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Sono trascorsi diversi mesi dall’ultima volta che parlammo di Project Ara. L’ambizioso smartphone modulare di Google ha subìto vari cambiamenti durante lo sviluppo, incluso uno al meccanismo di espulsione dei componenti, ritardandone il debutto commerciale (l’idea di Portorico come primo mercato pilota è stata abbandonata). Ora, però, tutto è pronto. I prototipi funzionano come ci si aspetta e ogni parte è pressoché nella sua forma definitiva dal punto di vista tecnico.

projectara

Come riporta Wired, l’avanzamento dei lavori su Project Ara è tale che Google non lo considera più sperimentale, avendogli dedicato addirittura un’intera divisione (prima rientrava nella cosiddetta ATAP, unità ex-Motorola per lo sviluppo di dispositivi con nuove tecnologie). Molto è cambiato dal nostro primo post del 2014: a Mountain View hanno rivisto in parte l’idea originaria di smartphone modulare, scegliendo per le parti fondamentali come SoC, memoria RAM e flash di includerle in un singolo componente base, lasciando invece del tutto indipendenti le altre caratteristiche come schermo, batteria, reti, fotocamera, sensori, ecc.

Si può dire sostanzialmente che riprende il concetto del G5 di LG, ma all’ennesima potenza. Desideriamo scattare foto migliori? Cambiamo il modulo con uno migliore. Abbiamo bisogno di un comparto audio più “pompato”? Idem. Vogliamo che rilevi il battito cardiaco? Installiamo l’apposito modulo dotato di sensore. Per la lettura di libri elettronici? Rimpiazziamo il display predefinito con uno e-Ink per tutta la durata della lettura. Più autonomia? Inseriamo un modulo con batteria maggiorata. Ci sono anche parti puramente estetiche, senza funzionalità proprie, ad esempio con finiture in legno o in pelle. Come si può vedere nell’immagine sopra, potremmo pure metterci un piccolo schermo secondario. Gli sviluppatori di Project Ara non intendono porre limiti né agli utenti né ai produttori di moduli.

Come tenere tutti insieme i moduli senza pericoli di distacchi improvvisi o rotture da caduta? Sino allo scorso agosto era stato adoperato un sistema a magneti, che Google ha deciso di sostituire. Il nuovo metodo si basa su un connettore proprietario, sufficiente non solo a reggere in posizione i componenti collegati in caso d’urto, ma anche a garantire alte velocità di trasferimento dati. Grazie alle sue radici nel protocollo di comunicazione UniPro, gli scambi avvengono a 11,9 Gbit al secondo (in byte parliamo invece di quasi 1,5 GB/s), con un impatto energetico molto contenuto. La rimozione di un modulo è molto semplice: un pulsante posto sulla parte destra del telefono richiama a schermo un’immagine di tutti i moduli connessi, si preme in corrispondenza di quello che si vuole rimuovere e non appena il dispositivo viene capovolto il componente esce dall’alloggiamento. In alternativa, è possibile richiedere il distaccamento anche tramite la voce, pronunciando per esempio «Ok Google, espelli la fotocamera.» Tutte le operazioni possono essere effettuate a terminale acceso, in qualsiasi momento.

Nei prossimi mesi verranno apportati gli ultimissimi ritocchi prima di passare la parola al mercato. Entro l’anno entrerà in commercio una versione destinata agli sviluppatori, dotata di schermo da 5,3″ e componentistica predefinita di fascia alta; seguiranno nel 2017 il prodotto destinato all’utenza comune e varianti più economiche. Il team ha alte aspettative, sia in termini di unità vendute sia di moduli disponibili. Sarà l’inizio di una nuova era per gli smartphone? Non ci vorrà molto per scoprirlo davvero. Chiudiamo per ora, con la speranza di riparlare presto di Project Ara, col video promozionale realizzato da Google:

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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