La prossima rivoluzione che stavamo aspettando

La domenica ha come un sapore diverso rispetto tutti gli altri giorni. Sempre più spesso andando avanti con l’età, diventa il respiro preso primo di iniziare una nuova settimana di impegni. Mi capita di frequente, in quelle 24 ore, di distogliere lo sguardo dalla tecnologia pura e semplice per osservare tutto in una prospettiva più umana. Di chi vi scrive sapete relativamente poco, ad eccezione di quello che traspare quotidianamente su queste pagine. Ad esempio non ho mai detto come sono arrivato, dopo lunga convivenza con i computer, ad approdare su Apple e i Mac. Non che questo influisca in qualche misura sull’attività di SaggiaMente ma penso che, in questa calma domenica, ci possiamo concedere un attimo di pausa. Per la verità la data 11/09 è decisamente più importante di questo ma volutamente evitiamo di intraprendere un dibattito su argomenti che, per quanto ci tocchino ugualmente tutti, trascendo dalla natura del nostro piccolo blog.

Il mio percorso non sarà probabilmente troppo diverso da tanti altri e personalmente tendo a ricondurre ogni scelta nell’ambito informatico ad una semplice domanda: cos’è per noi la tecnologia?

Tralasciando il sapere enciclopedico, spesso viene considerata come qualcosa capace di migliorare o semplificare la nostra vita. Con un approccio più filosofico però, la tecnologia può essere vista come l’emblema dei limiti dell’essere umano. Ogni scoperta, innovazione o traguardo raggiunto, in fondo non fa altro che ricordarci che c’è una soglia oltre la quale non riusciamo a spingerci. La scienza, nel senso più ampio del termine, studia la natura e risponde alle nostre necessità, ma non può svelare nessuno dei principalli misteri della vita. Almeno per ora diranno alcuni… Però è innegabile che dietro ogni scoperta della scienza si celino ulteriori domande. Ciò spiegherebbe anche perché vi sono moltissimi illustri scienziati che dopo anni di ricerca finiscono per abbracciare un credo religioso. Ma non guardate me, io sono ateo grazie a Dio, come disse Luis Buñuel.

Comunque questo che può sembrare un pensiero negativo, in realtà rivaluta la posizione del pensiero umano, riconferendogli il ruolo centrale che dovrebbe avere. Ecco perché credo senza mezze misure nella validità dell’affermazione che vede la tecnologia asservita all’uomo. E non il contrario.

Nella vostra vita vi sarà capitato e vi capiterà di ascoltare la voce di professori, dottori e persone illustri e qualificate. Mentre chi vi parla oggi è sostanzialmente un ciarlatano. Uno che non ha mai seguito un corso di studi per nessuna delle attività che esercita nella propria vita. Programmazione, grafica, fotografia, musica… sono solo parole senza la passione che le alimenta. Se pensate all’informatica, alla sua evoluzione ed al significato esteso che ha assunto in pochissimi decenni, la società ci dice che per applicarla è necessario un lungo periodo di addestramento. Anche quando comprate una lavatrice o un microonde trovate allegato un bel manuale con le istruzioni ed un avviso che recita più o meno così: leggere attentamente il manuale prima dell’uso.

Ma se un dottorato è e sarà sempre neccessario per progettare e realizzare gli strumenti tecnologici e informatici, la stessa cosa non deve valere per adoperarli. Quando ho iniziato ad aver a che fare con i computer — e credetemi se vi dico che che parlo di molto tempo fa —, gli schermi avevano un solo colore e ogni istruzione doveva essere impartita tramite la scrittura di comandi, rendendo quindi necessaria un’alfabetizzazione iniziale. Dopo tanti anni l’approccio è profondamente mutato e grazie ad Apple ed alla sua visione, abbiamo inziato ad utilizzare delle interfacce grafiche amichevoli ed appreso la metafora di scrivania, icone e finestre controllate con il famoso “topo”: il mouse. Da lì in poi e fino ad oggi, il paradigma legato al computer è rimasto sostanzialmente immutato. Si è evoluto certo, ma il modello di interazione uomo-macchina non ha subito alcun cambiamento. Per fare riferimento al più diffuso (e non per questo migliore) mondo Microsoft, tra le varie versioni di Windows, compresa la più recente 7 (Seven), non è cambiato nulla nella sostanza, abbiamo assistito solo a lunghe fasi di perfezionamento del codice e miglioramento dell’interfaccia. Gli strumenti però, rimangono sempre gli stessi.

