“Gratis” è bello.

Ogni volta che scopriamo una promozione grazie alla quale un’applicazione che ci piace diventa gratuita per un tempo limitato gioiamo e siamo felici. Non potrebbe essere altrimenti: per quanto un software possa costare poco, niente batte “gratis”. Ancora meglio è quando un buon programma non costa nulla di per sé, magari perché open-source. Ammiriamo lo sforzo del suo sviluppatore e corriamo a scaricarlo.

gratis

L’open-source prospera. Ci sono decine di distribuzioni Linux liberamente scaricabili e alcune di esse sono prodotti notevoli — prima fra tutte Ubuntu. Guardando “in casa nostra”, possiamo notare come sebbene le applicazioni su Mac OS X siano spesso a pagamento, esistono delle eccezioni a questa regola non scritta: QuickSilver non costa niente, così come Alfred, Fluid, e tantissime altre.

Perché alcuni software sono a pagamento e altri no? Le ragioni sono molteplici, ma principalmente:

1. Se dietro ad un programma c’è un’azienda questa ha bisogno di soldi per sopravvivere, quindi venderà il suo prodotto — a meno che essa non tragga i propri profitti dal “customer care”, in tal caso può rilasciare il suo programma gratuitamente. Stesso ragionamento è applicabile in caso di privati e non aziende.

2. Se l’applicazione è sviluppata nei ritagli di tempo da una sola persona, la maggior parte delle volte essa sarà disponibile gratuitamente su internet. Prima del Mac App Store non c’era un modo facile e indolore per vendere software su internet, così molti individui decidevano che non valeva la pena gestire complesse soluzioni di e-commerce per guadagnare due spiccioli.

“Gratis” è bello. Ma è davvero tutto rose e fiori come sembra?

Cosa succede quando uno sviluppatore non ha più tempo per continuare a supportare e scrivere un programma gratuito? Nel novanta per cento dei casi il progetto è lasciato a se stesso e lentamente scompare. Esistono eccezioni (vedi la recente rinascita di QuickSilver), ma la realtà dei fatti è una e una sola: le applicazioni gratuite hanno una durata media di vita di pochi anni, nel migliore dei casi.

Nonostante in passato sia stato un geek che provava decine di appliczioni diverse al giorno, negli ultimi tempi ho deciso di usare sempre le stesse. I vantaggi sono molteplici: posso imparare a conoscere a fondo i miei strumenti, non ho bisogno di “studiare” nuove scorciatoie da tastiera ogni tre giorni, il mio flusso di lavoro è molto più veloce e solido. Sono così diventato restio a fidarmi delle applicazioni gratuite. Purtroppo non ho la certezza che durino per più di qualche anno, e visto che uso decine di software per compiti diversi non mi posso permettere di perdere tempo a diventare bravo a usarne uno nuovo ogni due-tre mesi. Devo studiare, devo scrivere, devo vivere; gli strumenti devono essere parte del background (sottofondo), non parte “attiva” della mia vita.

Come avrete capito non mi piacciono (più di tanto) le applicazioni gratuite, non mi danno la sicurezza di cui ho bisogno. Molti di voi potranno obiettare che anche tanti prodotti a pagamento fanno una fine simile a quelli gratuiti, be’, avete ragione, ma in parte. Mentre nel mondo del gratuito sono la maggioranza dei programmi a “morire lentamente”, nel mondo commerciale sono la minoranza. The Omni Group, sviluppatori di Omnifocus, vende le proprie creazioni da decine di anni. La suite Office di Microsoft è venduta da tanti anni quanti ne ho io (approssimativamente). Gli esempi sono innumerevoli, e non voglio tediarvi con una lunga lista.

Nelle ultime settimane ho letto spesso Maurizio “lamentarsi” per applicazioni diventate a pagamento dal momento in cui sono state disponibili sul Mac App Store. Capisco i suoi sentimenti, ma non sono d’accordo. Certo, un mondo in cui non dovessimo pagare niente sarebbe meraviglioso; ma se posso assicurarmi la sopravvivenza di un programma per molti anni sborsando qualche spicciolo, allora sono contento di pagare.

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