Pre-Recensione MacBook Pro 13″ 2016 senza Touch Bar

Ma cosa dovrebbe significare “pre-recensione”? Onestamente non ne ho idea, ma non ho trovato un modo migliore per descrivere ciò di cui andrò a parlare. Si tratta di riflessioni che nascono in risposta a quella che mi sembra un’errata interpretazione di alcuni articoli precedenti e che spero servano da ponte tra quelli e la recensione finale del MacBook Pro 13″ 2016 senza touch bar che uscirà nei prossimi giorni. Avevo detto che non lo avrei provato questo computer, perché carente di uno degli elementi più caratteristici del recente update, ma alla fine ho cambiato idea. Capita.

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Gli articoli che a mio avviso sono stati mal interpretati sono essenzialmente quattro e tutti per lo stesso motivo. Me ne ero già accorto dal trend dei commenti, ma è diventato ancor più evidente ieri, quando un mio caro amico mi ha chiesto come mai stavo parlando male dei nuovi MacBook Pro. Sono rimasto di sasso, perché se anche lui ha capito così, lui che mi conosce di persona e da molto prima che esistesse SaggiaMente, allora vuol dire che ho sbagliato qualcosa nella comunicazione. Sono andato a rileggermi gli articoli in modalità criticone impostata su on, eppure non ho trovato frasi o giudizi che potessero far pensare una cosa del genere. E vi spiego perché.

Da principio ho voluto scrivere un editoriale, specificando che era in programma da prima della presentazione del nuovo portatile. In sintesi ho scritto che da qualche tempo sto valutando di costruirmi una macchina Windows per l’uso della suite Adobe CC e che ho deciso di farlo per una questione di costi/benefici legati all’hardware che posso usare. Nulla di nuovo, tanti professionisti prima di me l’hanno già fatto, ma ho scritto a chiare lettere che per l’uso personale e di tutti i giorni non potrei mai fare a meno di macOS e dei Mac, tant’è che ho prenotato un MacBook Pro 15″ 2016 mentre ancora il keynote si stava per concludere. Ed ho scritto chiaramente anche questo. La maggior parte di voi ha ben inteso le mie parole, sia quelli in accordo che quelli in disaccordo, ma ho visto anche commenti di chi ha banalizzato tutto, dicendomi che si sapeva da sempre che una macchina Windows era più economica e più potente, e di chi si è addirittura indignato perché non sono un vero macuser doc se dico una cosa del genere. Ecco, parliamo un attimo di questo perché vorrei sottolineare che sono molto contento di non essere etichettabile in questo e in nessun altro modo. Anzi, mi vergogno anche un pochino se penso che quando ho aperto questo sito ero effettivamente in piena estasi per Apple. Col senno di poi potrei dire che nei primi anni 2000 ero effettivamente un fanboy. Il passaggio da Windows a OS X è stato così entusiasmante e così tanto produttivo nel mio lavoro, che non c’era davvero spazio per mezzi termini: Mac era meglio di un PC. Punto. Ora premo fast forward e salto di netto 6/7 anni, che sono stati, informaticamente parlando, i più sereni della mia vita.

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Lentamente e progressivamente ho iniziato a notare che il percorso di Apple si stava discostando dalle mie personali preferenze. Oppure, volendola vedere diversamente, ho fatto un passo di lato per pensare e l’effetto scia non è stato così potente da mantenermi completamente vincolato all’interno di quel percorso. Tuttavia ho sempre trovato delle motivazioni razionali per continuare a lavorare con i Mac ed accettare di buon grado quasi tutte le scelte controverse che hanno diviso la comunità. Ad esempio sapete che mi divertivo da matti a testare gli SSD, quelli da 2,5″ SATAII e III, che poi sono spariti dai Mac ma per una giusta ragione: modelli più performanti e compatti su PCIe. Per la scomparsa del SuperDrive me ne sono fatto ugualmente una ragione, io sono uno dei pochi che ancora “masterizza” per lavoro e, in quelle occasioni, ne adopero uno esterno. Tuttavia ho sempre ritenuto che levarlo da un ultra portatile avesse senso, mentre dall’iMac un po’ meno. Pazienza, hanno voluto questo profilo falso-sottilissimo (che poi ritorna gonfio al centro, ma almeno crea una bella illusione), ma io sono rimasto con un iMac del 2011, cosa strana visto che avevo avuto tutti i modelli precedenti. Lato portatili ho sempre comprato MacBook Pro con schermi opachi fintanto che sono stati disponibili, in quanto determinanti nella mia precedente attività in ambito DTP. Ad un certo punto Apple non li ha prodotti più e mi sono dovuto rassegnare. Visto che il portatile era per me prioritario, sono passato agli schermi “a specchio”, ma questo cambiamento mi ha creato un po’ di fastidi concreti nei primi anni. Tuttavia, mi dicevo, ormai mi trovo così bene con OS X che questo è un piccolo prezzo che sono disposto a pagare. Inoltre le coperture lucidissime sono diventate sempre migliori con il passare del tempo e avendo smesso di lavorare per la stampa ho iniziato ad apprezzare i colori più vibranti che su pannelli opachi è quasi impossibile avere. La taglio qui, per non annoiarvi più di quanto non abbia già fatto, mi serviva solo farvi capire che prima di un dato momento storico cose del genere non mi erano mai capitate con Apple, ribadendo però che si tratta di una mia personalissima esperienza, legata alle mie esigenze nel periodo in cui i cambiamenti sono avvenuti. Un semplice parere da uno dei tanti punti di vista possibili, insomma, evitate di prenderla sul personale.

