Recensione: Canon 80D, il mondo consumer sfida quello professionale

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La 60D è stata una fotocamera di rottura per la lineup di Canon, andando a modificare specifiche tecniche e target rispetto la precedente 50D. L’assenza di alcune funzioni ed una costruzione più leggera, sono state viste come un passo indietro dai professionisti, ai quali l’azienda aveva però dedicato la nuova 7D. Con questa, il segmento APS-C professionale è stato innalzato di livello, affiancandosi agli altri corpi con una sola cifra (1D, 5D, 6D), mentre la 60D ha rivendicato il ruolo di una nuova terra di mezzo, capace di soddisfare sia i fotografi amatoriali che quelli più evoluti. La successiva 70D (recensione) ha fatto qualche passo in avanti ed ha avuto l’onore di introdurre il Dual Pixel CMOS AF, il nuovo metodo di messa a fuoco in grado di garantire buone prestazioni in Live View e con una modalità automatica precisa e progressiva, adatta ai video. Quest’anno è arrivata la EOS 80D, terza evoluzione di questo nuovo corso, in cui sono state portate a maturazione tutte le buone idee di base con diversi miglioramenti minori e alcune novità davvero rilevanti.

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Caratteristiche principali

Il sensore APS-C alla base della 80D ha gli stessi 24MP che troviamo nelle 750 e 760D (recensione), ma è completamente diverso. Come avremo modo di vedere più avanti, è il miglior sensore di questo formato mai realizzato da Canon, superiore anche a quello della professionale 7D Mark II (recensione). Le specifiche tecniche sono molto complete e vedono la presenza del veloce processore DIGIC 6 con una discreta raffica da 7fps. Tra le novità abbiamo un mirino col 100% di copertura, un motore AF che passa da 19 a 45 punti, metering completamente rivisto, uscita audio per le cuffie e Wi-Fi con NFC. Passi avanti in ogni ambito principale, che rendono questo modello uno dei più completi disponibili sul mercato e adatto a tutte le esigenze di scatto.

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Corpo ed ergonomia

Ormai vanno di moda le mirrorless compatte, anche io le utilizzo ed apprezzo, ma impugnare una reflex di sostanza come la 80D rimane un piacere tutto diverso. Rispetto le precedenti il salto di qualità è evidente, magari non è robusta proprio come una 7D, ma il corpo è tropicalizzato e con un’ottima ergonomia. È una di quelle fotocamere che non ti stancheresti mai di usare e i circa 700 grammi appaiono più che adeguati alla struttura. Supporta senza problemi anche alcuni obiettivi serie L impegnativi.

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Display e mirino

Lo schermo non subisce variazioni rispetto la 70D, mantenendo 1 milione di punti, articolazione completa e un touch screen veloce e bene implementato. Questa è una di quelle comodità a cui ormai non rinuncio facilmente nelle mirrorless, mentre nelle reflex (di solito) è utile solo per il video. Non è così nella 80D, e lo vedremo meglio più avanti, in quanto si può usare in Live View con estrema comodità, proprio come una “senza specchio”.

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Nell’area superiore si trova anche il secondo LCD, con un tasto dedicato per attivare la retroilluminazione. È stato leggermente rivisto il layout di alcune icone, ma i contenuti sono sostanzialmente gli stessi. C’è tutto l’essenziale per un controllo rapido delle impostazioni e per vedere in tempo reale eventuali modifiche sui parametri estesi (tipo modalità AF o metering) senza attivare il display.

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Il mirino è sempre un pentaprisma ed è stato migliorato nella copertura, che ora raggiunge il 100%, e mantiene il buon ingrandimento di 0,95x. È rimasta fortunatamente in basso e orizzontale la scala esposimetrica, non avevo gradito il posizionamento verticale sul lato destro nella 7D Mark II. Le informazioni sono abbastanza complete e ben visibili, inoltre si può decidere di illuminare di punto di messa a messa a fuoco tramite la personalizzazione C.Fn II: Autofocus / 14.

