Recensione: MacBook Pro 15″ 2011, quel che c’è non si vede

Non fosse stato per la SATA3 e per Thunderbolt, probabilmente vi starei scrivendo dal mio precedente MacBook Pro 2010, una macchina che mi ha dato molte soddisfazioni e nessun problema. Ma dopo solo un paio di settimane, posso dire di essere veramente contento di aver fatto questo upgrade. Nei giorni precedenti l’atteso aggiornamento, un po’ dovunque si fantasticava sulle possibili novità introdotte. Ci siamo anche divertiti ad immaginare una incarnazione con case liquid metal; consapevoli, certo, che sarebbe stato impossibile.

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Ma non abbiamo mai smesso di sottolineare l’importanza dell’architettura Sandy Bridge, spesso grazie agli ottimi approfondimenti de Il Razziatore. All’atto pratico questa nuova generazione rappresenta un upgrade che potremmo definire “intermedio” visto che l’esterno è totalmente invariato, ma non è un semplice speed-bump delle frequenze. Le novità sotto il cofano sono profonde ed iniziano dalla maggiore velocità del BUS di sistema (che influenza un po’ tutto, RAM inclusa), proseguono sul controller SATA3 da 6GB/s (velocità doppia rispetto al precedente SATAII), senza trascurare l’introduzione delle prime CPU quad core su MacBook Pro, oltretutto di serie dal 15″ base in su. E se troviamo importanti novità per i 15″ (e 17″) che già montavano processori Core ix, immaginate il balzo compiuto dai 13″ che erano rimasti ancora ai Core 2 Duo.

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Per avere un’idea concreta, pensate che i 13″ del 2010 (in particolare il base) non solo erano inferiori a molti modelli del 2009, ma addirittura vi erano tantissimi modelli da 15″ del 2008 con prestazioni migliori. Con il recente aggiornamento invece, i 13″ riacquistano giusta dignità. E la configurazione d’ingresso con Core i5 da 2,3GHz è solo di poco inferiore in quanto a potenza di calcolo (GPU a parte) rispetto al top di gamma 15″ del 2010.

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Un ottimo risultato, che se fosse stato accompagnato dalla logica trasposizione dei nuovi pannelli ad alta risoluzione dei MacBook Air 13″, avrebbe reso il piccolo Pro particolarmente appetibile anche ai professionisti con necessità di leggerezza e trasportabilità. E invece Apple ha mantenuto i display precedenti, con un’area di lavoro complessiva sovrapponibile a quella di un Air da 11″ (in verità anche leggermente inferiore). In una parola insufficiente per chi faccia uso di applicazioni Pro audio/video.

Si noti che partendo dal 17″ (azzurro) i naturali step inferiori proporzionali, sarebbero quelli del 15″ HiRes (fucsia) che invece è un’opzione a pagamento, per poi arrivare al 1440 x 900 (arancio) già presente nel MacBook Air 13″. Invece su questo scalino ci troviamo il MacBook Pro 15″ standard, mentre il 13″ ha una superficie di lavoro addirittura inferiore a quella dell’Air 11″.

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Ovviamente questo discorso non ha valore in termini assoluti, c’è chi compra il 13″ per navigare, usare applicazioni da ufficio, suite iLife, etc.. e lo troverà ampiamente sufficiente già così. Come ci potrebbe essere qualcuno che per preferenze personali o deficit visivi, trovi troppo piccoli i testi sul MacBook Air 13″ (aspettando la resolution independence) che possiede il pannello della medesima risoluzione del Pro da 15″ standard. Ma avendolo usato e testato, trovo veramente difficile immaginare che in condizioni normali via sia un solo, singolo, svantaggio, derivante dalla migliore risoluzione e consguente ampliamento dall’area di lavoro.