confronto display vecchio e nuovo MacBook Pro 15"

Fatto sta che ho iniziato di nuovo ad installare una macchina virtuale Windows, cosa che non facevo da quasi un decennio, giusto per vedere come andavano le cose con Seven e successivi. Più di recente ho anche posseduto 2 o 3 computer con Windows 10, tra cui l’ultimo è stato il Surface Pro 4 di Microsoft. Non l’ho neanche recensito sul sito tanto l’ho usato poco, perché a fronte di una promessa fantastica sono rimasto deluso dalla scarsa ottimizzazione hardware e software. Il dispositivo in sé l’ho trovato eccezionale, non comodo come un iPad in modalità tablet, ma praticissimo da usare al volo, persino con le dita in modalità desktop, oppure collegato alla sua cover/tastiera per qualcosa di più impegnativo se non proprio a monitor, mouse e tastiera esterni. Anche questo è un parere personale, so che molte persone sono entusiaste di questo dispositivo e lo ero anche io, se no non avrei speso 1600€ e deciso di tenerlo per quasi un anno. L’esperienza d’uso, però, mi ha lasciato fin troppo perplesso. Un esempio a caso è quando l’ho portato per mostrare un lavoro ed ha deciso di entrare in un boot loop infinito. E se cercate su internet la lista di utenti che si lamentano dell’affidabilità del prodotto – non dell’idea, delle specifiche, delle prestazioni, della qualità hardware o altro – è probabilmente superiore a quella di chi ne è felice (ma se siete tra questi ultimi, sono davvero contento per voi). Windows 10 in sé, invece, non mi ha deluso, ma semplicemente perché partivo da una considerazione pari a zero. È sempre stato inutilmente complesso in molti aspetti ed è perfino peggiorato con il dualismo dell’interfaccia Desktop/Modern, ma alla fine dei conti è stabile (se ben usato) e non richiede hardware troppo spinto per ottenere performance soddisfacenti. Sto divagando, vi chiedo scusa, ma era necessario per sottolineare che non voglio essere un macuser doc se questo per voi significa non poter essere critico quando necessario e dover sempre accettare passivamente, o peggio difendere e giustificare, tutto ciò che ci viene proposto. Al tempo stesso non vuol dire che io non veda e non apprezzi tutti i vantaggi dei Mac e dell’ecosistema Apple, perché altrimenti non starei qui a scriverne tutti i giorni.

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Dopotutto, e ci tengo sempre a ricordarlo, questo sito non si chiama mela-qualcosa, apple-così o mac-lallà, ma SaggiaMente. È un nome di cui andiamo molto orgogliosi e che consideriamo non come una presa di posizione, che sarebbe puerile quanto dire “noi conosciamo la verità”, ma come principio a cui tendere. Ci proviamo, insomma, ma non è detto che ci si riesca sempre. Fatto anche questo inutilissimo preambolo, ritorniamo in rotta per parlare degli articoli che sono stati (secondo me) mal interpretati. Il fatto è che, lasciatemelo dire, molto spesso il lettore medio parte prevenuto, sia in un senso che nell’altro. A molti di voi sono ormai affezionato personalmente, ci sentiamo tutti i giorni anche con messaggi privati e sulla nostra piattaforma Slack, per cui vi considero più che semplici “lettori”. Ma sulle decine di migliaia che si ritrovano ogni giorno sulle nostre pagina, ce ne sono moltissimi che valutano le affermazioni con l’accetta. Se scriviamo una cosa positiva su un dispositivo Apple, diventiamo immediatamente fanboy, se poi diciamo che c’è un problema, allora ci trasformiamo magicamente nei soliti haters della mela. Poco importa se ci siano o meno dati oggettivi alla base, sia per le critiche che per le lodi. E spesso questa diversa interpretazione delle parole la ritrovo nei commenti sotto uno stesso articolo. Escludendo la possibilità che i nostri scritti siano di natura quantistica e che, per banalizzare una intera scienza in un secondo, possano cambiare a seconda di chi legge, devo concludere che il problema di fondo è negli occhi del lettore. Perché sapete, si può benissimo dire che un prodotto è imperfetto pur apprezzandolo. D’altronde, e questa concedetemela anche se tirata per le orecchie, è anche un po’ il principio dell’amore. Quello vero non è basato su un partner perfetto, ma su quello che si conosce e si apprezza per i lati positivi quanto per quelli negativi, magari anche sopportandoli con fatica qualche volta. Chiudo qui questa parentesi stucchevole, ma spero davvero che la mia posizione risulti non chiara, ma cristallina. Se sono passato ai Mac qualche annetto fa c’è un motivo e non è certamente perché andava di moda come forse è successo dall’iPhone in poi. La piattaforma si è dimostrata produttiva e i computer belli, intelligenti, stabili e sufficientemente potenti. Non c’era davvero motivo per non comprare un Mac in base al mio uso di allora, sia privato che lavorativo, e per la stessa ragione li consigliavo a tutti.

