Conoscere gli Obiettivi parte 2: definizione, distorsioni, aberrazioni e vignettatura tra fissi e zoom

Premessa: lo scopo che mi pongo con questo articolo è quello di far capire determinati aspetti legati agli obiettivi. Non troverete cronistorie esatte degli eventi, formule matematiche o definizioni da ricordare a memoria. Lascio al lettore la facoltà di decidere se e come approfondire i vari concetti. Accedere a documentazioni enciclopediche fortunatamente oggi non è più un problema, pertanto non c’è motivo di fare un copia e incolla da Wikipedia o da altre fonti. Tuttavia mi rendo conto che senza aver un minimo di infarinatura su alcuni concetti base il testo potrebbe risultare piuttosto ostico. Per questo motivo consiglio a chi non lo avesse già fatto di dare prima uno sguardo ad alcuni post precedenti, in particolare “Frullato di fotografia“, “FOV Crop” e la prima parte di Conoscere gli Obiettivi: compatibilità ed innesti,

In questo articolo ci occuperemo di aspetti più canonici, ma che oggi più che mai dovrebbero essere riscoperti e riconsiderati con maggiore attenzione. La commercializzazione su larga scala delle DSLR ha infatti portato anche in questo settore molte delle logiche di marketing che tendono a distorcere l’immaginario collettivo, specie quello dell’utente della prima ora. Così si può sentire l’esperto di turno parlare del suo nuovo obiettivo Tamron 18-270mm f3,5/6,3 (circa 400€), che con un’incredibile escursione focale copre dal grandangolo al tele (piuttosto spinto su APS-C) denigrare magari un noioso e riduttivo obiettivo come il Nikon 50mm f1.4 (circa 300€) che con un prezzo simile ti da solo una focale normale da 50mm in Full Frame (e 85mm su APS-C per il FOV crop).

Il Tamron citato ha anche un aspetto positivo dal momento che permette di andare in giro con un solo obiettivo coprendo una grandissima escursione focale con lo zoom 15x, ma escludo che lo vedrete utilizzare da un fotografo. E anche voi che vi accingete ad avvicinarvi a questo mondo, fareste meglio ad iniziare col piede giusto e con un vetro migliore. Sempre per rimanere in casa Tamron (giusto per non far passare l’idea che facciano solo dei fondi di bottiglia) il nuovo 17-50 f2.8 Di II VC (circa 400€) è un prodotto di buona qualità ad un ottimo prezzo. Con una escursione focale dal grandangolo al normale, una velocità eccellente, lenti asferiche, lenti a bassa dispersione e stabilizzazione ottica. Se qualcosa di quanto ho appena detto nella descrizione di questo obiettivo non vi è tanto chiara, allora il seguito di questo articolo lo potreste trovare particolarmente interessante.

Da ieri ad oggi: migliore tecnica, stessi problemi
Ai tempi della fotografia stenoscopica (che si fa risalire a studi arabi del XI secolo) il compito dell’odierno obiettivo era affidato ad un semplice foro nella camera oscura. Anche il grande Leonardo studiò ed utilizzò questa rudimentale forma fotografica. Ma fu poco più tardi un altro italiano, il matematico Gerolamo Cardano, a pensare di mettere una lente nel foro, con il vantaggio di riuscire a focalizzare in modo più preciso la luce ed ottenere immagini maggiormente nitide. Ci vollero quasi altri 300 anni affinché qualcuno avesse l’idea di raggruppare più lenti per creare un sistema ottico (approfondimento). Oggi gli obiettivi possiedono molte lenti, fisse e mobili. E alcune sono saldate insieme a formare dei gruppi. Quando si dice che un obiettivo è costituto da 19 lenti in 14 gruppi, significa che 5 di esse sono saldate ad altre. Per capire come però, è necessario osservare  lo schema ottico nel dettaglio. Di seguito quello del Tamron 17-50 sopra citato:

tamron

Riflessione e rifrazione
Le odierne capacità progettuali dell’uomo sono state amplificate esponenzialmente dai computer; anche per questo gli obiettivi di oggi sono nettamente superiori a quelli del passato. Lo zoom ad esempio è una conquista relativamente recente: un’escursione focale come quella del Tamron 18-270 (15x) prima era impensabile. Ma questo non significa che si possano eludere le leggi fisiche dell’ottica. Obiettivi zoom di questo tipo richiedono un gran numero di lenti, ma ognuna di esse, comporta ulteriori passaggi aria-vetro, causando rifrazione e riflessione. La riflessione dei raggi di luce all’interno dell’obiettivo può generare: flare (con conseguente perdita di definizione), immagini fantasma (ghost) e fasci di luce diagonali. Tutti effetti particolarmente visibili scattando in controluce. Va anche detto che in alcuni casi sono usati per creare effetti “artistici”, ma di per sé si tratta di difetti.

difetti-riflessione

Ecco perché si aggiungono lenti di alta qualità, dal profilo sottile o con riflessioni minime al fine di limitare l’inconveniente.
Nello schema superiore le lenti di questo tipo sono in azzurro (XR).