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Modello e configurazione
Per questi motivi mi sono visto obbligato a scegliere nuovamente il 15″. Mentre nei giorni precedenti il lancio, ipotizzando l’introduzione della nuova risoluzione (anche in opzione), mi ero illuso di poter passare al più piccolo e leggero 13″. Il modello che mi accingo a recensire è quello base con Core i7 Quad Core da 2,00GHz, al quale ho semplicemente aggiunto in CTO l’opzione del display HiRes AntiGlare (+150€) e l’SSD da 128GB (+200) per un totale di 2.099€.

A mio avviso tale configurazione, a prescindere dalla scelta che si può fare per il display, è la più equilibrata per un uso generico. Sicuramente le CPU superiori da 2,2GHz e 2,3GHz forniscono prestazioni migliori (quest’ultima con Geekbench2 segna un +20% rispetto il 2,0GHz), ma ritengo più sensato investire la differenza sul disco allo stato solido e ottenere una macchina molto più bilanciata e reattiva. Ciò non toglie che potendo spendere di più il 2,3GHz è eccezionale, ma ritorniamo sempre al mio slogan +SSD -GHz che, come potete vedere, applico in prima persona. Ha contribuito alla mia scelta anche un’altra valutazione, relativa al precedente MacBook Pro 2010 i7 2,66GHz da cui partivo (che era il top di gamma prima dell’introduzione opzionale del 2,8GHz). Se guardate nel grafico precedente i risultati ottenuti da questa macchina con CPU Dual Core i7 2,66GHz (i7-620M), noterete che è inferiore del 30% rispetto il nuovo modello base da 15″ con CPU Quad Core i7 2,00GHz (i7-2635QM). E se già mi trovavo piuttosto bene prima, il 30% in più è decisamente abbondante.

Unica riserva poteva essere il comparto grafico. La HD Graphics 3000 integrata è più che sufficiente a svolgere i compiti basilari, risparmiando batteria quando non sia necessaria la più performante soluzione grafica discreta. Anche se purtroppo OS X in configurazione dinamica (monitorato con gfxCardStatus) continua ad essere troppo incline a tirare in ballo quest’ultima, anche quando non ve n’è apparente motivazione. Nel modello base troviamo la AMD Radeon HD 6490M (benchmark), con solo 256MB di memoria (la veloce GDDR5). Tutti i modelli superiori invece sono equipaggiati con la HD 6750M (benchmark), che ha ben 1GB di RAM. Non solo: anche il precedente MacBook Pro da cui partivo aveva 512MB sulla GeForce GT 330M.

A livello prestazionale però, il confronto dei risultati ottenuti con CineBench 11.5 non è affatto male:

CineBench

Quello della scheda grafica rimane comunque un aspetto decisivo per alcuni. Allo stato attuale forse più per i giochi, ma se le GPU iniziassero finalmente ad essere meglio sfruttate la differenza potrebbe pesare maggiormente anche in ambito professionale. E chissà che novità in tal senso non arrivino proprio tra pochi giorni, vista la probabile presentazione del nuovo Final Cut.

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Per quanto riguarda lo schermo, dall’HiRes non si torna indietro. Dopo averlo usato per qualche tempo i pannelli standard da 1440 x 900 sembrano grossolani e poco definiti. Per averlo si deve personalizzare l’acquisto in CTO ed aggiungere 100€, cosa che avevo già fatto in passato. Questa volta però, non mi sono fatto influenzare dall’aspetto estetico ed ho optato per la versione antiriflesso (+50€) anche se questa comporta la perdita della cornice nera. Lo schermo lucido vivacizza i colori e il bordo scuro rende meglio per i video, ma l’antiglare è una manna dal cielo sia per l’uso in presenza di fasci luminosi (che finalmente non si specchiano sul display) che per la calibrazione colore (i rilevatori non vanno tanto d’accordo con i riflessi del vetro). Rimane strano il pensiero di dover pagare per avere qualcosa in meno, soprattutto considerando che prima dell’unibody tutti i MacBook Pro avevano lo schermo antiriflesso.

