SaggeLettere: Glenn Gould, Steve Jobs e il marketing

Qualche giorno fa il nostro utente Pietro D’Alessandro ci scrisse dicendo: ebbene sì, anche io sono un melomane. Oggi, a distanza di qualche giorno dalle dimissioni effettive di Jobs da CEO Apple, ci propone una nuova stuzzicante riflessione. Tutto nasce dal parallelismo con un altro irriducibile genio come quello del pianista Glenn Gould. Ma il vero fulcro di tutto è una domanda: Apple è frutto del marketing o è questo ad essere figlio di Jobs e della sua rinomata ossessione per la qualità?

Che strana associazione quella del titolo. Che c’entra, vi starete chiedendo, il grande pianista canadese con Steve Jobs? La mia finalità è quella di contestare il luogo comune secondo cui “Steve Jobs è un genio del marketing ed ha determinato il successo di Apple” oppure “a Cupertino sono straordinariamente abili nel marketing”. Io affermo, più semplicemente, che la chiave del successo di Apple dipende dal carattere ossessivo/maniacale del suo fondatore Steve Jobs e che il marketing è solo secondario.

Quando l’ossessione è abbinata al talento si possono raggiungere risultati straordinari, esattamente come nel caso di Glenn Gould. Per chi non lo conoscesse, era un grandissimo pianista nato a Toronto che aveva una fissazione per le Variazioni Goldberg opera BWV 988 di J.S. Bach. Mi risulta ne abbia fatto almeno tre registrazioni, l’ultima delle quali è un capolavoro assoluto di ogni tempo ed arte. Pensate al risultato della somma di due geni: Bach e Gould. Assolutamente imperdibile. Per capire meglio il soggetto di cui stiamo parlando, godetevi questo vecchissimo video su youtube:

Non vi sembra totalmente preso da quello che fa? Per il disco del 1981, lavorando su alcune variazioni della durata media di un minuto, ha voluto assemblare parti di più registrazioni dello stesso pezzo per arrivare, cito le sue parole,  “più vicino all’interpretazione perfetta”.

Gould mi fa pensare a Jobs per molti versi. Ci sono tantissime storie che ci ricordano anche la sua ossessione per la perfezione. So, ad esempio, che ha fato impazzire i suoi collaboratori per mesi perché voleva che i cavi degli auricolari degli iPod fossero morbidi e vellutati come li aveva in mente. Oppure che fece ricercare una variante di beige unica per i primi Macintosh e che gli angoli dello chassis dovevano ricordare le Mercedes di quegli anni. Anche i suoi Keynote, che appaiono naturali e semplici, sono frutto di una meticolosa preparazione. E questi sono solo alcuni esempi.

Noi “normali” possiamo solo invidiare persone simili, i cui talenti sono abbinati ad ossessioni indelebili producendo risultati straordinari. La mia tesi provocatoria è che i miracoli di marketing con Apple non c’entrano niente. Una definizione accademica di marketing ci dice che significa “creare e comunicare differenze percepibili dai clienti in modo remunerativo per l’azienda”. Apple condivide il DNA di Steve Jobs ed è questo il motivo del suo successo: la ricerca ossessiva della perfezione. L’innovazione, l’estetica e la qualità dei prodotti, spesso finiti in esposizione come opere d’arte, sono frutto delle manie di Jobs. Così come le pubblicità, elegante e semplice, e lo stesso packaging dei prodotti, dal quale si evince finanche cura ed attenzione per l’esperienza di “spacchettamento” dell’utente.

Noi restiamo affascinati da questa Arte. Ne siamo sedotti. E non si tratta quindi di marketing del payoff, del tipo: “dove c’è Barilla c’è casa” ma poi la pasta è uguale a tutte le altre. Quella di Apple è una pasta davvero unica e noi che ce ne rendiamo conto decretiamo il successo dei suoi prodotti. Questo mi ricorda ciò che mi disse un direttore di produzione canzonando i suoi colleghi di marketing e sales: “i nostri prodotti sono fatti così bene che si vendono da soli”. È questa la magia di Apple, non quella del marketing. La segretezza sui nuovi prodotti, il fenomeno dei rumors, il gran parlare intorno ad ogni mossa di Cupertino sono effetti collaterali della filosofia ossessiva di Jobs, divenuta ormai parte integrante della cultura aziendale.

Chissà se Tim Cook, in qualità di nuovo CEO Apple, si dimostrerà abbastanza “maniaco” da continuare a mantenere in futuro l’eccezionalità dei prodotti Apple.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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