principali

Quando ho recensito la 700D ho evidenziato il fatto che fosse quasi identica alla 650D dell’anno precedente, ma questa volta Canon ha lasciato passare due anni per l’aggiornamento, avendo molte più novità da offrire. 750D e 760D montano un sensore da 24MP, che è il primo APS-C della casa ad essere così risoluto. Arriva dopo molti anni in cui Canon sembrava non riuscire a superare i 18MP in questo segmento e la rimette in pari con la concorrenza. Il processore d’immagine è il nuovo e più veloce DIGIC 6, mentre la gamma di sensibilità 100-12800 ISO (espandibili a 25600) non cambia rispetto la 700D e rimane invariata anche la raffica da 5fps. Grandi novità per il motore AF, che passa da 9 a 19 punti per ricerca di fase e monta il nuovo Hybrid CMOS AF III per una messa a fuoco più precisa e veloce nel Live View. Notevole anche salto di qualità per il metering, ora calcolato in base a 7560 pixel RGB+IR invece che solo 63 zone come era nella 700D. Oltre a qualche miglioramento nei controlli, che vedremo più avanti, un altro cambiamento è l’inclusione del modulo Wi-Fi / NFC, altra caratteristica che rende decisamente più mature e complete 750D e 760D. L’unico aspetto in cui i nuovi modelli sono inferiori a quello precedente è il peso, che scende da 580 a 550 grammi.

Caratteristica Canon 700D Canon 750D/760D
Sensore 18MP 24MP
Processore DIGIC 5 DIGIC 6
Punti AF 9 19
AF Live View Hybrid CMOS AF I Hybrid CMOS AF III
Metering 63 zone 7560 pixel RGB+IR
Peso 580 grammi 550 grammi

Corpo ed ergonomia

Sostanzialmente il corpo mantiene la stessa struttura che ha già da qualche generazione e questo è un bene visto che nel suo segmento è la reflex con la migliore ergonomia. Si tiene bene anche con una sola mano e sulla sporgente impugnatura c’è spazio per il mignolo. L’impressione è che la qualità costruttiva sia leggermente migliorata, infatti la 750D appare un po’ più “sostanziosa” della precedente pur essendo più leggera. Una conferma di ciò l’ho trovata nello sportellino della batteria, che finalmente non traballa più quando è chiuso. Le dimensioni del corpo sono di 132 x 101 x 78 mm.

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Mirino e Display

In questa fascia di mercato il mirino non è mai eccezionale, infatti troviamo un pentaspecchio con copertura del 95% e ingrandimento dello 0,82x. A ben guardare qui c’è un piccolo passo indietro rispetto la 700D, la quale aveva il 98% di copertura e ingrandimento dello 0,85x. Onestamente non si nota nessuna differenza ad occhio nudo, tuttavia risulta difficile capire il motivo di questa scelta. Nell’uso sul campo può apparire un po’ piccolo arrivando da una top di gamma, ma il funzionamento è soddisfacente, i dati in basso si leggono abbastanza bene anche alla luce e si può attivare la griglia in sovraimpressione per aiutarci con la composizione.

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Il display è l’elemento che subisce meno variazioni in assoluto, ma è sempre più che soddisfacente. È un’unità da 3″ in formato 3:2 con oltre 1 milione di punti, articolazione completa e funzionalità touchscreen. Una cosa che continua a mancare è un sensore di luminosità, per cui quando c’è forte luce ambientale bisogna entrare manualmente nelle impostazioni per renderlo più visibile (Personalizzazioni 2 / Luminosità LCD). Il touschscreen non è una semplice velleità sfruttata solo per l’impostazione del punto di messa a fuoco in Live View, perché gran parte dell’interfaccia è stata studiata per essere usata in punta di dita. In modo particolare il menu veloce (accessibile dal tasto Q), ha una griglia con tante icone per andare a modificare i vari parametri di scatto. Inoltre possiamo scorrere facilmente le foto con uno swipe in riproduzione e persino ingrandirle con la classica gesture del pinch-to-zoom. Essendo di tipo capacitivo il touchscreen ha una risposta veloce e precisa, come quella degli smartphone, ma volendo possiamo anche ignorarlo e controllare tutto con i tasti.