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Controllo, impostazioni, menu

Per quanto riguarda la disposizione di tasti e ghiere, è praticamente impossibile distinguere una 70D da una 80D. Ci sono piccolissime differenze, come l’orientamento del selettore Foto/Video per il Live View e la forma di alcuni tasti, come quello del menu rapido e della riproduzione, che sono ora circolari. L’approccio è molto razionale e si respira una comoda aria di famiglia per chiunque possegga o abbia posseduto altre Canon di fascia alta. Scoccia un po’ l’assenza di un accesso diretto al bilanciamento del bianco, che però si può impostare dalle personalizzazioni C-Fn III / 4 al posto del pulsante Set (che di norma non fa niente). Qui è anche possibile abilitare la scelta del punto di messa a fuoco rapida con l’uso delle frecce sul pad direzionale.

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Nella modalità manuale le due ghiere controllano tempo/apertura, mentre per ISO, AF, metering e drive, ci sono i tasti vicino al display secondario. È comodissimo anche lavorare con i metodi a priorità, in quanto la ghiera superiore controlla il parametro principale e quella posteriore la compensazione di esposizione. Le informazioni sul display sono commutabili con il tasto Info a sinistra del mirino, ma non sono direttamente modificabili con un tocco quando si scatta a mo di reflex. È una soluzione necessaria per evitare spostamenti accidentali con il corpo e basta premere sul tasto Q per abilitarne l’uso.

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Si possono usare ghiere e tasti freccia, ma l’interfaccia è ottimamente disegnata per l’uso con le dita e verrà naturale interagirci in questo modo. Attivando il Live View, invece, si potrà usare direttamente il touch screen per intervenire su tempo, apertura, ISO e compensazione (a seconda della modalità di scatto attiva), mentre un singolo tocco effettuerà una messa a fuoco (volendo anche la cattura dell’immagine se si attiva la relativa funzione identificata dall’icona in basso a sinistra). Cliccando da qui sul tasto Q si attiveranno due colonne di icone aggiuntive, da cui controllare praticamente tutte le impostazioni principali di cattura.

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Il menu è molto razionale, mantiene la classica organizzazione di Canon ma si può usare comodamente con le dita. Alcune pulsanti virtuali sono un po’ piccoli, come quelli della paginazione, ma il riconoscimento è molto preciso ed è quasi impossibile sbagliare. Oltre alle sezioni di ripresa, riproduzione, impostazioni e personalizzazioni, troviamo il classico My Menu, in cui inserire tutte le voci su cui interagiamo più spesso, così da non doverle cercare ogni volta.

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La ghiera con la selezione dei modi prevede un tasto di blocco/sblocco, così da evitare modifiche involontarie, e ha guadagnato nuove opzioni. Oltre i metodi P, Tv, Av, M e B, Scene, no flash e un paio di impostazioni automatiche (A+ e CA), abbiamo una seconda posizione C personalizzabile (quindi ora sono C1 e C2) e i filtri creativi (come miniatura, acquarello e diversi HDR).

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AF – Messa a fuoco

Nella 80D Canon ha migliorato ulteriormente il Dual Pixel CMOS AF, che ha raggiunto una qualità neanche lontanamente sognata dalle altre reflex. Il fuoco in Live View è quello che più mi ha stupito in questo modello, perché è veloce come quello di una buona mirrorless. Ma non finisce qui, perché la resa in AF Servo (ovvero continuo) è davvero incredibile, specie nel video. Era già discretamente buona nella 70D, adesso è di una categoria superiore. Siamo di fronte alla prima reflex che si può usare davvero in punta e scatta con lo schermo, per altro utilissimo con la sua articolazione completa. Inoltre è stata aggiunta la funzione di inseguimento, con cui basta tappare su un’oggetto per “agganciarlo” e mantenerlo a fuoco dovunque si sposti nel fotogramma. Se poi eliminiamo l’elemento inseguito dal campo visivo, la fotocamere passa immediatamente in modo automatico e ricerca da sola una messa a fuoco adatta all’inquadratura.

