Le SD che mentono: sigle in eccesso e confusione nel consumatore

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Su queste pagine ho già pubblicato diversi articoli su SD e microSD, illustrando il significato delle varie sigle e cercando di spiegare come bisogna valutare le proprie necessità. La prima cosa che mi preme ribadire è che i produttori e la SD Card Association sembrano essersi davvero impegnati per complicare la vita al consumatore. Quando si compra un SSD, che condivide la natura NAND delle memorie, si sceglie in base alla velocità ed alla connessione, cosa che potrebbe essere sufficiente anche per le SD. Invece per queste ultime ci sono decine di sigle e falsi standard che confondono le acque e mandano in crisi l’utente medio.

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Io avrei stabilito un unico riferimento suddiviso in base alle velocità minime garantite di lettura e scrittura, cosicché sui prodotti si sarebbe potuto scrivere solo: necessaria una SD livello X o superiore. Non serviva altro, anche quando gli standard si sarebbero evoluti. A questi numeri si dovrebbe aggiungere il valore minimo di MAX IOPS, importante per alcuni impieghi “emergenti” come il boot per smartphone o altri dispositivi della Internet of Things. Con tre dati al massimo, insomma, si può effettivamente conoscere il necessario per scegliere una SD, senza ricorrere a i vari U1, U3, V10, V30, V60, UHS-I, UHS-II, A1 ed altro. Purtroppo non ci sono più speranze che si vada in questa direzione, anzi stanno aggiungendo sempre più sigle andando avanti e non si decidono a togliere le vecchie. Ad esempio per il 4K: ci sono SD che ne espongono il logo ma questo non è codificato precisamente e a giusta ragione. Intanto perché la risoluzione è secondaria rispetto al bitrate, unico valore con significato tangibile e che si può confrontare con il transfer rate reale minimo della scheda, ma anche per via del fatto che già il precedente U3 bastava “mediamente” per il 4K. Poi è arrivato anche il V30 e, per via della scarsa chiarezza, i produttori hanno iniziato anche a scrivere proprio “4K”. A questi si aggiungono le vecchie classi fino alla C10 (che per sicurezza molti riportano ancora), gli standard UHS e anche quelli A per l’efficienza come boot per Android in base alle massime operazioni input/output in grado di garantire.

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In più c’è il solito problema dall’altra parte: l’utente medio non sa di cosa ha bisogno. E questo vale sia per chi compra SD per le fotocamere che per i tanti che si affidano alle microSD per espandere la memoria degli smartphone. Ad esempio c’è chi compra delle memorie costosissime che riportano fino a 150 o 300MB/s senza sapere che queste sono necessariamente delle UHS-II e se il dispositivo in uso, di solito una fotocamera, non le supporta, in realtà andranno molto più lentamente. Già perché c’è un terzo problema da considerare: oltre alla confusione dell’offerta e l’ignoranza tecnica dell’acquirente medio, anche lo strumento in uso può rappresentare un limite. Mettere insieme queste tre cose nel modo corretto è molto più difficile di quanto non sembri. Se qualcuno di voi ha un po’ di pazienza residua, consiglio caldamente la lettura della pagina di Wikipedia sulle Secure Digital, che non è esauriente al 100% ma fornisce una tabella chiara con le principali sigle in uso ed il loro significato.

Io ne ho provate ed usate diverse, come le numerose recensioni suggeriscono, ma la mia preferenza in ambito SD è ancora per le Extreme Pro di SanDisk, sia in formato standard che micro, specie nelle nuove evoluzioni UHS-II (che però sono piuttosto costose al momento). Oltre a non aver mai avuto problemi in diversi anni, queste migliorano di generazione in generazione e garantiscono effettivamente le prestazioni che promettono. Non posso dire la stessa cosa per Lexar, che ha sicuramente conquistato il mercato con le sue UHS-II a prezzi contenuti ed in anticipo sulla concorrenza, ma con le quali ho notato prestazioni non del tutto convincenti. Non ci sono solo questi marchi, ovviamente, ma sono i due più gettonati, seguiti probabilmente da Transcend e Samsung (quest’ultima va moltissimo nel settore smartphone ma molto meno in quello fotografico).

