Nel 2012 AudioQuest ha stupito il mondo con il suo Dragonfly, un DAC delle dimensioni di una chiavetta USB con prestazioni eccellenti. L’anno scorso io ho provato la versione 1.2, che da allora non ho più schiodato dal Mac Pro e pilota il mio impianto o le cuffie. Più di recente sono stati presentati due nuovi modelli, Black e Red, che ampliano la linea ed apportano alcune significanti migliorie.
Il Black è simile al modello 1.2 ma costa meno (99€ su Amazon) ed ha l’interessante possibilità aggiunta di funzionare anche con smartphone. Su iPhone è sufficiente connetterlo tramite l’adattatore Lightning to USB, inizialmente nato per le fotocamere, mentre su Android serve un adattatore OTG (Micro USB o USB-C a seconda del proprio dispositivo). Con un prezzo ridotto, qualità analoga e funzionalità in più, è sicuramente un acquisto super consigliato, ma quello che ha destato maggiormente il mio interesse è il nuovo top di gamma.
Il DragonFly Red è strutturalmente identico al Black, si differenzia solo per la finitura lucida di colore rosso. Ancora oggi mi stupisco della dimensione di questi DAC, specialmente in relazione alla qualità offerta. Arriva con una piccola tasca in pelle per il trasporto, che però è piuttosto superflua se non per proteggere la finitura esterna.
Oltre alla forma incredibilmente compatta, una caratteristica di questi DAC è la loro semplicità di utilizzo. Si attaccano e via, non c’è null’altro da fare. Un limite dell’edizione 1.2 era la possibilità di supportare al massimo brani da 24-bit/96kHz ed è purtroppo rimasto nel Black e lo ritroviamo persino sul Red. Ci si potrebbe dunque domandare perché spendere di più ed è quello che cercheremo di capire.
I vantaggi del Red rispetto al Black sono sostanzialmente tre: una maggiore potenza di uscita (2,1 volts invece di 1,2), un DAC di qualità superiore (ES9016 invece di ES9010) e controllo del volume digitale (bit-perfect) invece che analogico. Il primo aspetto è tanto importante quanto più esigente è il dispositivo collegato, riuscendo a supportare anche cuffie con impedenze particolarmente alte. Io le ho usate con le mie Sennheiser HD 380 Pro (58 Ohm) e con le HD 630 VB (32 Ohm) che vedete in foto, ma riesconono ad alimentare anche le HD 650 (300 Ohm) per rimanere in casa Sennheiser.
Per quanto riguarda la migliore qualità del DAC, è un qualcosa davvero difficile da descrivere a parole. Partendo dal presupposto di utilizzare buoni file, preferibilmente lossless, il divario tra l’uscita integrata del computer e il DragonFly è già incredibilmente netto con il Black. Mi aspettavo un cambio di passo più contenuto da questo al Red, ma non è così.
La resa sonora è davvero di un altro livello e si avverte già dalle prime note nel momento in cui si effettua un confronto diretto. Il suono è ancora più potente e dinamico, i bassi sono decisamente più voluminosi, i medi molto più ricchi e gli alti così incisivi da far venire la pelle d’oca. La cosa che mi ha più stupito è che ho ascoltato alcuni brani che conosco a memoria, come Money dei Pink Floyd, Sultans of Swing e Tunnel of Love dei Dire Straits, e mi sono emozionato come se li stessi scoprendo per la prima volta.
La complessità delle texture nelle alte frequenze è forse la cosa che mi ha colpito di più, perché ti dà la sensazione di ascoltare un concerto dal vivo per quanto riescano ad arrivarti in profondità. Ma è tutto il suono ad essere più coinvolgente, al punto da avvertire con estremo trasporto l’allegria o la drammaticità di un brano. Arrivo a dire che può essere persino faticoso ascoltarne alcuni a volume sostenuto, a meno di non volersi davvero dedicare solo a quello e goderseli fino in fondo.
Il miglioramento della resa è meno evidente nel momento in cui si passa ad una sessione di ascolto in streaming, ma anche in quel caso il DragonFly fornisce una marcia in più che è chiaramente percepibile già con casse o cuffie di media qualità. Per questo motivo pensavo che sullo smartphone fosse poco utile, ma quando ho provato ad ascoltare Numb dei Linkin Park a massimo volume da Spotify Premium (scaricato in locale a massima qualità), sono letteralmente saltato dalla sedia. Con un cambio netto sono poi passato a Ti Ricordo Ancora di Concato, in un’edizione live che, ad occhi chiusi, è stata davvero una bella esperienza.
Conclusione
Vi do un consiglio: non provate mai il DragonFly. E se per caso avete l’1.2 o il Black, fingete che il Red non esista, altrimenti non dormirete sonni tranquilli. Se amate davvero la musica e vi piace ascoltarla bene, sappiate che una volta provato un buon DAC non si torna più indietro. E se parliamo del DragonFly, è davvero impressionante ciò che riesce a fare questo piccoletto. Con l’arrivo del modello Black a soli 99€ avevo seri dubbi che si potessero trovare ragioni valide per spenderne 199€ per il Red, invece la sua resa è così profondamente ricca ed emozionante, che saprete di essere costretti a comprarlo dopo neanche 10 secondi di ascolto. Ci sono DAC più professionali e completi, con regolazioni analogiche e quant’altro, ma il DragonFly Red vale ogni centesimo di quello che costa e ripaga con una qualità eccellente ed una comodità incredibile, specie ora che si può anche usare sullo smartphone. Delle sonore 5 stelle qui non si possono davvero evitare.
PRO
Molto compatto e facile da trasportare
Facilissimo da usare
Dinamica eccezionale
Suono potente e incredibilmente dettagliato
Ottimo senso spaziale
Possibilità di uso con dispositivi mobili
Uscita 2,1 volts
Controllo del volume digitale Bit-Perfect
DAC di qualità superiore rispetto il Black e l’1.2
CONTRO
Supporta fino a 24bit/96kHz