Fusion Drive: l’uovo di colombo che unisce logicamente HDD ed SSD

SSD o HDD? Chi prova i primi, difficilmente ritorna sui secondi. Almeno finché non si trova costretto. Acquistare un disco allo stato solido da 128 o 256GB oggi, non è un’impresa troppo ardua vista la riduzione dei prezzi, tuttavia non sempre questi tagli di memoria sono sufficienti e i drive da 512GB/768GB/1TB sono ancora molto costosi. Alcuni (pochi per fortuna) credono che il futuro sia dei dischi ibridi, Seagate in primis sembrava non volerli neanche produrre gli SSD “puri” sbandierando a tutto spiano la superiorità della propria linea Momentus. Noi ci siamo permessi di prenderli un po’ in giro perché “il futuro” non si può ipotizzare basandosi su fattori presenti, come il caro prezzo degli SSD. Quando la tecnologia sarà sufficientemente diffusa ed economica da affiancarsi, perché mai un utente consumer dovrebbe preferire un lento HDD meccanico ad un rapido SSD? Soprattuto guardando ad un presente in cui gli utenti cominciano a preferire le soluzioni allo stato solido anche a costi molto più elevati. Probabilmente non ci credeva neanche Seagate alla premonizione, tant’è che hanno stretto accordi con DensBits per produrre SSD e si mormorava finanche un acquisto di OCZ, una delle aziende che fin da subito ha creduto sulle potenzialità di questa nuova soluzione di storage. Come dire: ho capito di aver sbagliato e l’unico modo per recuperare terreno è affiancarmi a chi ci ha visto meglio.

Dovunque andrà il futuro, oggi sappiamo che i pochi GB su NAND Flash inseriti nei dischi ibridi sono sufficienti a migliorare solo leggermente le prestazioni degli HDD, risultando ben lontani dall’efficienza degli SSD. Questi, tuttavia, sono troppo costosi per tagli superiori ai 256GB e, da lì in poi, gli HDD offrono ancora il meglio, specie per l’archiviazione di dati più o meno statici. Da tempo consigliamo di utilizzare una piccola unità allo stato solido per il boot del sistema operativo e, dove possibile, associare un disco meccanico di grande capienza per l’archiviazione.

Lo abbiamo dimostrato molte di volte, effettuando interventi semplici sui MacBook Pro con adattatori ed anche con soluzioni più complesse smontando completamente gli iMac. Giusto per dire, semmai ce ne fosse bisogno, che non siamo tra quelli che oggi parleranno di questa tecnologia “di rimbalzo”, perché “lo dice Apple” e quindi è la cosa migliore. Anzi, ironicamente, se da Cupertino ci avessero letto già due o tre anni fa, magari sarebbero potuti arrivare al Fusion Drive con largo anticipo. Ma quando una soluzione tecnica o un servizio vengono studiati nei laboratori al n.1 di Infinite Loop, allora si presentano in pompa magna, superando quelle che erano le nostre possibili previsioni.

Nei dischi ibridi “tradizionali”, HDD ed SSD (di norma 8GB) sono uniti in un unico prodotto ed è il firmware a determinarne il funzionamento. La logica ci appare corretta, tuttavia si mostra il fianco ai fari problemi legati al firmware, stabilità, ottimizzazione. Nulla di trascendentale, c’è chi li usa da molto tempo, tuttavia quella quantità di NAND Flash impiegata per il caching garantisce un leggero miglioramento, nulla di più. Se affianchiamo due unità separate otteniamo il meglio delle due tecnologie ma si perde il caching scrivendo sull’HHD. Inoltre si dovrà passare per un fai-da-te sia a livello hardware (per i Mac non dotati di serie di due unità) che software, organizzando i propri dati nel migliore dei modi ricorrendo magari ai link simbolici (la nostra guida). Ma ecco che arriva la soluzione “alla Apple”: Fusion Drive.