opzioni display

Finalmente posso lavorare in studio o sul tavolo della sala da pranzo senza dover cercare l’inclinazione giusta. Per non parlare poi della differenza all’aperto. Lo schermo lucido è bello e non rappresenta poi questa gran tragedia nell’uso, ma la differenza di praticità dell’antiriflesso è enorme a mio avviso. Inoltre vi dirò che, alla fin fine, lo trovo anche più bello in questo modo (forse anche solo per il cambiamento). Come nel MacBook Air si nota di più il sottile bordo nero intorno allo schermo, che serve per distanziarlo dal topcase quando è chiuso. Qualitativamente il pannello a LED rimane identico al precedente. La qualità dell’illuminazione è buona, ma quasi tutti gli esemplari presentano una dominante gialla. Nulla di allarmante, è piuttosto normale, ma per l’uso fotografico è opportuna una buona calibrazione.

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L’upgrade di RAM non l’ho fatto direttamente sul sito Apple per 2 motivi. Il primo è che con l’attuale offerta di BuyDifferent si hanno memorie sovrapponibili a meno della metà del costo e ci rimangono anche le precedenti per riutilizzarle altrove (o rivenderle?). Così come ci sono sempre le economiche crucial e kingston (queste ultime hanno buoni prezzi su ApmShop.it). Il secondo motivo che mi ha spinto a mantenere i 4GB è che la differenza di resa tra 4GB ed 8GB avendo montato un veloce SSD, si assottiglia in modo incredibile. E questi primi giorni di lavoro mi hanno confermato tale impressione (ma non escludo un upgrade a breve).

+SSD -GHZ
Veniamo ora al punto caldo: il disco. Sapete come si riconosce uno che non ha mai usato un SSD? È quello che vi dice che costa troppo e lo spazio non è sufficiente; per questo non l’hai mai provato. Intendo dire che le affermazioni in oggetto sono indiscutibilmente corrette al 100%, ma solo finché non si prova. Io stesso inizialmente ne presi uno esclusivamente a scopo di test, ma abituato da anni ed anni ad HDD del taglio di 500GB (che mi sembrava anche poco) sapevo che non avrei potuto usarlo. Ne ero assolutamente convinto. Il primo che provai (un Intel X25M-G2 da 160GB) si ruppe dopo poco tempo. Mi restituirono i soldi, ma nel frattempo presi l’ibrido Momentus XT da 500GB. Pur essendo più veloce di un normale 7200rpm, mi sembrò di tornare all’era della pietra. Non scherzo, la differenza nell’uso tra un HDD e un SSD (anche uno non all’ultimo grido) è assoluta e drastica. Impossibile non accorgersene, così come poi farne a meno. Non c’è soltanto una velocità “di picco” più o meno quadruplicata nella lettura/scrittura di file di grandi dimensioni (anche oltre ultimamente), ma parliamo di un incremento assolutamente drammatico della velocità di lettura/scrittura di piccoli blocchi casuali non sequenziali. Un HDD tradizionale raggiunge una data velocità progressivamente, ma se deve saltare da un punto all’altro repentinamente, ha bisogno di un tempo meccanico. Negli SSD tale problema è ridotto in misura drastica e operazioni come l’avvio, il lancio di applicazioni e più in generale la gestione dei file di paging/swap, subisce un incremento di velocità molto consistente. In soldoni si ottiene un tempo di reazione della macchina, in quasi tutte le operazioni, a cui non si crede finché non si prova. Per avviare il mio precedente Mac e lanciare 8 applicazioni in sequenza impiegavo oltre 4 minuti. Con un SSD SATA2 più o meno 50 sec. È solo un esempio e in un campo in cui un disco allo stato solido dà il meglio, ma credetemi se vi dico che una volta provata la differenza, troverete il modo di superare gli altri problemi. Anche cambiando un po’ le vostre abitudini di archiviazione. Abbiamo visto ad esempio che è possibile installare un secondo disco tradizionale al posto del SuperDrive per metterci i dati statici e prendere un piccolo SSD sulle 150€ per sistema operativo e applicazioni. Ma al momento ho trovato più indicata un’altra strada. Ovvero quella di spendere di più per un disco da 240GB e poi sforzarmi di utilizzare per i dati statici dischi esterni, magari dei veloci Firewire in attesa di poter mettere le mani sui primi esemplari con ThunderBolt.

