Un iBook G4 riprende vita: ma quanto erano complicati i vecchi portatili?

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Qualche giorno fa un caro amico mi ha telefonato con l’idea di riportare in vita l’iBook G4 della moglie. Non aveva problemi hardware importanti, ma l’HDD era completamente fritto e andava sostituito. Mi ha chiesto se conoscessi qualcuno in zona che poteva aiutarlo, ma purtroppo qui a Catanzaro non sembrano esserci tecnici con molta esperienza sui Mac. Una volta me ne hanno consigliato uno per riparare un vecchio iMac 24″ con scheda grafica bruciata, gliel’ho consegnato e dopo 4 mesi me lo ha ridato con lo stesso problema e in più mi sono trovato un disco da 500GB invece di quello da 1TB originale. Insomma, lasciamo perdere… Di tecnici hardware ne conosco un paio, ma ho deciso di far risparmiare qualcosa al mio amico sostituendogli io il disco. Non sono un esperto con la E maiuscola, ma oltre ad avere un passato nell’assemblaggio di PC, ho smontato e rimontato decine di Mac dal 2006 ad oggi.

Prima questione: comprare il nuovo disco. Non è che si trovino molti Parallel ATA oggi in circolazione, ma ne ho trovato uno da 80GB su Amazon per 30€. Con qualcosa in più si poteva anche prendere un SSD da 32GB di marca ignota, e ovviamente io ho spinto per quello, ma la ridotta capienza è stata vista come un potenziale problema, per cui ha vinto l’HDD tradizionale (peccato).

Aspettando che arrivasse, ho dato uno sguardo sul sito di San iFixit, che ovviamente aveva una guida già bella pronta per sostituire il disco nell’iBook G4. Il procedimento descritto sembrava oltremodo eccessivo (guardate voi stessi), bisognava smontare tantissimi elementi per arrivare al disco, lasciando incolumi quasi solo la scheda logica e il DVD. In passato mi era capitato di notare che nel riciclare foto e passaggi per arrivare ai componenti, iFixit facesse fare qualche operazione potenzialmente superflua ed ho immaginato che fosse questo il caso. Piuttosto incredulo ho aspettato che arrivare il disco e ieri ho iniziato ad operare. Dopo aver individuato la posizione esatta del disco, ho cercato di arrivarci in modo più diretto, ma ad ogni passo mi accorgevo che effettivamente c’era qualche elemento ancora bloccato che bisognava smontare. Pezzo dopo pezzo la guida di iFixit si è rivelata corretta: ho tolto probabilmente una cinquantina di viti, tastiera, batteria, coperchio superiore ed inferiore, scheda AirPort, alimentazione ed un paio di schermature, oltre ovviamente il disco.

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A ben guardare gli elementi vitali erano ancora tutti nel computer, ma la struttura è incredibilmente più complessa di quello a cui siamo abituati oggi. Tramite miniaturizzazione ed ingegnerizzazione, i portatili recenti hanno tutto integrato e la scocca spesso si rimuove con un solo coperchio ed una manciata di viti. Di contro se si rompe qualsiasi cosa oggi son dolori, mentre su un computer del genere gli elementi erano quasi tutti separati e si potevano sostituire piccoli pezzi senza problemi. Ci ho messo circa un’ora a fare tutto, ma probabilmente rifacendolo una seconda volta sarebbero sufficienti 20 minuti.

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Rimontato l’iBook ho iniziato l’installazione dell’OS originale, ovvero 10.3 Panther. Tiger è sicuramente supportato, ma in teoria dovrebbe arrivare anche fino a 10.5 Leopard, ovvero l’ultimo OS di Apple compatibile con PowerPC. Questo richiede CPU con clock maggiore di 933MHz e l’iBook in questione è da 1,2GHz. In tutti i casi ho preferito iniziare con quello originale, effettuerò l’upgrade in un secondo momento.

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Alla fine dell’installazione è apparsa l’animazione di benvenuto che non vedevo da un decennio. Ricordo che fu una delle cose che mi colpì di più quando acquistai il mio primo Mac dell’era Intel e, per quanto breve, me la sono goduta con un pizzico di dolce malinconia. Il computer in questione non è un fulmine (l’SSD avrebbe aiutato secondo me), ma è ancora una macchina usabile per navigazione internet o magari come jukebox musicale. Oggi anche uno smartphone base ha più potenza, per cui non ci si trovano vantaggi a farci chissà cosa, però era un peccato abbandonarlo non funzionante in soffitta. Da oggi un vecchio ma fiammante iBook G4 è di nuovo tra noi.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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