Devo dire che neanche le migliori mirrorless come la GH4 hanno una risposta così buona nell’AF continuo in modo video, al punto che si può praticamente usare come una videocamera. Va ricordato che questo sistema presente sul sensore, richiede anche obiettivi compatibili, come gli STM o più recenti Nano USM. Questi ultimi sono ancora più veloci, silenziosi e precisi, per cui vedremo tale tecnologia espandersi rapidamente nel parco ottiche Canon. Con le lenti di terze parti la resa non è altrettanto stupefacente, mentre si comporta abbastanza bene con le tradizionali USM.

Ho iniziato dal Dual Pixel CMOS AF perché è una caratteristica più unica che rara delle migliori Canon, qui implementata perfino meglio che in passato. Tuttavia anche il tradizionale motore AF per rilevamento di fase ha subito un notevole miglioramento. Dai 19 punti della 70D si sale a 49 nella 80D, per altro con un copertura del frame abbastanza ampia. Sono tutti a croce, 27 sensibili fino ad f/8 e quello centrale che scende a -3EV.

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Di tasti dedicati alla messa a fuoco ce ne sono moltissimi. In posizione prossima alla ghiera frontale vi è quello che determina l’area AF, che ha guadagnato la nuova opzione a zone oltre alle precedenti tre: spot, area espansa e gruppo (in pratica un automatico in cui selezioniamo solo la rosa di sinistra, destra o centrale). Nell’area vicina al display secondario c’è quello adibito al modo AF, per cui singolo, intelligente/automatico e intelligente/continuo (il classico “AI Servo” di Canon).

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Nella zona posteriore, in prossimità del pollice, abbiamo l’AF-ON per richiedere una singola messa a fuoco (volendo si può anche togliere dal pulsante di scatto l’AF alla prima leggera pressione ed usare solo questo) e il tasto per attivare la modifica del punto AF (che può essere superfluo se si attiva lo spostamento diretto tramite il pad direzionale dal menu C-Fn III / 4). Frontalmente, proprio vicino all’innesto dell’obiettivo, c’è un ulteriore tasto per attivare l’anteprima della profondità di campo. Molti di questi sono personalizzabili nella funzione, per cui è facile ottenere il controllo che si desidera. Personalmente trovo le diverse opzioni piuttosto razionali, ma devo dire che, usando Canon da anni, forse la mia valutazione è un po’ di parte.

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Per quanto riguarda la resa dall’AF per rilevamento di fase, la definirei più che buona. Nel tracciamento è inferiore rispetto la 7D Mark II, che credo abbia poche rivali, ma il passo in avanti rispetto la 70D è maestoso. Dopotutto ci sono più punti, più sensibili e con una copertura maggiore del fotogramma, per cui non c’è che da gioire. Ci sono anche tutta una serie di opzioni particolarmente avanzate per definirne minuziosamente la risposta nel menu C. Fn II: Autofocus, ma sono sicuramente riservate agli utenti più evoluti. Se si cerca un corpo specifico per lo sport e la caccia fotografica, la 7D Mark II rimane superiore, ma per una reflex evoluta e con funzioni a tutto tondo, non c’è davvero di che lamentarsi.

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Drive – Scatto continuo

Per il metodo di avanzamento c’è il tasto Drive dedicato in cima, che consente di selezionare: scatto singolo, raffica, raffica veloce, scatto silenzioso, raffica silenziosa, autoscatto/telecomando da 10 secondi o 2. Con una SD SanDisk Extreme Pro UHS-I/U3 e salvando in JPG, si procede praticamente all’infinito al ritmo di 6/6,5fps, anche se Canon ne dichiara 7. Con il RAW o il RAW+JPG la velocità è la stessa, ma il buffer si satura dopo 3 secondi e poi si procede a circa 2fps. Degna di nota la funziona Anti Flicker, che va attivata dalla quarta pagina del menu di ripresa, ed interviene sulla cadenza dello scatto a raffica per allinearsi con la frequenze della luci artificiali e fornire sempre la stessa esposizione (si vede l’icona “Flicker!” in sovraimpressione).