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Controllo, impostazioni, menu

La disposizione dei controlli nella 750D è similissima a quella della precdente 700D, ma ci sono due tasti in più nella zona superiore. In particolare a fianco del tradizionale pulsante ISO se ne trova uno DISP per accendere e spegnere il display ed un altro per controllare il modo AF. Quest’ultimo rappresenta un’aggiunta molto gradita, perché consente di risparmiare un po’ di tempo nell’impostazione della fotocamera, mentre il tasto DISP non è particolarmente utile. Infatti lo schermo si spegne da solo dopo un breve periodo di inattività o quando premiamo sul pulsante di scatto e difficilmente vi servirà farlo manualmente. Per questo motivo avrei preferito fosse personalizzabile, così da assegnargli qualche altra funzione utile, come la valutazione esposimetrica. In tutti i casi la quantità di controlli fisici sulla 750D è cresciuta rispetto al passato ed ora offre più accessi diretti con buona soddisfazione dei fotografi evoluti. Ancora più completo è il corpo della 760D, dove troviamo queste differenze:

  • display LCD supplementare in cima
  • sostituzione dell’inutile pulsante DISP con uno per attivare la retroilluminazione del suddetto display
  • seconda ghiera dei parametri sul pad direzionale (che ha sempre le scorciatoie nelle quattro direzioni)
  • eliminazione del pulsante compensazione di esposizione (non più necessario per via della seconda ghiera)
  • aggiunta di un selettore per bloccare i controlli posteriori
  • spostamento della ghiera dei modi di scatto sulla sinistra con aggiunta di un pulsante centrale per bloccarla
  • spostamento del selettore di accensione off/on/video sulla sinistra

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Complessivamente la Canon 750D si usa con piacere, ancora meglio rispetto le precedenti, e l’unico “fastidio” per un uso avanzato è quello di avere una sola ghiera dei parametri. Questo vuol dire che nelle modalità a priorità e in quella manuale, si dovrà usare la pressione congiunta del pulsante di compensazione di esposizione per controllare il secondo parametro con la rotazione dell’unica ghiera. Tutto sommato non è un grande problema, ci si fa presto l’abitudine, ma se si preferisce un controllo più diretto in manuale la 760D è più indicata, anche se richiede una spesa maggiore (ma ne riparleremo).

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Nel selettore dei modi di scatto troviamo i classici M, Av, Tv, P, l’automatico, l’auto senza flash, il creativo automatico (con diversi effetti), varie scene (sport, macro, paesaggio, ritratto), più una modalità “Scena speciale” nella quale si può scegliere il soggetto (bambini, cibo, lume di candela, ritratto notturno, scatto notturno manuale, HDR) e decidere alcuni parametri per modificare la resa cromatica. Forse mettere tutte le scene insieme sarebbe stato più organico, ma si è voluta dare priorità a quelle più frequentemente utilizzate da chi non scatta in manuale (scelte sensata considerando il target di riferimento della fotocamera).

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Il menu principale ha la struttura tipica di Canon da diverse generazioni, che trovo molto ben organizzata e compresibile. Abbiamo tre pagine di opzioni di ripresa, una per il Live View, due per il video (che si vedono solo nell’apposita modalità), due per le impostazioni di riproduzione, quattro di personalizzazione più il My Menu, componibile dall’utente con le voci che usa più di frequente. Visto l’utente tipo di questa fotocamera una piccola descrizione delle impostazioni più avanzate sarebbe stata d’aiuto, comunque le diciture sono abbastanza comprensibili e, al limite, c’è sempre il manuale.

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AF – Messa a fuoco

Uno dei più importanti miglioramenti di 750D e 760D rispetto il precedente modello riguarda la messa a fuoco, sia nell’uso fotografico che nel video. Qui abbiamo lo stesso modulo AF a rilevamento di fase della più costosa 70D, passando da 9 a 19 punti tutti a croce. La rosa è distribuita più o meno nei 2/3 centrali del frame, ottenendo una copertura abbastanza soddisfacente, anche se non ottima per l’inseguimento. In tutti i casi le prestazioni sono buone per la fascia di mercato e la messa a fuoco è molto rapida e precisa quando l’illuminazione è sufficiente, mentre tentenna un po’ al buio. Come al solito Canon non ha incluso una luce di assistenza alla messa a fuoco, quindi con poca luce si solleverà il flash emettendo dei rapidi lampi (ma questo solo nei modi automatici).

