Apple si tira fuori dall’EPEAT. Anzi, no

In questo sabato di luglio, tanto limpido quanto caldo, ci giunge la notizia che dovrebbe mettere fine alla questione che, negli ultimi giorni, ha coinvolto Apple e l’EPEAT. La sigla è un acronimo che sta per Electronic Product Environmental Assessment Tool, ovvero: strumento di valutazione ambientale dei prodotti elettronici. Si tratta di un registro mondiale creato per mettere in luce i produttori più attenti all’impatto ambientale per facilitare acquirenti e partner, sia pubblici che privati, che abbiano interesse nel valutare un prodotto anche in relazione a questo aspetto. Tra i principi di riferimento vi sono la semplicità di smaltimento dei componenti nei prodotti elettronici nonché la facilità di smontarli con strumenti di comune reperimento.

Ed è qui che casca l’asino, o meglio, la mela: da qualche tempo Apple predilige una particolare “compattezza” dei propri prodotti tale che sostituire un componente è divenuta un’operazione molto difficile, in alcuni casi praticamente impossibile. L’impietoso 1/10 assegnato dal team di iFixit nel teardown del MacBook Pro Retina è un’ulteriore conferma di questa tendenza: il nuovo portatile made in Cupertino è praticamente intoccabile.

Probabilmente per questo motivo, Apple aveva deciso (e comunicato ufficialmente, qualche giorno fa) di auto-escludere sè stessa ed i propri prodotti dal consorzio. Se la strada intrapresa è quella di rendere i dispositivi sempre più sottili, compatti ed integrati allora questi saranno sempre meno “riparabili” dall’utente e, di conseguenza, lontani dalle specifiche dell’EPEAT.

La decisione ha avuto delle ricadute persino in ambito politico-amministrativo: stando alla legislazione statunitense in materia di ambiente, il 95% delle attrezzature elettroniche della Pubblica Amministrazione a stelle e strisce deve essere provvista del bollino EPEAT. Pertanto, la Città di San Francisco ha fatto intendere di voler silurare Apple, dichiarando, per bocca di John Walton (Responsabile dell’Ufficio Stampa del Sindaco), che i progetti di acquisiti futuri di macchine Apple sarebbero stati riesaminati alla luce di questa mancanza. Non si sono fatte attendere le speculazioni sul caso: secondo i soliti anonimi ben informati, lo stesso governo centrale a Washington avrebbe avuto intenzione di allinearsi alla posizione di San Francisco. E, data la notizia di oggi, che vede Apple ritrattare ufficialmente la sua posizione con una lettera aperta a firma Bob Mansfield, vice presidente del reparto Hardware Engineering di Apple, siamo sicuri che quelle sulla Casa Bianca non erano poi delle ipotesi tanto campate per aria.

Apple ha, candidamente e senza troppi giri di parole, ammesso il proprio errore, dando ascolto anche a quella larga fetta di utenti che aveva criticato tale decisione, apparsa sin da subito illogica ed affrettata. Non si capiva, infatti, il motivo di ritirare dal registro tutti i prodotti, persino quelli pregressi che già rispondevano ai requisiti EPEAT (e che da oggi ritorneranno a fare capolino nel registro). Ai più, e anche a noi, era sembrata una mossa ingiustificata, soprattutto alla luce della famosa quanto sbandierata attenzione che a Cupertino hanno sempre riposto sull’impatto ambientale. Evidentemente più di qualcuno in Apple deve aver pensato di poter fare a meno di questa certificazione ma, fortunatamente per l’azienda, l’errore è stato immediatamente evidente e c’è stato margine per un tempestivo ripensamento.

L’adesione a questo genere di consorzi è una cosa positiva perché si creano degli standard di riferimento utili a tutti. Sono un bene per i produttori che possono avere delle linee guida e per i consumatori che sanno come interpretare i dati di targa dei beni che andranno ad acquistare. Se tutti remano nella medesima direzione è più facile fissare degli obiettivi e poi spostare l’asticella sempre più in su, anno dopo anno. Tuttavia, quando si uniscono gli interessi di tali potenze economiche, le ipotesi complottistiche sono sempre in agguato, con i membri che spingono per X piuttosto che per Y guardando al proprio tornaconto, con il rischio di boicottare e rendere sostanzialmente inutili queste associazioni. Ma data la delicatezza della materia in discussione, è meglio rimanere con i piedi per Terra ed evitare di credere troppo facilmente che tutto accada per via di macchinosi intrighi di potere.

Il temporaneo dietrofront di Apple ha comunque aperto un nuovo argomento di discussione con l’EPEAT. Dal momento che a Cupertino hanno da sempre a cuore sia l’ambiente che la realizzazione di prodotti belli e compatti, il CEO Robert Freesbee ha dichiarato che l’EPEAT sarà lieta di evolvere i propri standard valutativi, sia nel campo del design che in quello della sostenibilità, supportando sia l’ambiente che il mercato di quelle aziende che ricercano l’eleganza e l’innovazione anche nei prodotti elettronici ad alte prestazioni.

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