Quando nacquero i primi Personal Computer la maggior parte della società, capitanata dai ben pensanti, semplicemente li snobbava. Ed era facile sentire frasi del tipo “a chi mai servirà un calcolatore in casa”?  Il seguito della storia lo conoscete tutti e ripensando oggi a quelle persone, sembrano un po’ gli scettici che non credevano che la terra fosse rotonda. E anche dietro il primo passo verso un computer accessibile, ritroviamo la stessa azienda: Apple. Oggi però il concetto di computer come lo conosciamo è prossimo al pensionamento. Sono anni che si cerca di superare sia l’approccio visuale di icone, finestre e scrivania, che quello strumentale con tastiera e mouse. E finalmente qualcosa si muove.

Ma ancora una volta si incontrano resistenze. Quelle di chi sembra non credere che sia possibile un nuovo passo verso la semplificazione degli apparati informatici. Personalmente dopo aver passato metà della mia vita a studiare e capire i computer, sono giunto alla conclusione che ciò non dovrebbe essere necessario e che l’informatica dovrebbe dimostrare di poter essere più semplice di così, diretta ed intuitiva, anche a costo di sacrificare qualche complessa funzione. In effetti guardando a quello che attualmente è l’unico strumento capace di proporre un’approccio nuovo e semplice, cioè l’iPad, non si può non ammettere che abbia numerose limitazioni rispetto ad un computer “completo”.

iPad

Ma non dobbiamo perdere la nostra capacità di pensare in grande e di riconoscere il futuro quando lo incontriamo. Inoltre il fatto che ancora una volta l’innovazione venga guidata dalla stessa azienda che ci ha portato prima i moderni computer e poi i sistemi operativi visuali (anch’essi considerati dai primi informatici inutili e poco produttivi rispetto la linea di comando) dovrebbe dirci qualcosa. I computer che conosciamo oggi continueranno ad esistere per molto tempo ma in molti aspetti della nostra vita un iPad può fornirci un’esperienza d’uso più coinvoltgente e diretta, nonché una fruizione di contenuti estremamente più semplice. Il manuale di un iPad (e per la verità anche quello degli altri computer Apple) è composto di pochissime pagine. Giusto quelle necessarie a comprendere come accendere, interagire e ricaricare. Tutto il resto si presuppone, a giusta ragione, che possa essere appreso direttamente con l’uso. È questa la chiave di lettura che devono avere i computer nel prossimo futuro. È questa la prossima rivoluzione che stavamo aspettando. Ed è già accessibile, anche se non del tutto matura.

Ritorna dunque il pensiero iniziale: tecnologia al servizio dell’uomo. Tecnologia facile da usare, che non richiede apprendimento o manutenzione, ma che ci aiuta semplicemente ad ottenere un risultato. Questo dovrebbe essere oggi un computer, ma chiunque usi Windows è abituato a tutt’altro registro. Parole come antivirus o più precisamente worm, spyware, keylogger, o ancora formattazione, deframmentazione, installazione, crash… sono all’ordine del giorno. Ed è questo il motivo per cui dopo essere stato per lungo tempo un Microsoft Certified Partner, ho deciso nel 2006 di passare definitivamente a sistemi Apple (dopo una precedente incursione nel 2003 con un iMac). Non ne faccio una questione di principio e neanche escludo di poter cambiare nuovamente in seguito. Ho fatto quello che a mio avviso chiunque dovrebbe fare, ovvero scegliere una piattaforma più completa, semplice e produttiva.

Questo è il mio percorso. Questi i pensieri che spingono la mia passione informatica. Questo è il nostro blog.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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