La musica liquida viene acquistata o noleggiata direttamente nella sua forma digitale e arriva alle nostre orecchie indipendentemente dalla sua forma fisica. Negli ultimi anni si sono moltiplicati i servizi attraverso i quali è fruibile, ovviamente in misura minore nella nostra tardiva e restrittiva Italia rispetto al resto del mondo moderno e “digitalizzato”. Da noi troppo spesso musica è sinonimo di pirateria e i pochi validi servizi di streaming non sono adeguatamente conosciuti ed usati. Quando si cerca un brano, troppo alta è la tentazione di pescarlo nei torrenti del web. Io stesso più di una volta ho seguito questa scorciatoia.

Il problema della pirateria musicale poggia le radici non tanto sull’inciviltà del privato quanto sull’incapacità dell’industria di fornire servizi e strumenti migliori. Inutile fare spot contro la pirateria musicale quando poi sui servizi leciti e legali si ottengono a caro prezzo le stesse tracce reperibili ovunque e, spesso, in qualità migliore. Inoltre limitazioni come quella del DRM, speriamo prossima al tramonto, hanno reso decisamente poco chiaro il principio di acquisto dei brani, per i quali l’uso viene fortemente limitato.

Non è mia intenzione inneggiare alla pirateria, ovviamente, quanto sottolineare che le strade per ridurla esistono già e basta solo avere il coraggio di percorrerle.

Chi segue questo mondo sa bene che le funzioni previste da Apple per il prossimo iCloud non sono importanti in quanto novità assolute, piuttosto perché rendono finalmente più ampie le possibilità di ascolto della propria libreria musicale. Per essere precisi direi forse più accessibile. Scarichi un brano e te lo trovi nella tua bella nuvoletta, pronto per essere ascoltato da ognuno dei dispositivi compatibili con iCloud. Ho già sottolineato che non si tratta di novità assolute ma quando c’è in gioco Apple ed il più grande store di musica digitale, le cose diventano automaticamente importanti. Inoltre, chissà perché, qualsiasi cosa arrivi da Cupertino appare semplice e comprensibile agli utenti fin da principio, diversamente da quanto accade con altri “big” dalla comunicazione vacillante.

icloud

Non si può sperare che la voglia di legalità scaturisca autonomamente nell’utente privato semplicemente perché “è giusto cosi”. Aziende come Apple lo hanno capito e puntano a far maturare lo stimolo a fare le cose in regola fornendo servizi, qualità e semplicità. Dopotutto è quanto già accaduto in passato con iTunes Store per la musica ed App Store per il software: prima degli iDevice c’erano i classici smartphone o pocketpc, dove installare un’applicazione era un’operazione tutt’altro che semplice ed economica e la pirateria in questo settore era predominante, oggi si possono comprare app di navigazione satellitare — giusto per fare un esempio — a pochi euro, avendo velocemente e del tutto semplicemente una funzione utilissima su iPhone ed iPad che vale decisamente i soldi spesi. E più aumentano i servizi e migliora la fruibilità delle funzioni, meno sono i dispositivi su cui gli utenti eseguono il jailbreak che con iOS5 potrebbe ridursi, quasi esclusivamente, ad una porta per il software pirata.

Vedo iCloud non tanto come storage remoto, piuttosto come un tassello importante per completare l’ecosistema di servizi Apple volto ad attirare ed incernierare il consumatore negli ingranaggi di acquisto e fruizione legale di contenuti digitali. Mi chiedo se per gli utenti Apple ancora inclini alla pirateria musicale la praticità di iCloud rappresenterà uno stimolo sufficiente.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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