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Da notare anche la presenza di un intervallometro integrato per creare Time-Lapse, cosa che nelle Canon era assente fino a pochissimo tempo fa e che ora la rimette in pari rispetto la concorrenza.

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Metering – Esposizione

Importante salto in avanti anche per il metering, che si basa ora su 7560 pixel RGB+IR invece delle precedenti 63 zone. Questo ha anche il merito di “far funzionare” il sistema Anti Flicker ed ha un tasto dedicato per la modifica nell’area superiore. Le modalità sono la valutativa, parziale, spot e media pesata al centro. Di norma io scatto in manuale, ma nei test delle fotocamere utilizzo i metodi a priorità sul metering base per valutarne la risposta. Devo ammettere di non averla trovata pienamente soddisfacente nelle situazioni estreme, ovvero con luci forte ed ombre buie, in quanto tende troppo ad esporre sulla destra. In alcuni casi mi ha perfino mandato il JPG in clipping sulle luci quando non ce n’era assolutamente bisogno, anche se poi il RAW aveva quasi sempre tutte le informazioni complete. Va detto che la situazione migliora un po’ attivando dal menu di ripresa 3 la funzione di “priorità tonalità chiare” (che riduce l’ISO base a 200), ma capiterà comunque di dover ricorrere alla compensazione negativa, in media di 2/3 di stop.

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WB – Bilanciamento del bianco

Per il bilanciamento del bianco potrei copia-incollare le considerazioni della 70D: ci sono le posizioni automatica, luce diurna, ombra, nuvoloso, tungsteno, fluorescente, flash, personalizzato e temperatura colore in Kelvin, impostabili in modo preciso grazie ad una scala con avanzamento di 100° per volta. Il metodo automatico se la cava piuttosto bene in ogni circostanza e può essere utilizzato senza troppe remore. L’unico limite in questo ambito è che non è prevista una combinazione di tasti o un metodo rapido per l’impostazione del bianco personalizzato. Si dovrà sempre fare una foto su grigio neutro, andare nel menu per impostare il bianco sull’ultimo scatto e poi selezionare la modalità personalizzata. Continuo a ricordare questo sciocco limite in ogni recensione, nella speranza che prima o poi qualcuno in Canon lo consideri e si adoperi per prendere provvedimenti in merito: sul campo risulta essere un’operazione piuttosto lenta e noiosa, mentre con tutte le altre marche di fotocamere si definisce il punto di bianco con uno scatto nello stesso menu in cui si imposta. Dopotutto perché dovrebbe essere altrimenti? Chiedetelo a Canon…

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Flash

Il flash superiore si attiva elettricamente, grazie alla pressione di un piccolo tasto laterale. Ha una potenza di 12NG a 100 ISO ed una velocità massima di sincronizzazione di 1/250. Possiede tutte le impostazioni per la seconda tendina o la riduzione occhi rossi ed ha un tempo di ricarica medio dopo un colpo a massima intensità di circa 2,5 secondi, nonché la possibilità di compensare di +/- 3 step (con incrementi di 1/3). Come nella 70D vi è l’utilissima possibilità di controllare flash wireless remoti, una caratteristica che strizza l’occhio al professionista ed offre una possibilità creativa in più.