Distorsioni
Un’altra problematica è quella delle distorsioni. Le lenti sferiche utilizzate negli obiettivi hanno forme diverse, ognuna delle quali ha una specifica finalità. Negli obiettivi a focale fissa le naturali distorsioni derivanti dalla curvatura possono essere eluse con l’aggiunta di altre lenti di potere opposto. Ma quando si realizzano degli zoom, tutto diventa più complesso. In questo caso infatti correggere le diverse distorsioni che si verificano agli estremi opposti dell’escursione focale è quasi impossibile. Per questo motivo troviamo in tutti (chi più, chi meno) una certa quantità di tale difetto, che è definito a barilotto (di norma verso il grandangolo) e a cuscinetto (verso il tele). Ecco un esempio con un griglia imatest, che rende meglio l’idea rispetto ad una foto ambientata.

distorsione-obiettivi

Queste aberrazioni sono parzialmente contrastabili con una progettazione adeguata dell’obiettivo, ma non sono del tutto annullabili. Possono però essere corrette in fase di post-produzione da software come Photoshop ElementsAperture o simili. La distorsione prospettica invece non è un difetto, bensì un fenomeno normale dovuto alla geometrica ottica e per questo non correggibile. Gli obiettivi grandangolari (<35mm) generano immagini naturalmente “allungate”, in particolare verso i bordi, quanto più ridotta sia la lunghezza focale. Ciò è del tutto normale e la scelta della giusta focale per uno scatto ne deve necessariamente tenere conto. Per questo motivo il grandangolo (che ha un ampio angolo di campo) si usa nelle foto architettoniche e di paesaggio, ma non per i ritratti (a meno di un uso personale e creativo).

Definizione e contrasto
Questo è un punto piuttosto delicato che si presta anche a differenti interpretazioni. Chiaramente la definizione di un’obiettivo è direttamente legata alla qualità delle lenti e dello schema ottico. Ma quello che viene comunemente chiamato potere risolutivo è determinato anche da altri fattori. Basti pensare ad esempio che lo stesso obiettivo rende diversamente al variare della lunghezza focale e dell’apertura. Al solo titolo esemplificativo potremmo dire che genericamente la migliore resa si ottiene verso la focale intermedia (in un’obiettivo zoom) e con un’apertura di riferimento tra f5.6 ed f11. Ma ogni obiettivo ha le proprie caratteristiche e non si può avere uno schema universalmente valido. Inoltre non bisogna dimenticare che la lente è solo uno degli elementi del sistema fotografico, non necessariamente più importante di ciò che gli sta dietro e davanti. All’interno del corpo macchina c’è il famoso sensore (sostituto della pellicola nelle DSLR) il quale viene spesso catalogato in base ai megapixel. Effettivamente è piuttosto scontato che se catturiamo con lo stesso obiettivo un’immagine con 6Mpixel e poi con 16Mpixel, la seconda potrà contenere più dettagli. Ma non tutti i sensori sono uguali, così come non lo sono l’hardware ed il software che trasformano l’immagine catturata analogicamente in un file digitale. E se si scatta in formato JPG poi, la qualità viene inesorabilmente deteriorata dalla compressione di tipo lossy.

Nel titolo ho specificato gli elementi “definizione e contrasto” che non sono, come si potrebbe pensare, dei sinonimi. Il contrasto si può aggiungere anche in post-produzione al computer, restituendo la sensazione di un’immagine più nitida aumentando la differenza di luminosità dei pixel di contorno. Ma è tutt’altra cosa rispetto alla definizione fin qui discussa e che non può essere infatti incrementata successivamente allo scatto.

Lenti asferiche
Le lenti comuni hanno un profilo con una curvatura pari alla porzione di una sfera. Data la maggiore curvatura delle aree lontane dal centro, i raggi che attraversano la lente in punti esterni vengono maggiormente inclinati, cadendo in un punto leggermente diverso rispetto a quelli che passano dal centro (quindi più avanti o più dietro rispetto al piano focale). Questo naturale effetto ottico causa però una leggera perdita di definizione. Gli obiettivi asferici invece, hanno all’interno delle lenti (almeno una) con un profilo irregolare, al fine di correggere l’incidenza dei raggi che passano dai bordi e focalizzarli nel medesimo punto degli altri.
Nello schema ottico iniziale, le lenti asferiche sono segnate in rosa.

lente-asferica

Aberrazioni cromatiche
La luce visible dall’occhio umano è quella compresa tra le lunghezze d’onda dai 400 ai 700 nanometri, ovvero dal viola al rosso. La luce che attraversa la lente tende a separarsi, per la rifrazione, nelle sue singole componenti cromatiche. Nelle aree di colore bianco vi sono tutte le lunghezze d’onda e quando queste si disallineano in corrispondenza ad aree scure può capitare che vengano fuori aloni colorati. Inoltre, nella fotografia digitale, questo problema può essere accentuato da difetti del sensore e dall’elaborazione dell’immagine, causando il famoso (e tanto odiato) effetto Purple fringing (contorno viola). Questo si nota in particolare dove vi siano aree di contorno con forti contrasti (ad esempio un ramo scuro che si staglia sul cielo chiaro) specialmente in controluce.

