Chromebook e Google TV non attecchiscono: strategie da rivedere a Mountain View?

La percezione che di solito abbiamo di Google è quella di una azienda profittevole, di successo, capace di tirare fuori il coniglio dal cilindro in qualsiasi settore si butti. L’ha dimostrato con il motore di ricerca nei suoi primi anni, l’ha dimostrato con GMail a metà dello scorso decennio e poi di nuovo con Android nei tempi più recenti. Ma non sempre Google è sinonimo di successo. Pensiamo a Wave e Buzz, due dei tentativi fatti dall’azienda di Mountain View per entrare nel settore dei social network: sono stati praticamente chiusi nell’indifferenza generale. Chi scrive l’articolo fu, o meglio tentò di essere, tra i primi utenti di Wave: qualcosa di tremendamente complicato, nonostante le potenzialità che aveva. Non ha stupito più di tanto vederlo soppresso dopo alcuni mesi di tentativi. Nel 2011 Google ha spinto due servizi su cui contava di fare affidamento per espandere ulteriormente la sua presenza sul mercato: Chrome OS, con i Chromebook, e Google TV. I risultati finora raccolti? Modesti. Alquanto modesti.

Dei Chromebook ci ha ricordato oggi Tom’s Hardware Italia, non certamente in modo positivo. L’azienda di Eric Schmidt, infatti, sta tentando di convincere i produttori asiatici di PC, tra i primi ad appoggiare Chrome OS, a proseguire nell’avventura. Un’opera di convincimento che però dovrà essere alquanto buona: Acer ha riportato ad oggi appena 5.000 Chromebook venduti, mentre Samsung sembra aver fatto addirittura di meno, pur non essendo presenti dati più precisi. Del resto, i prezzi dei device sono alquanto alti, sconvenienti per quanto possono fare anche rispetto alla non proprio grandiosa edizione Starter di Windows 7, la quale è ritrovabile anche in netbook sotto i 200 €. Fatti sicuramente allarmanti, che per aziende costantemente alla ricerca del profitto come Acer e Samsung fanno vacillare riguardo alla loro partecipazione in Chrome OS.

Logitech, invece, non ha avuto alcun dubbio per quanto riguarda la Google TV, come riporta Macrumors: fine della storia. Il Revue, un set-top-box direttamente concorrente della Apple TV, avrebbe dovuto rappresentare per Logitech e Google l’inizio di una lunga e fruttuosa collaborazione. Proprio la famosa azienda produttrice di hardware era stata in prima linea al lancio della nuova piattaforma, basata su Android e, negli obiettivi iniziali, in grado di portare una ricca esperienza multimediale anche sul televisore di casa. Purtroppo gli obiettivi di partenza non sono stati del tutto rispettati, con la parte software rimasta per troppo tempo inferiore a quanto preventivato: solo a fine ottobre è iniziata la distribuzione della nuova versione 2.0 della piattaforma, dotata di accesso all’Android Market. Aggiungendo a questo ritardo l’esplosione di altre piattaforme multimediali come quella di Samsung, che proprio in Italia ha buoni numeri di vendita, appare un quadro per nulla roseo della situazione. Al momento Sony, l’altro principale partner impegnato nell’avventura Google TV, continua a supportare l’azienda di Mountain View, ma il fatto che Howard Stringer parli di una piattaforma in grado addirittura di competere con quella futura di Apple, sviluppata tutta in casa, non sembra molto benaugurante per Google.

Quali possono essere le cause di questi insuccessi? Si potrebbe fare tanta di quella dietrologia, volendo, tante supposizioni, molte credibili, altre confutabili. Tuttavia non è da escludere un più semplice fatto: Google non ha capito bene come muoversi in quei mercati; ancor meglio, non ha capito i tempi in cui farlo.

Nel caso dei Chromebook, probabilmente ha pensato che il mondo fosse già maturo per una esperienza a tutto cloud, con un sistema operativo di base e il resto all’interno di un browser. A frenare però ci sono dei fattori tanto semplici da considerare quanto efficaci nel bloccare: connettività non ancora all’altezza di una esperienza totalmente cloud, prezzi troppo alti e preferenza della gente verso soluzioni che prevedano un uso anche in locale. Per il primo fattore, basti considerare che persino negli Stati Uniti, visti come un esempio di avanzamento tecnologico, le zone che ancora vanno a 56K e sul lato mobile dispongono al massimo del GPRS non sono proprio poche: impossibile affidarsi a quei casi a un sistema operativo tutto online. Se non ci pensano i problemi di connettività, sono i costi a frenare: arrivare a 400-500 € per un prodotto che fondamentalmente ha lo stesso Atom di un qualsiasi netbook anche della metà di quella cifra, avendo pure meno dato che i Chromebook basano tutto sullo storage remoto, non invogliano l’acquirente. Se fossero stati posti a 200 €, dunque con prezzi competitivi rispetto ai netbook con Windows 7 Starter, sicuramente non parleremmo di appena 5.000 unità, ma un po’ di più. Il terzo fattore, però, rimane il più importante di tutti: quasi nessuno è ancora pronto ad abbandonare l’uso di file e applicazioni in locale per affidarsi completamente a un server remoto. Chrome OS, allo stato attuale, è considerato meno flessibile di una qualsiasi distribuzione Linux e, in proporzione, addirittura del “cugino” Android. Senza contare poi il fatto che basta installare Chrome come browser su un sistema operativo preesistente per godere dei vantaggi sia delle applicazioni cloud sia di quelle in locale. In sostanza, è anche l’essere un browser multipiattaforma a bloccare le ambizioni di Chrome come sistema operativo.

Per la Google TV il discorso è diverso, ma pure qui c’è di fondo una infelice tempistica. Si è partiti con buone intenzioni, ma nei fatti la partenza è stata un po’ falsata. Nel frattempo, i concorrenti principali hanno risposto, colmando molte mancanze iniziali del progetto di Google e rendendo più dura la sua presenza su questo mercato. Probabilmente, neanche a Mountain View si aspettavano che Samsung e LG lavorassero così forte per creare piattaforme multimediali proprietarie, ma appunto perché la concorrenza combatte tenacemente bisogna rispondere in modo adeguato. La reazione di Google, invece, è stata davvero lenta, mesi tra l’annuncio e il rilascio effettivo della versione 2.0, facendo pagare lo scotto di ciò a Logitech e Sony, le quali si trovano vendite molto al di sotto delle aspettative.

Insomma, potremmo concludere il tutto affermando come Google, in fondo, è una “mortale”. Come tutti compie errori e paga gli sbagli. La capacità principale che però ha l’azienda di Page, Brin e Schmidt è quella di saper imparare la lezione. Con Google+, ad esempio, non ha ripetuto gli errori che hanno flagellato Wave e Buzz: non si può parlare di un successone magari nelle misure in cui avrebbero voluto sin da subito, ma certamente in pochi mesi di vita ha preso la sua fetta di pubblico nel settore dei social network. Chissà se saprà riprendere le redini anche dei Chromebook e di Google TV, rimediando ai passi falsi: terremo d’occhio gli sviluppi.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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