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Qualità d’immagine e resa ad alti ISO

Qui sopra vedete i risultati di DxOMark, che non considero come Vangelo ma certificano il corposo passo avanti fatto da Canon con il sensore della 80D. Pur avendo gli stessi MP rispetto quello di 750 e 760D, la tecnologia è completamente diversa, anche perché qui vi è integrato il Dual Pixel CMOS AF. È senza dubbio il miglior sensore APS-C che la casa abbia mai realizzato e riesce a competere quasi ad armi pari con i migliori Sony (presenti anche nelle Nikon, tra le altre cose). In più vi è tutta la color science di Canon, che è firma e caratteristica distintiva delle proprie fotocamere e cineprese.

Il netto miglioramento si vede anche nella gamma dinamica e nella capacità di recupero dalle ombre. Di norma questo è un difetto delle Canon, che anche nelle Full Frame porta a moltissimo rumore aumentando l’esposizione in post-produzione, fin da 100 ISO. Qui sopra vedete come è invece possibile recuperare molte informazioni nelle aree buie in clipping, con buoni risultati già senza riduzione del rumore. La casa in fondo, che appariva completamente nera, può essere recuperata ottimamente.

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Non siamo di fronte ad un miracolo di sensore, ma Canon è riuscita a mantenere il suo approccio cromatico ed a fornire un buon incremento delle prestazioni in tutti gli ambiti, alte sensibilità incluse. Di seguito vediamo il nostro classico test in studio con luce controllata, dove mettiamo a confronto gli scatti con tutte le sensibilità disponibili, da 100 a 16000 ISO. I file JPG sono quelli della fotocamera con il profilo Auto, mentre i RAW sono stati sviluppati con Lightroom CC2015.6 con riduzione rumore completamente azzerata (sia di luminanza che di crominanza).

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Applicando un po’ di riduzione rumore sul RAW o usando i JPG, si può salire senza problemi a 3200 ISO. I 6400 sono ancora usabili in moltissime circostante e persino i 12800 ISO sono stampabili senza troppe remore. A mio avviso vi è quasi uno stop di guadagno rispetto i vecchi sensori Canon ed è davvero un bel passo in avanti (specie considerando la capacità di recupero nelle ombre). Vi lascio anche qualche foto scattata al volo con il nuovo 18-135 Nano USM in una galleria Flickr. Questo obiettivo non è stato rinnovato solo per il motore auto-focus, ma anche nell’estetica e nella qualità costruttiva, nettamente migliorate rispetto la versione STM. Inoltre ha la predisposizione per l’Adattatore PowerZoom PZ-E1, che consente di controllare lo zoom con un selettore elettronico, proprio come fosse una videocamera.

Connessioni, memoria, batteria

Le varie connessioni sono disposte a sinistra, dietro 3 sportellini gommati facili da aprire. Qui Canon ha fatto alcune migliorie importanti, ad iniziare dall’aggiunta di un’uscita audio per le cuffie. La porta multiformato (connessione al computer e uscita audio/video analogica) e quella mini HDMi sono vicine alla cerniera dello schermo, perché si presuppone (giustamente) che usandole non si dovrà mantenere il display aperto su lato. In posizione più arretrata e con una opportuna inclinazione, si trovano invece gli sportellini per uscita e ingresso audio (in alto) e telecomando remoto (in basso). Questi sono posizionati in modo tale che il display possa liberamente ruotare in tutte le direzioni senza urtare: un espediente semplice ma efficace.

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Lo sportellino per la memoria è sulla destra e sono supportate SD di tipo UHS-I. Lo spazio per un doppio slot ci sarebbe anche stato, ma evidentemente si è preferito mantenere questa specifica come esclusività dei modelli superiori.

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In basso vi è il vano batteria, dove è ospitata la nuova LP-E6N: una versione leggermente migliorata della precedente LP-E6 (con cui è completamente compatibile, anche a livello di caricabatteria). Si è passati da 1800 mAh a 1865, ma i Wh sono 14 invece di 13. L’autonomia è davvero ottima, superando abbondantemente quella della 7D Mark II. Si arriva a circa 1000 scatti con una sola ricarica, anche di più utilizzando le raffiche e senza abusare del Live View. C’è poco da fare, questo è decisamente un terreno in cui le reflex continuano a dettare legge e che può fare la differenza per molti utenti. Direi che si riesce a fare un’escursione di una giornata intera pur avendo lo smartphone connesso in Wi-Fi per il rilevamento GPS.