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Gli SSD Apple e la SATA3
Con Sandy Bridge abbiamo il controller primario SATA3 , ma Apple ci mette dei SATA2. Si tratta di Toshiba HG Series, dischi capaci di ottime performance, soprattutto nel sequenziale. Un primo veloce confronto lo potete vedere di seguito con il Vertex 2, entrambi montati sulla SATA2 di un Mac Pro. Mentre maggiori dettagli li potete trovare nel mio test più approfondito.

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Pur rimanendo valida l’osservazione relativa al fatto che si sarebbero potuti inserire dei SATA3 sfruttando la maggiore banda di 6Gb/s, devo ammettere che bilanciando costi/benefici i risultati complessivi mi sembrano a favore di questa soluzione. In primo luogo abbiamo evidenziato di recente come una doppia banda non significa prestazioni doppie. Date un’occhiata alla recensione dell’Intel 510 series e vedrete che il salto reale e percepibile non è affatto così importante. Inoltre il costo per un 128GB partendo dalla base di 15″ è di +200€, per cui più o meno in linea con quelli after market di pari capienza (è anche vero che sostituendolo noi possiamo tenere l’HDD e riusarlo, ma il valore è veramente minimo). Per il 256GB il prezzo purtroppo lievita a +600€ e i dubbi aumentano perché in quel caso un drive di pari dimensioni e qualità simile si compra risparmiando 200€ (vedi ad es. Crucial C300). In tutti i casi c’è un’ulteriore considerazione da fare che riguarda il famoso TRIM. Purtroppo è un terreno questo dove fare una valutazione è veramente difficile, ma pur avendo molti SSD un buon Garbage Collector, sapere che in Lion (e magari anche in una futura release di Snow Leopard) potremmo vedere esclusa tale funzione non avendo un SSD montato da Apple, potrebbe incidere ulteriormente sulla scelta. Ritengo che finché si tratta del 128GB sia più conveniente metterlo in CTO, se volete invece ad un 256GB potrebbe essere opportuno pensarci meglio. Ma rimane una scelta personale e non possiamo prevedere al 100% cosa farà Apple. Magari poi il TRIM ci sarà su tutti o, peggio ancora, nella release definitiva potrebbe sparire.

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La batteria
Si sa che uno dei vantaggi degli SSD è anche la migliore efficienza energetica. Ma usando lo stesso identico disco nel MacBook Pro 2010 i7 2,66GHz ed ora in questo i7 2,00GHz, noto un netto miglioramento della durata. Probabilmente merito della minore frequenza di esercizio o di un’ottimizzazione generale delle risorse dovuta anche alla diversa architettura, ma complessivamente ho riscontrato un 15% di durata in più rispetto al precedente Mac. Insomma mi è capitato più di una volta di raggiungere le 6 ore con uso minimo in WiFi. Di contro spremendo CPU e GPU, 2 ore possono essere sufficienti per un ko tecnico. Risultati sicuramente variabili, ma di sicuro già dal primo giorno ho riscontrato una durata migliore.

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La sorpresa dietro un’icona: Thunderbolt
Qual è l’unico modo per distinguere esternamente un MacBook Pro 2011 da uno del 2010? Facile, basta guardare l’icona a destra della Firewire 800. La porta è strutturalmente identica, ma ora vi è raffigurato un fulmine, simbolo del nuovo standard Intel. Questo è stato “aggiunto” in parallelo alla mini DisplayPort, che continua regolarmente a funzionare per l’output audio/video, ma permetterà di collegare le future periferiche e di raggiungere la ragguardevole velocità di 10Gb/s. Avete capito bene, praticamente un disco esterno potrebbe essere più veloce di uno interno su SATA3. E questo cambia radicalmente le regole del gioco. Niente USB3.0 dunque, anche per “colpa” di Intel che non le ha inserite nei chipset Sandy Bridge ed avrebbero richiesto un controller separato, ma per il momento questo Thunderbolt possiamo solo sognarlo sulle pagine di Apple, Intel e Lacie. Basta vedere il Little Big Disk alimentato da due SSD Intel 510 Series in RAID (immaginate il prezzo?).