purple-fringing

Lenti a bassa dispersione
Per questo motivo sono nate le lenti a bassa dispersione. Ogni casa ha la sua ricetta e la sua sigla. Canon ad esempio negli obiettivi di serie L (lusso) mette almeno una lente di questo tipo. E per tornare allo schema ottico del Tamron 17-50 f2.8 Di II VC che abbiamo analizzato finora (in cima all’articolo), le lenti LD (in verde) hanno tale caratteristica.

lente-bassa-dispersione

Vignettatura
Alla massima apertura di diaframma, ogni ottica tende a mostrare maggiormente il normale calo di luminosità che si verifica nelle zone periferiche dell’obiettivo. Di norma più l’ottica è di qualità, meno il fenomeno è visibile. Tuttavia questo si riduce chiudendo il diaframma e può essere anche parzialmente risolto in post-produzione. Avendo un’obiettivo con luminosità elevata f1.4 i migliori risultati si potrebbero ottenere tra f4 ed f8, sia per la definizione che per la vignettatura, che inizia ad essere meno vistosa. Di conseguenza avendo un obiettivo con luminosità minima di f3.5, per limitare i problemi su citati, dovremmo chiudere tra f5.6 ed f11: diaframmi che in condizioni di luce anche solo leggermente ridotte, potrebbero risultare poco adatti.

vignettatura

Luminosità
Nel famoso frullato di fotografia ho cercato di spiegare a grandi linee come usare il diaframma a secondo dei vari casi. Ma perché un obiettivo è più luminoso di un altro? Partiamo dal discorso contrario per arrivare a capirlo. Se tra la luce ed il sensore aggiungiamo altri elementi interposti (lenti), seppur semi-trasparenti questi rifletteranno una porzione di luce, riducendo di volta in volta quella che arriverà al piano focale. Ciò significa che per ottenere una maggiore luminosità si deve riuscire ad avere un numero ridotto di lenti o un’altissima qualità delle stesse (come le lenti XR nello schema Tamron mostrato).

Fisso o zoom?
Abbiamo analizzato, seppur sommariamente, quelli che possono essere i principali problemi di un’obiettivo (riflessione, distorsione, aberrazione cromatica e vignettatura) e le tecniche sviluppate per contrastarli. Per ritornare a quanto detto inizialmente confrontando obiettivi zoom e quelli a focale fissa, c’è da considerare che i secondi hanno dalla loro schemi ottici tendenzialmente più semplici e maggiori possibilità di correzione delle aberrazioni. Con un obiettivo zoom invece, il progettista non potrà certo aggirare i limiti fisici dell’ottica, pertanto si impegnerà ad ottimizzare i risultati di resa alla focale intermedia, cercando di minimizzare le perdite agli estremi. Inoltre la minor quantità di lenti rende più semplice la realizzazione di obiettivi molto veloci (sinonimo di luminosità). Difatti vetri come il Nikon 50mm f1.4 (citato in apertura) o lo spettacolare Canon 50mm f1.2L, hanno devi valori di apertura massima non equiparati da nessun obiettivo zoom per Full Frame e APS-C. E sono inoltre praticamente esenti da distorsioni. Cosa scegliere però dipenderà dalle vostre necessità. Non posso certo dirvi di comprare un corpo macchina ed accoppiare solo un’obiettivo fisso da 50mm. Ma un tempo questa era la norma e spingeva il fotografo a concentrarsi meglio sull’inquadratura e sugli altri parametri di scatto. E soprattutto a muoversi sui piedi alla ricerca del miglior punto di vista, invece che a trastullarsi con lo zoom. Quest’ultimo ha sicuramente molti vantaggi in termini di praticità, ma a mio giudizio un 35, un 50 o un 85mm fisso dovrebbe essere uno dei primi obiettivi da acquistare e scoprire.

Ciò che è più importante…
Un ultimo appunto per me fondamentale. Tutto il parlare di potere risolutivo, riduzione delle distorsioni ed aberrazioni ha il suo senso nella misura in cui si voglia migliorare la qualità finale dei propri scatti. Ma la ricerca della fotografia deve arrivare prima attraverso altre strade. La definizione di per sé è un parametro sterile e praticamente inutile se l’immagine non è in grado di comunicare. È importante tenere questo principio sempre saldo nella nostra mente e concentrarsi per prima cosa sulla foto e sull’emozione che essa deve comunicare per avere un senso. Nessuna foto è mai passata alla storia per la sua definizione.

Ci sarebbero molte altre cose da dire sulla struttura del diaframma, sul bokeh, sulla stabilizzazione, etc.. ma per oggi ci fermiamo qui. Spero che sia tutto più o meno chiaro e di non aver commesso qualche strafalcione (ogni tanto capita). Dopotutto chi vi parla è un semplice fotoamatore e nulla più.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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