Anche AirFloat rimossa da App Store: Apple stringe sulle API private

Dopo l’eliminazione dallo store di AirFoil, oggi Apple cancella dal proprio catalogo AirFloat, un’app che svolgeva più o meno i suoi stessi compiti, permettendo di trasformare il proprio iDevice in un ricevitore di musica in streaming via AirPlay.

Pur continuando a pensare che forse in iOS 6 vedremo una funzionalità simile, John Gruber su Daring Fireball prova a dare una spiegazione più realista e in termini legali: le due app in oggetto utilizzavano API provate per poter ricevere il segnale audio da altri dispositivi, visto che Apple non fornisce alcuna indicazione per implementare tale funzionalità.

L’accordo che Cupertino sottoscrive con gli sviluppatori prevede che le app che utilizzano API private e, quindi, non ufficialmente documentate, vengano eliminate o non accettate su App Store.
Ricordo, però, quando Google nel 2007 (quando Android non era ancora nato) rilasciò la sua prima app per la ricerca per iOS, integrando una funzione di vocal search a-là Siri, che si attivava semplicemente portando il telefono all’orecchio: l’API che permetteva lo sfruttamento del sensore di prossimità era, all’epoca dei fatti, privata, eppure l’app di Google non fu mai rimossa dallo Store: a volte l’essere un colosso dell’informatica amico di chi decide se un software possa essere installato o no ha i suoi vantaggi.

Elio Franco

Editor - Sono un avvocato esperto in diritto delle nuove tecnologie, codice dell'amministrazione digitale, privacy e sicurezza informatica. Mi piace esplorare i nuovi rami del diritto che nascono in seguito all'evoluzione tecnologica. Patito di videogiochi, ne ho una pila ancora da finire per mancanza di tempo.

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