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Ci sono ben tre tasti per controllare tutti i parametri AF in modo diretto e senza passare dal menu. Abbiamo quello nella parte alta che ci consente di modificare con pressioni consecutive l’area di fuoco (punto singolo, zona, automatico) vedendo le opzioni direttamente nel mirino (molto comodo). Poi c’è quello sul retro, indicato anche dalla lente di ingrandimento, che consente di modificare il punto AF con il pad direzionale. Infine la scorciatoia a destra dello stesso pad consente di scegliere: AF singolo (one shot), automatico (ai focus), continuo (ai servo). Impostando area auto e ai servo si ottiene il tracking, il quale ha un’efficienza sicuramente buona per la fascia di mercato e nettamente superiore alla vecchia 700D.

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Utilizzando il Live View si sfrutta il nuovo Hybrid CMOS AF III, che non è un sistema complesso come il Dual Pixel di 70D e 7D Mark II, ma regala delle ottime soddisfazioni. È davvero veloce e performante, al punto che si può usare la fotocamera in Live View senza rimpianti, cosa mediamente difficile con una reflex. Alle focali più lunghe e con obiettivi poco luminosi può fare un po’ di fatica, ma la resa è davvero buona e sicuramente superiore a quella della 700D. Se poi si utilizzano obiettivi STM come quelli disponibili in kit, l’AF continuo nel video è davvero morbido e completamente silenzioso. A differenza del Dual Pixel CMOS AF non “indovina” sempre il verso giusto, quindi qualche volta va erroneamente fuori fuoco prima di trovare il soggetto, ma per un utilizzo amatoriale può facilmente sostituire una videocamera. Se si montano obiettivi non STM la resa decade in termini di precisione, velocità e silenziosità, come si può vedere in questo confronto:

Metering – Esposizione

L’esposizione automatica è affidata ad un nuovo sensore basato su 7560 pixel RGB+IR, un bel salto avanti rispetto le 63 zone della 700D. Per modificare la lettura si deve attivare il quick menu (tasto Q) da cui si può scegliere la misurazione valutativa (che è quella predefinita), parziale, spot e media pesata al centro.

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Io ho lavorato prevalentemente con i metodi a priorità così da verificare l’efficacia del metering predefinito, il quale si è comportato generalmente bene. Nelle scene ad alto contrasto, quelle in cui sono presenti aree buie ed altre in piena luce, la fotocamera tende un po’ a sovraesporre per mantenere visibili le zone in ombra, con il risultato che le alte luci si possono bruciare. In post-produzione si può fare qualcosa, ma il margine di recupero non è elevatissimo, per cui in questi casi consiglio di usare un po’ di compensazione di esposizione negativa in fase di scatto. In genere è meglio aprire le ombre, anche a costo di ottenere un po’ di rumore digitale, piuttosto che perdere definitivamente informazioni nelle alte luci.

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Flash

Il flash integrato nelle 750D e 760D è un’unità che offre una copertura fino a 12m alla sensibilità base di 100 ISO. Si solleva elettronicamente (quindi a fotocamera accesa) con il pulsante posto di lato nella zona frontale. Nelle modalità automatiche si attiva da solo quando necessario, anche se la scena può risultare un po’ comica: vi sarà capitato di vedere qualcuno che guarda nel mirino intento a fare una foto quando improvvisamente gli si solleva il flash. (Nell’immagine successiva si nota anche il pulsante per l’anteprima della profondità di campo posto al di sotto del pulsante di sblocco dell’obiettivo.)

