HomePod, storia di un progetto molto complicato

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Era atteso come ultimo rilascio nel 2017 di Apple insieme all’iMac Pro, ma l’HomePod sarà invece il primo del 2018. Presentato lo scorso giugno durante il keynote inaugurale della WWDC annuale, ha la responsabilità di lanciare l’azienda di Cupertino nel crescente settore degli smart speaker, estendendo gli scopi di Siri. Eppure questo dispositivo nasconde una storia tutt’altro che facile, essendo stato abbandonato e ripreso più volte nel corso del suo sviluppo, come rivela il nuovo report di Mark Gurman su Bloomberg.

HomePod fu inizialmente sviluppato nel 2013 da alcuni ingegneri di Apple come progetto secondario rispetto i loro incarichi primari, con l’intenzione di creare un altoparlante Bluetooth migliore di quelli commercializzati da celebri marchi specializzati. Dopo vari tira e molla, il progetto iniziò a prendere piede e il piccolo team fu rimpolpato da altre risorse provenienti dalla concorrenza, proprio perché l’obiettivo era quello di realizzare un dispositivo per audiofili, lasciandosi definitivamente il precedente fallimento dell’iPod Hi-Fi. Il primo prototipo era alto ben novanta centimetri (tre piedi) e rientrava a tutti gli effetti nella categoria degli speaker da salotto. Una delle caratteristiche al centro del dispositivo che oggi conosciamo era nelle intenzioni sin da allora, ovvero la tecnologia “beam forming” che consente di ricreare un’esperienza acustica tridimensionale nella stanza.

Ci vollero circa due anni di sviluppo affinché HomePod guadagnasse uno status ufficiale in Apple, assegnandolo alla divisione accessori con il nome in codice B238. Fu allora che il gruppo di lavoro iniziò a maturare l’idea di trasformare il dispositivo in uno smart speaker. Arrivò però un imprevisto a cambiare le regole del gioco: Amazon Echo. Immediatamente gli ingegneri si misero a studiare il nuovo nemico, acquistandone alcune unità. Constatando la dubbia qualità audio del prodotto, li convinse ancor più a realizzare uno smart speaker in grado di coniugare le funzionalità di assistente vocale (apprezzatissime dagli utenti di Alexa) con un sonoro di alto livello.

Nonostante gli sforzi e un’estesa operazione di testing, coinvolgendo sin dal 2016 pure dipendenti Apple di altri reparti (inclusi alcuni fortunati impiegati degli Store mondiali), Bloomberg denota come le aspettative interne all’azienda si siano smorzate parecchio. Il problema risiederebbe nell’arretratezza in sé dell’accoppiata HomePod+Siri rispetto alle principali rivali, Echo+Alexa e Google Home+Assistant. Queste due possono infatti letteralmente dialogare con l’utente per compiere diverse operazioni (come gli acquisti online, la prenotazione di un taxi o l’ordine di una pizza), mentre la soluzione Apple risulta più ristretta nei suoi scopi, limitandosi sostanzialmente a Music, HomeKit e iMessage. Per di più, HomePod può svolgere questi compiti solo se nelle sue vicinanze vi è un iPhone, contrariamente agli altri prodotti già menzionati che possono operare in modalità stand alone, con proprie app dedicate e pieno accesso ai rispettivi sistemi cloud. Di fatto HomePod è come se fosse un’estensione fisica dello smartphone, dove vengono effettivamente eseguite le applicazioni. A complicare le cose si aggiungono anche i pochi ambiti in cui questa integrazione è attualmente operativa: messaggistica, note e promemoria.

Come ricorda Gurman, Apple potrà aggiungere nuove funzioni ad HomePod nel futuro dove necessario e molto probabilmente lo farà, ma c’è da scommettere che alcune dovranno legarsi per forza a refresh hardware, cosa che dovranno tenere a mente i potenziali acquirenti di questa prima generazione. Pur non volendo trarre considerazioni avventate senza aver potuto prima provare il prodotto, credo che nell’ambito delle iniziative che Apple sta svolgendo riguardo l’intelligenza artificiale debba esserci pure un avanzamento di Siri. L’assistente virtuale che un tempo era al vertice ora appare molto indietro rispetto alle analoghe proposte di Amazon e Google. I servizi erogati sono per lo più legati a specifici dispositivi e ad aree geografiche ristrette e nemmeno uniformi fra loro. Il rischio è di perdere sempre più terreno in un campo in cui è doveroso giocare d’anticipo, visto che sarà tra i pilastri futuri dello sviluppo tecnologico.

Elio Franco

Editor - Sono un avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie, codice dell'amministrazione digitale, privacy e sicurezza informatica. Mi piace esplorare i nuovi rami del diritto che nascono in seguito all'evoluzione tecnologica. Patito di videogiochi, ne ho una pila ancora da finire per mancanza di tempo.

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