Se all’indomani della presentazione del MacBook Pro 2016 abbiamo pubblicato diversi articoli “critici” non è perché questi non ci piacciano. Lo so che vi può sembrare un controsenso, ma permettetemi di dire che non lo è. Nel momento in cui si scopre che le due porte di destra del 13″ con touch bar non sfruttano la piena velocità della Thunderbolt 3 (e la cosa non era stata specificata da Apple), non esiste ragione alcuna perché ciò non debba essere pubblicato. Che poi ci siano dei motivi alla base, magari perfino non dipendenti da Apple, e che ciò possa essere un “non problema” per il 99,9% degli utenti è un altro discorso, ma non è che si possa fare informazione a metà o far finta di niente in base all’umore del giorno o dando per scontato che per voi la cosa non sia rilevante. Noi lo scriviamo, voi leggete (se vi va) e poi ragionate con la vostra testa. Se dopo poche ore viene fuori che, per ragioni ancora non chiarissime ma esplicitate nel relativo articolo, i dispositivi Thunderbolt 3 già in commercio non funzionano e non funzioneranno mai con i nuovi MacBook Pro 2016 a meno di un aggiornamento hardware dei primi, non vi potete lamentare con noi se ne parliamo. O meglio, potete farlo e lo avete fatto, ma che senso ha? Ad alcuni non è piaciuto il mio titolo “Panico da Thunderbolt 3”, come se avessi scritto che il mondo è finito per colpa di Apple, quando ho solo spiegato che si è creata una situazione così strana e confusa che neanche i produttori ci hanno capito tutto al 100% e che per ora Apple ha completamente ignorato. Anche qui, non è un giudizio di merito ma un dato di fatto. Sappiamo che il chip USB-C di Texas Instruments di seconda generazione usato in abbinata con quello Thunderbolt 3 di Intel (Alpine Ridge), comporta una incompatibilità con i dispositivi Thunderbolt 3 uniti al chip TI di prima generazione ma, stranamente, non con quelli USB-C che sono direttamente correlati proprio a quel chip. Non siamo qui a strapparci le vesti ed iniziare il conto alla rovescia per l’Armageddon, però non venitemi a dire che la situazione non merita approfondimento. Così come credo sia inopinabile ed oggettivo, il fatto che queste nuove porte – che ripetiamolo: sono il futuro – richiedono maggiore consapevolezza nel consumatore per via del fatto che su uno stesso formato fisico (il cavo) possono passare diversi standard. In ambito consumer una cosa del genere non è poi così comune guardando agli ultimi anni, perché Thunderbolt e Mini Display Port sono rimaste in una nicchia circostretta, mentre in questo caso si parla di una porta che vedremo presente un po’ ovunque, ma che funzionerà diversamente a seconda del dispositivo in uso. Magari è una “banale” USB-C gen 1 sul MacBook o su un Google Pixel, ma può anche essere una USB-C gen 2 o persino una Thundertbolt 3. È chiaro che non si stanno creando fratture nell’Universo conosciuto per tutto ciò, ma parlarne non può che far bene.