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In termini di funzionalità e controllo Canon ha fatto un enorme passo in avanti, perché ora lo stesso tasto, dopo aver sollevato il flash, ci dà accesso diretto alle principali impostazioni. Qui possiamo definire, ad esempio, se scattare con il flash incorporato oppure controllare quelli wireless. I settaggi sono davvero tanti e molto intuitivi, permettendo al fotografo di far scattare solo i flash esterni o anche quello integrato, controllando l’emissione in automatico con ETTL-II oppure in manuale diversificata tra il flash interno e quelli esterni, distribuibili su 4 canali e due gruppi (a/b). Inoltre è stata aggiunta una modalità “EasyWireless” che fa tutto da sola in modo da non complicare la vita al fotografo. Usando solo il flash integrato possiamo scegliere se farlo scattare sulla prima o sulla seconda tendina ed impostare una compensazione da +2 a -2 con passi di 1/3. Ulteriori settaggi si ottengono dal Menu Principale / Registrazione 1, dove abbiamo la riduzione occhi rossi ed il Controllo flash (da cui impostare anche il tempo di sincronizzazione fino ad un massimo di 1/200). Insomma il set di funzioni è piuttosto esteso per la fascia di mercato e la possibilità di adoperare più di un flash senza un controller esterno sarà sicuramente stimolante per i fotografi.

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WB – Bilanciamento del bianco

Come nel caso del metering, anche il bilanciamento automatico del bianco si è comportato sufficientemente bene durante la mia prova. Con luce ad incandescenza si ottengono immagini un po’ virate sul giallo, ma è assolutamente normale ed attinente alla realtà della scena catturata. Il bilanciamento si può modificare sia dal quick menu che con il tasto WB dedicato (freccia sopra del pad direzionale), potendo scegliere tra: auto, luce diurna, ombra, nuvoloso, tungsteno, fluorescente, flash e personalizzato. Gli aspetti negativi sono solo due, peraltro entrambi largamente attesi. Il primo è la mancanza del bilanciamento manuale con gradi Kelvin, opzione che Canon riserva storicamente solo ai modelli xxD o superiori (ovvero dalla 70D in su). Il secondo riguarda la cattura del bianco personalizzato, che continua a non avere un comando diretto dall’omonimo menu. In pratica si dovrà prima fare una foto su grigio neutro, poi andare nel menu principale per impostare il bianco sull’ultimo scatto e infine selezionare la modalità WB personale. Continuo a ricordare questo grosso limite delle fotocamere Canon in ogni mia recensione da anni, nella speranza che prima o poi venga risolto. Tutte le altre reflex/mirrorless esistenti, anche quelle economiche e di brand meno noti, hanno una scorciatoia veloce per la cattura del bianco.

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Metodo drive – Scatto continuo

Per la modifica del metodo di avanzamento c’è la scorciatoia nel tasto sinistro del pad direzionale. Da qui si potrà scegliere: scatto singolo, scatto continuo, scatto singolo silenzioso, scatto continuo silenzioso, autoscatto 10s/telecomando, autoscatto 2s, autoscatto continuo (impostandone un numero da 2 a 10). Va precisato che gli scatti “silenziosi” fanno comunque rumore, sono solo leggermente più delicati di quello tradizionale. Se vi serve fare fotografie in completo silenzio, dovete acquistare una mirrorless con otturatore elettronico. Il nuovo processore DIGIC 6 riesce a gestire una mole di dati maggiore rispetto al DIGIC 5 della 700D, ma bisogna considerare che la risoluzione è salita da 18 a 24MP, per cui la raffica è rimasta di 5fps. Questi vengono rispettati sia in JPG che in RAW, ma con il primo metodo il buffer consente di scattare praticamente all’infinitio, mentre in RAW dopo 6 foto il ritmo scende a circa 1,5fps. Va ancora peggio in RAW+JPG, con cui il buffer si satura sempre dopo 6 scatti ma poi si procede a circa 1fps con cadenza incerta (prove effettuate con una SanDisk Extreme Pro da 95MB/s).