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In questi giorni io e Massimiliano stiamo provando la Lumix GH5, una fotocamera con spiccata vocazione video e capacità di registrare in 4K a 50/60fps con bitrate molto elevati. Attualmente si tratta di ben 150Mbit/s ma più avanti arriverà un firmware che le consentirà di registrare a 400Mbit/s. Ecco, qui si genera spesso una incomprensione enorme quanto banale. Questi dati solo solitamente espressi in “bit” mentre la velocità delle SD è tipicamente misurata in “byte”. In sostanza molti pensano di dover comprare una memoria molto più veloce di quanto non serva effettivamente. Per i 150Mbit servono almeno 20MB minimi garantiti e per i file da 400Mbit ne serviranno 50, ribadisco: minimi e garantiti sempre. Questo dato non è quindi quello del picco, solitamente ben più alto ed esposto in vista nelle confezioni, si tratta di quel transfer rate che la memoria riesce a mantenere costante nel tempo, perché è così che deve essere per una registrazione video. A questo servono le sigle come U3 o V30, che identificano le SD con un minimo garantito di 30MB/s. In pratica anche una fotocamera tanto evoluta come la GH5 e che supporta le UHS-II ad oggi si può sfruttare al 100% con una buona memoria UHS-I come la succitata SanDisk Extreme Pro.

Quando parlavo dei limiti del lettore, però, includevo anche quelli delle fotocamere. Questi non sono tutti uguali e può capitare che rendano meglio con alcune memorie rispetto ad altre. È sempre lo stesso discorso che si ripete: gli standard in informatica non sono mai del tutto standard. Essendoci diversi produttori che realizzano memorie e chip, può benissimo succedere che si presentino delle incompatibilità imprevedibili. Ecco perché andando a cercare una nuova SD da comprare per sfruttare il futuro firmware della GH5 con registrazione video a 400Mbit/s, ho voluto prima fare un po’ di ricerche. Ho così scoperto un interessante articolo in cui l’autore non ha solo verificato la velocità delle principali SD in commercio ma ha anche controllato le loro effettive prestazioni dentro la GH5 (che si collega via USB-C 3.1). Se ve ne parlo non è solo perché il test in sé è piuttosto utile da valutare ma anche perché il risultato mi ha stupito. La lista è lunga e comprende anche marchi che da noi sono poco noti e diffusi (vedi Delkin o PNY), ma i dati che ritengo più significativi sono i seguenti:

Modello Lettura (USB3) Scrittura (USB3) Scrittura (GH5) 150Mbps 400Mbps
Transcend 64GB UHS-II 290 MB/s 182 MB/s 76 MB/s OK OK
SanDisk Extreme Pro 300 64GB UHS-II 263 MB/s 233 MB/s 72 MB/s OK OK
Lexar 2000x 64GB UHS-II 272 MB/s 244 MB/s 35 MB/s OK NO
Lexar 1000x 64GB UHS-II 147 MB/s 78 MB/s 35 MB/s OK NO
SanDisk Extreme Pro U3 64GB UHS-I 98 MB/s 90 MB/s 36 MB/s OK NO
SanDisk Extreme Plus U3 64GB UHS-I 99 MB/s 64 MB/s 36 MB/s OK NO

Iniziando dall’alto, si può notare l’ottimo rapporto qualità/prezzo della Transcend di ultima generazione. È ovvio che la colonna in cui Alik Griffin ha testato la velocità all’interno della GH5 non interessa a tutti e che i suoi risultati non sono necessariamente i medesimi che si possono ritrovare in altri modelli che supportano le memorie UHS-II, come molte delle ultime Fujifilm, tuttavia ci può vedere come non è detto che i numeri ottenuti su un lettore USB 3 vengano poi effettivamente sfruttati dal lettore integrato nelle fotocamere. Le Lexar 1000x e 2000x, ad esempio, nella GH5 fanno davvero pietà. Le UHS-I di SanDisk vanno molto meglio pur avendo dei dati di picco più bassi. Lo schema qui sopra è sicuramente utile per gli acquirenti dell’ultima Lumix, ma lo ritengo uno stimolo per tutti quanti: valutate bene le vostre necessità, imparate a riconoscere le specifiche e fate qualche ricerca in rete per scoprire se l’accoppiata corpo/memoria che intendete realizzare presenta dei problemi.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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