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La connessione wireless si può effettuare molto rapidamente con NFC, qualora questo sia disponibile sul nostro smartphone. Ci sono comunque molte possibilità d’uso, creando una rete punto a punto o agganciandosi ad una preesistente. Si possono salvare fino a 4 configurazioni differenti, così da non dover ripetere ogni volta l’abbinamento se si vuole usare in studio o in casa con la rete locale e in esterna con lo smartphone o il tablet. Ci sono funzioni per il trasferimento di immagini tra fotocamere, per il controllo remoto da smartphone e computer, per la stampa Wi-Fi, per l’inoltro DLNA e per l’invio diretto a diversi social network (ma è complicato da far funzionare). Sullo smartphone si usa l’app Canon Camera Connect, che ci consente di modificare manualmente i parametri di scatto (tempo/apertura/ISO) di intervenire sulla messa a fuoco e poco altro. Manca quindi l’intervento su parametri come il bilanciamento del bianco o il formato immagine. Un po’ strana l’implementazione dell’AF, che non va in automatico al tocco, come ci si aspetterebbe, ma richiede la pressione di un piccolo pulsante circolare sotto quello più grande di scatto.

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Video

Una graditissima aggiunta su questo modello, è la registrazione in formato Full HD a 50/60fps (a seconda dell’impostazione scelta dal menu: PAL/NTSC). Per quanto riguarda i formati, il MOV è limitato al 1080p@25fps, mentre con MP4 possiamo scegliere tutte le modalità, compreso il 1080p@50fps IPB. Canon non ha ancora adottato il 4K su tutta la gamma, cosa che ovviamente può dispiacere ad alcuni. Tuttavia la qualità offerta è di ottimo livello e la resa del Dual Pixel CMOS AF è una marcia rispetto i concorrenti. Se la messa a fuoco automatica ci sembra troppo rapida, possiamo anche intervenire in tal senso dal menu principale, dove è presente un selettore sia per questa che per stabilire la sensibilità nell’inseguimento. Mancano come sempre all’appello focus peaking, zebra pattern, timecode e profilo flat (è possibile caricarne uno di terze parti tramite EOS Utility al computer), funzioni che l’azienda riserva alla sua linea di cineprese. Tuttavia si riescono ad ottenere ottimi risultati già così, coadiuvati dall’istogramma di luminosità, l’anteprima di esposizione costante, un display dalla buona risoluzione e, ancora una volta, il Dual Pixel CMOS AF. Non nasce come soluzione professionale, ma in realtà è usabilissima anche sul lavoro senza troppe difficoltà. Specie per chi vuole fare video di qualità senza il minimo sforzo, come ad esempio gli YouTuber. Dopotutto sono anni che i videografi usano la 5D Mark III a cui mancano tutte queste cose più i 50fps sul Full HD, un autofocus che si possa definire decente ed uno schermo articolato e touchscreen. Insomma, non si può non essere un po’ delusi da alcune mancanze, ma, se si guarda all’efficienza, direi che è molto più facile ottenere buoni risultati con la 80D che non con fotocamere nate per il video, come la Panasonic GH4 o la Sony A6300.

Il video qui sopra, ad esempio, è stato volutamente catturato senza supporti, a mano libera e in brevissimo tempo, con sole impostazioni automatiche. Quindi AF Servo continuo, ISO auto, profilo colore auto e così via, proprio per sottolineare la vocazione run-and-gun della 80D.