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Qualità d’immagine e resa ad alti ISO

Le fotocamere con sensori APS-C hanno da qualche tempo superato la barriera dei 20MP e con 750D e 760D Canon si allinea alla risoluzione massima di 24MP. Si tratta di un bel salto in avanti rispetto i 18MP delle precedenti Rebel e per molti potrebbe rappresentare un forte elemento di richiamo. Le fotografie hanno una risoluzione di 6000 x 4000 px, mentre nella 700D erano di 5184 x 3456 px. Il cambiamento non è così drastico come si potrebbe immaginare se si guardano larghezza e altezza, ma considerando l’area ci sono 6.000.000 di pixel in più, che non sono affatto pochi.

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Lo sviluppo dei JPG on-camera è abbastanza buono, ma come sempre è preferibile lavorare sui RAW. Anche nella qualità “Fine” la compressione c’è e può causare la perdita dei dettagli più fini già alla sensibilità base di 100 ISO. Di seguito potete vedere un esempio in cui la maggiore nitidezza del file RAW sviluppato risulta evidente, specie con un pizzico di contrasto aggiunto in post-produzione.

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Per la gamma dinamica devo dire che la 750D non sembra raggiungere i risultati dei migliori sensori Sony, ma appare comunque migliorata rispetto la precedente 700D. Probabilmente siamo intorno ai 12 stop (aspettiamo il test scientifico di DxOMark per averne certezza), che non sono tantissimi ma consentono di ottenere dei buoni panorami. Il lato dolente è sempre quello dell’apertura delle ombre, che genera più rumore di quanto si vorrebbe anche a ISO 100.

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Le sensibilità di 1600/2000 sono ancora molto valide sia in JPG che in RAW. Nel primo caso il rumore viene ripulito quasi completamente, mentre nel secondo risulta ancora poco invasivo e pienamente sufficiente per la stampa a 300dpi.

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Verso gli ISO 5000/6400 il rumore digitale è più invadente e il vantaggio del JPG in termini di pulizia diventa palese. La camera fa un buon lavoro nel ripulire l’immagine quasi completamente, ma è inevitabile la perdita di definizione. In tutti i casi a queste sensibilità ci si può ancora spingere, ottenendo file stampabili senza troppe rinunce. Lavorando i RAW e avendo cura di bilanciare bene la riduzione del rumore e la nitidezza, si possono ottenere risultati ancora migliori.

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In tutti questi esempi abbiamo visto i file RAW sviluppati da Lightroom con le impostazioni base, che già prevedono una leggera riduzione del rumore cromatico. Di seguito vedremo i test con luce controllata a tutte le sensibilità disponibili, ma esportati azzerando completamente la riduzione del rumore. Ovviamente in questo modo le immagini appaiono più disturbate rispetto a quanto si può ottenere sviluppando con le impostazioni base di Lightroom o con Canon Digital Photo Professional (il software a corredo), ma il nostro obiettivo è quello di valutare il file grezzo così da poterlo confrontare con pari condizioni rispetto tutti gli altri sensori che abbiamo testato nel corso degli anni.

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Di seguito una carrellata di fotografie scattate con la 750D e l’obiettivo a corredo 18-135mm f/3,5-5,6 IS STM, più qualcuna con il 10-18mm f/4,5-5,6 IS STM.

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Connessioni, memoria, batteria

Le connessioni su 750D e 760D sono poste sul lato sinistro, dove si trovano due sportellini separati. La soluzione è molto intelligente, in quanto quello più avanzato, che contiene l’ingresso per il microfono e la porta per il telecomando, non intralcia il movimento del display articolato. L’altro sportellino, invece, copre l’uscita HDMI e quella multiformato per collegamento USB e audio/video analogico.

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Lo slot per la memoria in formato SD è posto sulla destra, così si può sostituire anche quando la fotocamera è sul cavalletto. In basso, invece, si trova il vano batteria, che ospita una LP-E17 da 1040 mAh e 7,2V. L’autonomia è rimasta invaria rispetto al precedente modello, consentendo di catturare oltre 400 scatti con una carica. Se si utilizza il Wi-Fi o si fanno riprese video l’autonomia scende più rapidamente, per cui può essere consigliabile una batteria di riserva. L’originale si compra per circa 50€, ma se ne trovano anche di compatibili a prezzo molto più basso.

