Un’intervista svela dei retroscena sullo sviluppo di Apple Watch e altre curiosità

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La testata americana Fastcompany, specializzata in business, tecnologia e design, ha avuto modo di intervistare Bob Messerschmidt, un’ex figura di spicco per Apple nell’ambito della progettazione di Apple Watch. La startup di Messerschmidt è stata acquisita da Cupertino nel 2010 e lui è stato posto a capo del gruppo che avrebbe progettato i sensori di rilevamento della frequenza cardiaca dello smartwatch. In questa intervista, Bob Messerschmidt si lascia andare ad alcune dichiarazioni interessanti riguardo il processo di sviluppo di un prodotto in Apple e racconta alcuni aneddoti occorsi dietro in cancelli di One Infinite Loop.

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Messerschmidt racconta di come le prime fasi del processo progettuale, riguardanti Apple Watch, fossero focalizzate sulla user experience. Dovevano in primo luogo rispondere a domande quali: cosa faranno le persone con questo prodotto, cosa lo renderà utile? In questa fase di concept, bisogna essere molto più dei creativi piuttosto che dei tecnici, spiega Messerschmidt. Piuttosto interessante è il racconto sulle interazioni tra il team di designer e quello degli ingegneri, al lavoro sui sensori dello smartwatch. Messerschmidt narra di quando, in una riunione, dichiarò l’intenzione di posizionare i sensori sul cinturino di Apple Watch che, poggiando sulla parte interna del polso avrebbe garantito una rilevazione dei battiti molto accurata. La risposta del gruppo di design industriale fu netta: «Questo non è lo stile che vogliamo, non è alla moda. Vogliamo avere cinturini intercambiabili, quindi nessun sensore deve stare su di essi». Con una battuta potremmo dire che la risposta del team guidato da Jony Ive è stata severa ma giusta. All’incontro successivo, racconta Messerschmidt, il suo team di ingegneri aprì alla possibilità di posizionare i sensori sotto la cassa (dove oggi si trovano effettivamente), ma che l’orologio avrebbe dovuto essere indossato abbastanza stretto, in modo da garantire un fermo contatto tra i sensori e la pelle. Anche questa volta la risposta del team di designer fu inflessibile: «No, questo non è il modo in cui le persone indossano l’orologio; lo vogliono piuttosto allentato al polso». Questo tipo di richieste, ti conduce a ricercare costantemente nuove soluzioni ingegneristiche, sottolinea Messerschmidt.

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«I designer sono la voce degli utenti finali. Esiste un’intero campo del design industriale focalizzato sulla user experience ed è importante seguire le loro indicazioni. Un gruppo di ingegneri, lasciati soli, potrebbe pensare che un dato aspetto non sia così importante e finirebbero per creare un prodotto perfettamente funzionante ma inadatto al pubblico finale», spiega Messerschmidt. E ancora sottolinea che l’idea di concentrarsi su questo aspetto sia realizzata in maniera unica in Apple. Il design e l’esperienza utente sono tutto quando si sbarca sul mercato con un prodotto. Secondo Messerschmidt non è la tecnologia ma il design che crea soddisfazione nelle persone. L’ideatore della sensoristica di Apple Watch mette in evidenza come Apple non porti sul mercato molte nuove tecnologie rivoluzionarie, ma piuttosto come riesca ha incastonarle nei prodotti con eleganza e originalità. Apple non rincorre l’ultima tecnologia disponibile, ma vuole offrirla ai suoi clienti quando questa potrà apportare qualche effettivo beneficio alle loro vite. «Ecco perché a Cupertino non si sono gettati a capofitto nella virtual reality, tanto di moda oggigiorno», incalza ancora Messerschmidt.

Un ulteriore punto toccato dall’ex dipendente Apple, riguarda la dialettica tra ingegneri e commerciali. O meglio, la sua quasi totale assenza tra le mura del campus californiano. Messerschmidt dichiara che se si parla con un ingegnere di Cupertino, questo ti dirà che sono loro, gli ingegneri, a prendere tutte le decisioni in Apple, e che il marketing non ha alcun potere. Tuttavia esiste un edificio intero, presso il campus, pieno zeppo di commerciali. Parlando con loro Messerschmidt ha ricevuto delle risposte alquanto inaspettate, del tipo: «Siamo noi a prendere tutte le decisioni in Apple, gli ingegneri non hanno questo potere». Questa netta scissione si può attribuire alla conduzione di Steve Jobs, che ha sempre ritenuto buona cosa, separare due gruppi di lavoro con mentalità completamente differenti. «Il collegamento tra le due realtà, spiega ancora Messerschmidt, avviene a livelli più alti, in quello che è definito E-Team (team esecutivo), che prende le decisioni finali suoi prodotti e su dove indirizzare le risorse economiche».

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Una delle domande più persistenti dalla fine del 2011 in poi è se la Apple post Steve Jobs sia la stessa Apple di prima. Bob Messerschmidt spiega che c’è stato un grande sforzo per incapsulare ciò che rende Apple, Apple. Molte persone hanno cercato di assorbire e distillare le lezioni di Jobs, allo scopo di tramandarle alle future figure esecutive. Ma l’ex dipendente dichiara che, in certo senso, i più hanno mancato il punto. «Si potrebbe pensare che si può insegnare alle persone a ragionare in un certo modo, ma è l’errore più grande che si possa fare», incalza Messerschmidt. «Il modo di pensare di Steve Jobs non si può insegnare». In risposta alla grande domanda “La Apple post Jobs, può andare avanti?”, Messerschmidt dichiara che il giudizio è ancora in sospeso, ma sicuramente, non è la stessa Apple di prima.

Bob Messerschmidt ha lasciato Apple dopo tre anni di lavoro e ha fondato la sua nuova compagnia Cor, che realizza un dispositivo intelligente per l’analisi sanguigna. Il prodotto è attualmente finanziabile su Indiegogo.

Simone Sala

Junior Editor - Appassionato di tecnologia, mi piace analizzarne sia gli aspetti tecnici che i risvolti sociali. Sono curioso per natura e cerco sempre di sperimentare le ultime novità in qualsiasi ambito. Collaboro con SaggiaMente dal 2016.

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