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Non ha fatto neanche piacere che sia uscito un articolo per avvisare che la porta mini jack del MacBook Pro 2016 non include più il segnale ottico. Magari ci abbiamo ironizzato un po’, è vero, ma solo perché Schiller aveva prestato il fianco dicendo che non era stata rimossa come su iPhone 7 perché utile si professionisti. Io non ho mai usato tale funzionalità, come non la usavo sulle Apple TV precedenti alla 4G e infatti non mi sono lamentato per la sua esclusione neanche in quel caso, ma ciò non toglie che se ne possa parlare. I professionisti dell’audio usano quasi sicuramente schede audio esterne, lo sappiamo tutti, le adopero anche io per pilotare meglio casse e microfoni pur non lavorando in questo settore, ma non è che ignorare la faccenda o, peggio ancora, scrivere per insultare chi invece usava l’uscita audio ottica, sia una cosa tanto sensata. E più passavano le ore più si accumulavano “fatti” del genere, come quell dell’assenza del tradizionale suono di avvio, che abbiamo segnalato prendendo la palla al balzo per spiegare come eseguire il reset della NVRAM senza più avere questo ausilio sonoro. E se qualcuno sente un po’ la mancanza di cose come il MagSafe, la mela luminosa e persino quel banalissimo chime che ha accompagnato i computer Apple per oltre 30 anni, non vedo perché non lo possa dire senza essere insultato.

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Se siete arrivati fin qui con solo due o tre sbadigli, siete degli eroi al pari di Captain America, perché sono consapevole di non aver scritto davvero nulla di importante, per cui vi ringrazio davvero se avete resistito fin qui. Mi premeva sottolineare la situazione attuale perché moltissimi lettori oggi ritengono che SaggiaMente – o io, se preferite avercela con una persona reale – abbia un’opinione negativa nei confronti dei nuovi MacBook Pro 2016. Siamo restii a giudicare a priori, lo sapete dopo tanti anni di recensioni ed articoli, ed ecco perché ne stiamo testando uno proprio ora. Più avanti ci arriverà anche quello con la Touch Bar, ma prima ancora pubblicheremo la recensione di questo 13″ base, ma vorrei condividere alcune prime impressioni.

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Per prima cosa le dimensioni: la differenza di peso e spessore rispetto al precedente modello si avverte immediatamente. Non sono andato neanche a riguardami i numeri sulla scheda tecnica, ma vi dico solo che finché non ho ripreso in mano il MacBook Retina, mi sembrava quasi identico. In un confronto diretto si nota che quest’ultimo è ancora più piccolo e leggero, ma nel maneggiarlo e trasportarlo si fa davvero pochissima fatica. Devo dirlo, fa una certa impressione in relazione all’hardware in uso. Passiamo poi alla tastiera, che onestamente mi ha stupito. È molto più immediata e comoda di quella del MacBook, perché mantiene la stessa sensibilità ma questa si sente di più sotto le dita. L’esperienza di scrittura l’ho trovata eccezionale, simile a quella della Magic Keyboard (recensione), anche se i tasti sembrano come vuoti e risultano più rumorosi. La retroilluminazione a LED delle lettere è meno forte rispetto le precedenti, ma è incredibile come non ne fuoriesca nemmeno una minima parte intorno ai tasti, anche guardando di lato e da vicino. Il Trackpad è giganteso e il feedback è ottimo, al pari di quello del MacBook. Il fatto che sia così grande ha un solo aspetto positivo principale nell’uso, ovvero che non si arriva mai al margine. Si poggiano le dita e si usa e c’è sempre spazio di manovra in tutte le direzioni. È anche più bello, d’accordo, ma quello è meno rilevante. Mi è dispiaciuto non poter collegare il MacBook al Pro con un cavo USB-C / USB-C per importare i dati, una cosa che prima si poteva sempre fare tra due Mac dello stesso periodo e che ora genera un errore. Il fatto che non faccia suoni e che si accenda da solo all’apertura del coperchio rende quasi impossibile capire se il computer fosse spento o acceso, anche perché il tempo di boot è incredibilmente breve. Così a pelle non mi sembra un problema, dovrò vedere con il tempo. Di certo una qualsiasi indicazione dello stato a coperchio chiuso non mi sarebbe dispiaciuta, ma ormai sono secoli che non c’è più. Senza parlarvi già di numeri, la sensazione di velocità di questo computer, che è pure la versione più basic che esita, è ottima. È anche vero che il sistema è quasi vergine per il momento, ma se pure i numeri possano suggerire che vada come il MacBook, sappiate che non è assolutamente vero. I motivi dipendono dalla diversa architettura, e li abbiamo già illustrati in passato, ma davvero questo piccoletto vola nelle attività del quotidiano. Come se la cava con impieghi più pesanti, invece, lo vedremo nella recensione completa che arriverà entro una decina di giorni al massimo. Non è già il momento di trarre conclusioni, ma se si riesce a digerire l’assenza della novità più vistosa, ovvero la Touch Bar, e il fatto che costi più di quanto la scheda tecnica potrebbe suggerire, non penso che si possa rimanere delusi perché sembra una macchina davvero ottima. Non è il Pro che alcuni vorrebbero, ovvero quello con CPU quad-core e GPU discreta, su questo non ci piove, ma ormai sono anni che Apple ha chiarito che per questi usi si “deve” acquistare il 15″.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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