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Una novità di 750D e 760D è la connessione Wi-Fi integrata. C’è anche il modulo NFC, il cui tag è posto alla base della fotocamera, per cui l’abbinamento con uno smartphone compatibile è facilissimo: basta avvicinarli. Di base il wireless è spento, così da non consumare inutilmente batteria, e bisogna attivarlo dal Menu Principale / Personalizzazioni 1 / Wi-FI ed NFC. La voce di menu successiva, Funzione Wi-Fi, consente di scegliere il trasferimento immagini tra fotocamere, il collegamento a smartphone, la stampa Wi-Fi, il caricamento foto sui servizi web oppure la visualizzazione sui dispositivi DLNA.

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La cosa più interessante è sicuramente la connessione allo smartphone per il controllo remoto, la quale può funzionare creando una rete Wi-Fi ad hoc dalla fotocamera oppure agganciandosi ad una preesistente (modalità infrastruttura). Con questa seconda opzione la fotocamera cercherà le reti locali sulla banda dei 2,4GHz e ci consentirà il collegamento inserendo la password (cosa molto semplice per via del touchscreen e la tastiera a schermo). Si può perfino specificare un indirizzo IP manualmente, oppure scegliere la modalità automatica che sfrutterà il server DHCP del router. Una volta connessi alla rete ci verrà richiesto di attivare l’app dedicata sullo smartphone, che troverà automaticamente la fotocamera rimanendo connesso alla rete locale. Inizialmente avevo provato EOS Remote, che utilizzo con la 6D, ma questa non è compatibile con la 750D. Ho dovuto invece scaricare Camera Connect, sempre di Canon, che ha una interfaccia leggermente diversa e non è ancora ottimizzata per iPhone 6 e 6 Plus. L’anteprima Live View ha lag molto vistoso appena attivata ed anche successivamente rimane di circa 1 sec con un refresh non molto fluido, ma se stiamo lavorando in manuale possiamo modificare tempo, apertura, ISO, metodo di avanzamento e AF. Ovviamente possiamo anche tappare sullo schermo per definire semplicemente il punto di messa a fuoco. Il limite più grosso di questa applicazione è quello di non consentire la cattura video, funzionalità che purtroppo Canon non offre nanche nelle top di gamma.

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Video

Le reflex di Canon sono spesso utilizzate per i filmati per via di una buona resa e comode opzioni, cose che ritroviamo anche su 750D e 760D. Il modo video dedicato consente di lavorare completamente in manuale, modificando tutti i parametri anche durante la fase di registrazione, in più abbiamo un pratico display articolato ed un ingresso audio da 3,5mm per il microfono esterno. Possiamo usare le ghiere per modificare tempo, apertura e ISO, ma ci sono anche i tasti a schermo se vogliamo usare il touch. Il quick menu è altrattanto utile, in quanto attiva una serie di icone laterali per intervenire sui vari parametri di registrazione. Premendo sul tasto Info possiamo anche abilitare l’istogramma della luminosità a schermo, così da poter controllare in modo più preciso l’esposizione. Per gli amatori l’AF automatico si comporta già sufficientemente bene grazie all’Hybrid CMOS AF III ed agli obiettivi STM dei kit, mentre per lavorare in manuale il display offre una buona qualità. Tuttavia un sistema di assistenza come il focus peaking sarebbe stato utile, ma questo non è presente in nessuna reflex Canon (a meno di utilizzare l’hack Magic Lantern).

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Per quanto riguarda la qualità di registrazione ci si ferma al Full HD con 25fps, mentre nella 7D Mark II (recensione) c’è anche l’opzione a 50fps. Di seguito vi elenco tutte le modalità video disponibili con il relativo bitrate che ho calcolato:

Formato Frame Rate Qualità Bitrate
Full HD 1920 x 1080 25 fps Standard 28,8 Mbps
Full HD 1920 x 1080 25 fps Leggera 11,6 Mbps
HD 1280 x 720 50 fps Standard 25 Mbps
HD 1280 x 720 25 fps Leggera 4 Mbps
VGA 640 x 480 25 fps Standard 8,8 Mbps
VGA 640 x 480 25 fps Leggera 3 Mbps

Come si può notare la compressione è abbastanza elevata, con una qualità dei filmati inferiore rispetto 70D e 7D Mark II (che raggiungono i 90 Mbps col Full HD @ 25 fps). Tuttavia la resa è molto valida per un uso amatoriale e, con le dovute accortezze e obiettivi di buona qualità, è possibile ottenere anche video dal look professionale. Di seguito un breve filmato realizzato con 750D e il 18-135 STM.