FusionDrive

Due unità fisiche distinte, un SSD ed un HDD, vengono presentate all’utente come un unico volume. I dischi solidi da 128GB saranno presumibilmente i classici Toshiba e Samsung impiegati di recente, nel medesimo form factor impiegato su Air e Pro Retina, mentre gli HDD saranno nel taglio da 1TB o 3TB. Come da tradizione, Apple si è impegnata per rendere la cosa invisibile all’utente finale, il quale non si dovrà preoccupare di nulla. Non c’è una schermata di preferenze, configurazione e null’altro, sistema operativo ed app di base saranno però posizionate di default (anche con una reinstallazione dell’utente) direttamente sull’SSD, mentre i dati più statici andranno a finire sull’HDD. Un po’ come avviene con la logica presente nei dischi ibridi, una piccola porzione del veloce disco solido (presumibilmente 4GB) verrà adoperata per il caching, per cui ogni operazione di scrittura/lettura passerà prima da lì per migliorare le prestazioni. Tutto l’SSD però, sarà usato per lo swap di sistema, garantendo la medesima esperienza d’uso delle unità interamente solide. Un task in background verificherà l’uso del sistema e sposterà i dati e le app meno utilizzate sull’HDD, al fine di avere sempre spazio libero sull’SSD. Per essere più precisi, Anandtech ha chiarito che si tratta di una copia perché solo al termine dell’operazione viene cancellato il file originale. Diversamente si sarebbe potuto incorrere in qualche problema, dal momento che il tutto avviene senza alcuna evidenza per l’utente che potrebbe spegnere il computer interrompendo il processo.

È lecito attendersi un primo periodo di assestamento ma, se funziona come deve, allora questo potrebbe essere davvero l’uovo di Colombo che si stava attendendo. Attendiamo di provare con mano per esprimere le nostre consuete valutazioni tecniche ed obiettive ma ci vien da pensare che Fusion Drive possa rappresentare la soluzione ottimale per lungo tempo, almeno finché 3TB di SSD non costeranno quanto 3TB su HDD (e non sarà certo domani, né dopodomani). Se i presupposti verranno poi confermati dai test concreti, allora non abbiamo che sperare che tale soluzione venga implementata anche con i dischi da 2,5″ sui portatili, almeno sui MacBook Pro tradizionali (sempre che rimangano a listino nel prossimo futuro).

Ma quanto costa Fusion Drive? Al momento lo vediamo disponibile, in opzione, solo su Mac mini modello top di gamma (849€), dove si può passare da un HDD 1TB al Fusion Drive da ~1,1TB per 250€ aggiuntive, oppure su iMac 21,5″ top di gamma (1,579€), presumibilmente allo stesso prezzo e, infine, su tutti gli iMac 27″ (da 1,899€) dove sarà disponibile anche l’opzione del Fusion Drive da 3TB (più precisamente ~3,1TB visto che si somma lo spazio dell’SSD). I prezzi relativi alle configurazioni sugli iMac non sono noti in quanto non è ancora possibile ordinarli nel momento in cui scriviamo, per cui si evidenzia solo la possibilità di configurazione nelle schede tecniche ma non il relativo costo.

Fusion Drive si propone, almeno sulla carta, come l’ennesima prova delle capacità di Apple. L’idea non è sostanzialmente innovativa ma lo diventa quando gli si associa un nome, un logo ed una comunicazione semplice e diretta, unite ad un’utilizzo trasparente e che non necessita di manutenzione e configurazione. È successo tante volte e, fortunatamente, pare che possa succedere ancora: Boot Camp, Time Machine, Retina, Power Nap… anche questa è Apple.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

Commenti controllati Oltre a richiedere rispetto ed educazione, vi ricordiamo che tutti i commenti con un link entrano in coda di moderazione e possono passare diverse ore prima che un admin li attivi. Anche i punti senza uno spazio dopo possono essere considerati link causando lo stesso problema.