Riuscirà Apple a ristabilire la riservatezza sui suoi progetti?

È l’anno 2007: ThinkSecret riesce a pubblicare un importante rumor riguardo certi segreti di Apple. Il sito è uno delle più famose fonti di leak riguardo i prodotti e le strategie dell’azienda di Cupertino e fino ad adesso l’ha fatta franca, ma stavolta è andato troppo oltre. Apple gli fa causa e riesce a farlo chiudere.

Erano altri tempi. Nonostante anche allora Apple fosse una grande azienda, non era ancora la big che conosciamo oggi, la seconda al mondo per capitalizzazione con più di sessanta miliardi di dollari liquidi. E fino a quel momento, oltre al più famoso “Think Different”, c’era un altro particolare che la contraddistingueva: la segretezza.

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Le somiglianze della cultura della riservatezza di Apple col capolavoro di Fincher erano notevoli. Difficilmente si verificava una fuga di notizie e quelle poche che avvenivano erano spesso riconducibili ad astuti meccanismi di marketing — del più economico, visto che era gratuito.

Ultimamente le cose stanno cambiando. Apple è una azienda molto più grande rispetto al passato e questo determina vari svantaggi, tra i quali la necessità di delocalizzare sempre più grandi fette di produzione di componenti dei prodotti all’estero e soprattutto in Cina.

Apple adotta da sempre alcune accortezze per evitare fughe di notizie: più è importante il valore strategico di un prodotto, più è basso il numero di persone che sono a conoscenza del suo sviluppo e che ci lavorano. Ma quando un’azienda è costretta ad ingrandirsi le conseguenze sono pesanti. Un numero maggiore di occhi può posarsi su segreti commerciali e, come si sa, il cammino da questi alla bocca è breve — fin troppo. Il meccanismo di produzione è meno sicuro e nascondere qualcosa è sempre più difficile.

È notizia di questi giorni che tre dipendenti della Foxconn, l’azienda cinese che produce parte delle componenti dei prodotti Apple, sono stati arrestati perché ritenuti colpevoli della fuga di notizie riguardanti l’iPad 2 (recensione). Come quello del 2007, anche questo è un gesto forte che pone le basi per la politica futura riguardo queste questioni delicate. Apple non accetta talpe o spie tra i suoi (diretti e indiretti) dipendenti.

Viene da chiedersi il perché del gesto. Punirne alcuni per educarli tutti? Non è facile capire se questa mossa avrà reali conseguenze anche sugli altri dipendenti — e più in generale su tutto ciò che ruota attorno al mondo della Apple, ma è innegabile che sia un chiaro segno. Apple sa che l’equilibrio è rotto e vuole ripristinarlo, costi quel che costi.

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