[youtube https://youtu.be/XKIqKRsNslU]

Conclusione

Dalla Canon 750D non mi aspettavo miracoli, ma riguardando gli aspetti negativi che avevo segnalato nella recensione della 700D mi sono accorto che sono stati superati quasi tutti. Abbiamo finalmente un salto di qualità nel sensore, la batteria ha guadagnato autonomia, l’AF in Live View è ancora più veloce; continua a mancare solo il bilanciamento del bianco con gradi kelvin. Tutti gli aspetti positivi del precedente modello sono invece confermati, dalla buona ergonomia e comodità dei controlli fisici, alla ricca dotazione di connessioni a cui si aggiunge il Wi-Fi con NFC. C’è davvero poco da recriminare alla 750D, che si presenta come una fotocamera molto matura e completa, capace di soddisfare il neofita ma di regalare anche ottimi risultati all’amatore evoluto. In termini di controlli la 760D è certamente un gradino più in alto grazie al display supplementare e alla doppia ghiera, avvicinandosi moltissimo alla 70D (ha perfino l’accesso diretto al bilanciamento del bianco non presente nel modello superiore), tuttavia quest’ultima ha già quasi due anni alle spalle, quindi il suo prezzo di mercato è sceso ed è attualmente inferiore di circa 100€ rispetto la 760D, pur offrendo un corpo sicuramente più godibile e semi-professionale. Insomma, a guardare il mercato attuale la 760D può sembrare un azzardo per Canon, che ha dotato una mid-range di tutte le peculiarità solitamente riservate ai modelli di gamma superiore facendo lievitare il prezzo ad oltre 900€ per il solo corpo, ma in un’ottica di più ampio respiro potrebbe facilmente diventare un best-seller tra 12/18 mesi. Per il momento è probabilmente più interessante la 750D, che offre le stesse caratteristiche tecniche e funzioni per 750€ incluso l’obiettivo del kit 18-55 IS STM. Non avendo più nessun aspetto negativo prioritario da segnalare, elenco alcune caratteristiche che la renderebbero ancora migliore e più completa.

Per la Canon 750D

PRO
+ Nuovo sensore APS-C da 24MP
+ Corpo ergonomico e di buone dimensioni
+ Modulo AF a 19 punti tutti a croce (nettamente migliorato rispetto la 700D)
+ Veloce messa a fuoco in Live View grazie al nuovo Hybrid CMOS AF III
+ Ottima implementazione del touchscreen
+ Controlli fisici ben gestibili e completi
+ È stato aggiunto un accesso diretto al modo AF
+ Possibilità di controllare manualmente flash wireless
+ Display completamente articolato e di buona qualità
+ Wi-Fi / NFC inclusi per il controllo remoto manuale dello scatto
+ Buone opzioni per la registrazione video
+ Uscita HDMI e ingresso audio 3,5mm
+ Sempre veloce e reattiva
+ Menu ricchi (ma sarebbe stata gradita una maggiore personalizzazione)

CONTRO
- L’AF in Live View è veloce e silenzioso solo con gli obiettivi STM
- Manca il settaggio del bilanciamento del bianco con gradi kelvin
- Buffer troppo piccolo per lo scatto a raffica in RAW e RAW+JPG
- Impossibile controllare la registrazione video via Wi-Fi

DA CONSIDERARE
Sarebbe utile avere un intervallometro integrato per i Time-Lapse
Canon continua a non permettere la rapida cattura del bianco neutro

Per la Canon 760D valgono tutti i precedenti più

PRO
+ Display LCD supplementare per la lettura veloce dei dati di scatto
+ Seconda ghiera dei parametri

CONTRO
- Prezzo elevato

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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