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Conclusione

Mi trovo spesso a dare consigli in merito l’acquisto di fotocamere e tendo a ricordare l’importanza del distacco dalle specifiche tecniche. In un’era in cui si compra tutto online, è facile farsi prendere la mano e valutare un prodotto al di fuori della sua dimensione reale, basandosi esclusivamente sui numeri. Trovo questo approccio profondamente sbagliato in tutti gli ambiti, ma in special modo per le fotocamere. Queste sono dei mezzi, dispositivi che devono consentirci di esprimere la nostra creatività, e non di prodotti fini a sé stessi. In questo senso, la Canon 80D è uno dei migliori prodotti che io abbia provato negli ultimi anni, ed è insolito che sia una reflex. Siamo ormai abituati a trovare nelle mirrorless tutte le migliori cose, quelle piccole/grandi innovazioni che rendono più piacevole l’uso di una fotocamera. E invece Canon è riuscita a produrre una DSLR apparentemente “vecchia scuola”, che riesce ad avvicinarsi ad un’esperienza di scatto più contemporanea, senza per questo perdere di identità o trascurare l’approccio e le funzioni che possono soddisfare i fotografi più tradizionalisti. Non c’è dubbio che una 7D Mark II abbia un AF migliore per lo sport (parlo di quello per rilevamento di fase), che una 6D offra un sensore più grande o che Sony e Panasonic abbiano più funzioni per il video, ma questa è la prima reflex in cui vedo un mix riuscito e soddisfacente per tutte queste necessità, e non solo. Può tranquillamente essere la prima fotocamera di chi punta al meglio, lo strumento per eccellenza di un amatore evoluto o il secondo corpo di un professionista. E non è neanche detto che sia necessariamente il “secondo”, specie se si tratta di un videomaker. A parte la lista dei singoli aspetti positivi, è proprio il bilanciamento delle caratteristiche e dell’esperienza di scatto a rendere ottima la 80D. Inoltre va fatto un plauso a Canon per aver creato ed ottimizzato a tal punto il Dual Pixel CMOS AF, il primo tentativo davvero riuscito di portare sulle reflex una messa a fuoco performante in live view, nonché molto efficace nel video. Ora si devono concentrare a mettere la tecnologia Nano USM sugli obiettivi serie L, così che si possa sfruttare pienamente tale funzionalità anche in ambito professionale. Il solo corpo costa circa 1000€ su Amazon, per poco di più si può prendere con il vecchio 18-55 IS STM e si può avere con il nuovo 18-135 IS USM per circa 1600€.

PRO
+ Corpo tropicalizzato e ben costruito
+ Ottima ergonomia
+ Disposizione razionale di tasti e ghiere
+ Migliore sensore APS-C mai creato da Canon
+ Pratico display articolato
+ Utile display LCD secondario
+ Mirino ampio e con copertura del 100%
+ Tante informazioni, griglia e livella visualizzabili nel mirino
+ Buona implementazione di menu, anche per l’uso touch
+ Buone prestazioni dell’AF a 49 punti (tutti a croce) per rilevamento di fase
+ Ottimo AF in Live View (obiettivi STM e Nano USM)
+ Migliore AF continuo in modalità video di tutto il mercato
+ Buona qualità di registrazione video
+ Intervallometro per Time-Lapse integrato
+ Ingresso ed uscita audio
+ Flash integrato con possibilità di controllo wireless
+ Funzionalità anti flicker
+ Raffica fino a 7fps con sufficiente buffer (6fps nei nostri test)
+ Operatività molto veloce
+ Wi-Fi integrato con NFC
+ Scatto silenzioso, anche in raffica
+ Nuovi effetti creativi e sviluppo RAW on-camera
+ Ottima durata della batteria

CONTRO
- Mancano alcune funzioni video evolute (4K, focus peaking, zebra pattern, profilo flat)
- Il controllo remoto Wi-Fi è limitato su alcuni parametri

DA CONSIDERARE
| Ci sono ancora pochi obiettivi Nano USM/STM nella fascia “pro”
| Sempre difficile impostare un bilanciamento del bianco personalizzato
| Il metering valutativo tende a schiarire troppo nelle situazioni di contrasto

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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