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Sicuramente di Thunderbolt ne riparleremo, ma per il momento prevedere se questo salto di fiducia si rivelerà un flop (come in parte lo è stata la ExpressCard/34) o se invece sarà un vero successo tra i professionisti al punto da arrivare a diffondersi con costi/benefici interessanti anche per il mercato mainstream, è impossibile prevederlo. Ad oggi posso solo dire che il mio Mac è più bello perché ha un fulmine tatuato (?).

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voto 4,5Conclusioni
A questo punto molti lettori si saranno stancati ed avranno cambiato pagina. Qualcun’altro sperava che avrei affrontato anche altri argomenti o più dettagliatamente, ma è impossibile analizzare ogni aspetto di questa macchina senza scrivere un trattato chilometrico. In molti ambiti dopotutto, il MacBook Pro è ormai una vecchia conoscenza. Tastiera comoda retroilluminata con tasti ad isola, ampio trackpad, altoparlanti stereo, 2 USB2.0, 1 Firewire 800, WiFi (n), Bluetooth 2.1+EDR, gigabit ethernet, SuperDrive, slot SDXC, MagSafe, sensore di luminosità.. nulla è cambiato, neanche peso e dimensioni ovviamente. Solo la iSight, ora FaceTime camera, vanta una migliore qualità video e supporta le chiamate in HD con l’omonima applicazione. Non è una macchina perfetta, come nulla può esserlo d’altronde. E ognuno potrà trovarvi differenti aspetti criticabili. Ci sono anche persone che non lo comprerebbero sol perché non ha il Blu Ray Disc (tanto per dirne una). Nel complesso però è un Mac portatile tra i più completi di sempre. Il case unibody ormai ha la sua età e, forse, un futuro aggiornamento potrebbe portare novità in tal senso. Ma questa macchina, così com’è, non ha nulla da temere. Dal design pulito in una solida scocca, alle dure prestazioni, c’è tutta lo stile e la garanzia Apple. E poi c’è l’incognita Thunderbolt, esploderà o sparirà? Personalmente è il MacBook Pro che mi ha soddisfatto di più fino ad ora e l’unico rammarico non riguarda lui, ma il piccolo fratellino da 13″, che con un display HiRes sarebbe stato oggi sulla mia scrivania al posto di questo che, abituati ad iPad e MacBook Air 11″, sembra ormai essere un bestione d’altri tempi.

Costi
Che sia per il case unibody in alluminio, la CPU, il grande trackpad multitouch, il pannello a led o solo per quella mela accesa sul retro, non si può che constatare che il MacBook Pro sia costoso. Come lo era il precedente modello, quello ancora prima e via dicendo. Si superano facilmente le 2000€ per il 15″ aggiungendo un paio di opzioni, oppure salendo verso le configurazioni con CPU/GPU più performanti.

PRO
Il design unibody per quanto abbia ormai qualche anno, conserva le sue qualità strutturali
Con il Display HiRes, specie se antiriflesso, lo spazio di lavoro è molto più ampio e confortevole
Le prestazioni del modello base da 15″ equiparano quelle di un Mac Pro con Xeon 2.8GHz Quad Core
Migliorata la resa in durata delle batteria (anche se raggiungere le 7 ore sembrano impossibili)
Doppia scheda grafica per ottimizzare consumi e risorse
Finalmente la SATA3 per sfruttare i nuovi e più veloci SSD del mercato

CONTRO
Il prezzo continua ad essere quello di sempre: alto

DA CONSIDERARE
Non ci sono USB3.0, ma la porta Thunderbolt è teoricamente migliore (per ora è solo una promessa…)

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Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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