Recensione: Canon 70D, la nuova prosumer di casa per amatori e professionisti

Le Canon con sigla a due cifre sono nate per soddisfare un pubblico a cavallo tra l’amatore evoluto ed il professionista, i cosìdetti prosumer che possono apprezzare la migliore reflex APS-C del marchio e che cercano un corpo di qualità e ricco di controlli fisici. Con il tempo le cose sono cambiate, precisamente dopo la 50D, quando il segmento è stato occupato da due corpi diversi: la 7D che si è spinta maggiormente nel settore professionale e la 60D verso quello consumer. Questo nuovo scenario è rimasto immutato tutt’oggi ma la Canon 70D è un tentativo di recuperare parte di quell’utenza che non ha trovato soddisfazione nella 60D.

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Caratteristiche di base

La struttura di base rimane la stessa ma le specifiche tecniche sono migliorate per cercare di interessare i prosumer più esigenti. C’è una novità assoluta che è il Dual Pixel CMOS AF (approfondimento), il motore di messa a fuoco per ricerca di fase a 19 punti della 7D, un corpo tropicalizzato (pur non essendo in lega), una raffica più veloce, Wi-Fi e tante funzionalità evolute. La conta dei megapixel sale fino a 20 ed il processore d’immagine è il recente DIGIC 5+.

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Corpo ed ergonomia

A livello estetico sono poche le differenze tra 60D (recensione) e 70D, al punto che ad un primo sguardo si potrebbe facilmente confonderle. In realtà la struttura dei comandi si è un po’ evoluta, come vedremo più avanti, ma gli elementi di base sono i medesimi. È una tradizionale reflex dalle dimensioni generosamente proporzionate per una impugnatura comoda anche per chi ha mani grandi. Pur non avendo una struttura in lega di magnesio risulta ben assemblata, con qualche dettaglio un po’ povero come lo sportellino per la memoria. Grazie alle guarnizioni il corpo è tropicalizzato, così da resistere anche ad un po’ di polvere o acqua. Il peso è di 750 grammi compresa la batteria, praticamente in linea con la 60D.

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Display primario, secondario e Mirino

Come la maggior parte delle fotocamere prosumer, anche la 70D possiede un secondo display superiore per le informazioni di scatto. Questo risulta particolarmente utile quando si usa il mirino per inquadrare, consentendoci un utilizzo più simile all’analogico. In questa modalità si può ignorare completamente il display principale, risparmiando anche la batteria. Pur essendo leggermente più piccolo rispetto quello delle reflex di fascia alta, contiene tutte le informazioni più utili, come il metodo di avanzamento, il metering, iso, apertura, tempo, esposimetro, batteria, scatti residui, ecc.. possiede anche una retroilluminazione giallo-ambra, attivabile per qualche secondo con la pressione dell’apposito tasto con icona a forma di lampadina.

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Il display principale è completamente articolato, caratteristica in comune con la precedente 60D. La dimensione è sempre di 3″ e la risoluzione di 1 milione di punti, l’aggiunta più importante è sicuramente il touchscreen. Canon ha fatto un ottimo lavoro in tal senso perché le dita si possono usare per controllare ogni impostazione in modo comodo e con una interfaccia in live-view perfettamente ottimizzata. La stessa è stata inaugurata con la EOS M e l’abbiamo anche vista nella bella 100D (recensione) ed è una caratteristica in più perché, volendo, si possono utilizzare anche i controlli fisici. Sempre in live-view con le dita si può anche tappare sul punto da mettere a fuoco e la sensibilità è davvero ottima, come nei migliori smartphone. Grazie allo snodo laterale lo schermo può essere richiuso su sé stesso, per maggiore protezione durante il trasporto, oppure utilizzato per inquadrature dal basso e dall’alto, nonché per l’autoscatto se completamente ribaltato. La risoluzione è più che sufficiente per un’ottima riproduzione e la luminosità impostabile su 7 livelli differenti, in modo tale da ottenere una buona visione anche sotto la luce diretta. Purtroppo manca una modalità che imposti automaticamente l’illuminazione più adatta a seconda delle condizioni ambientali, per cui si dovrà agire manualmente a seconda delle necessità.

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Il mirino ha subito un’opera di rinnovo ed ora risulta molto più completo. È sempre un pentaprisma con ingrandimento dello 0,95x ma la copertura sale dal 96% al 98%, una differenza apparentemente minore ma che ci avvicina molto al 100% dell’inquadratura. Le informazioni sono abbastanza complete e di generose dimensioni, una luce rossa evidenzia il punto di messa a fuoco attivo, è visibile il metodo AF impostato ed è anche possibile avere una griglia in sovraimpressione per verificare otticamente gli allineamenti. Si tratta di un mirino migliorato su aspetti importanti e che risulta perfettamente utilizzabile anche per esigenze professionali, seppure la copertura del 100% sarebbe stata gradita.

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Menu e controllo

La struttura del menu principale è quella classica di Canon, divisa in 15 pagine ognuna delle quali riporta l’icona della sezione di appartenenza: fotocamera, live view, riproduzione, impostazioni, personalizzazione e preferiti. Tutto risulta molto chiaro e ben organizzato e si può navigare con tasti, ghiere e perfino con le dita. Nella zona posteriore ci sono dieci tasti, un pad direzionale, la ghiera secondaria e lo switch di blocco, esattamente come nella 60D. Quello che cambia è la disposizione, un po’ più razionale, nonché la presenza di un nuovo selettore per live-view/filmati che include il tasto di ripresa, esattamente come avviene sulle reflex Canon di gamma superiore, compresa la 5D Mark III. Una delle rilocazioni più intelligenti riguarda il cestino che prima si trovava in alto a sinistra mentre ora è sulla destra del display, più vicino al tasto play e al pad.

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Durante il lungo periodo di utilizzo ho potuto apprezzare una disposizione dei tasti molto razionale ed efficiente. La doppia ghiera è ben utilizzata anche per la compensazione di esposizione nei metodi semi-automatici e ci sono tasti diretti per la maggior parte delle funzioni, compreso il metodo di messa a fuoco grazie ad un tasto aggiuntivo vicino al pulsante di scatto, ereditato direttamente dalla 70D. Ci si muove agevolmente nei menu e grazie al quick menu si hanno sotto mano tutte le principali impostazioni di scatto. Gli accessi diretti per AF, Drive, ISO e Metering, tutti disposti vicino il display secondario, sono particolarmente utili, così come la possibilità di adoperare i tasti freccia per la selezione diretta del punto di messa a fuoco (attivabile da C.FnIII Impostazione 4). Sulla destra dell’obiettivo si trova un piccolo tasto per l’anteprima dell’esposizione mentre quello che in più di un’occasione ho avvertito come mancante è un pulsante diretto per il bilanciamento del bianco, il quale va impostato sempre tramite il quick menu.

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AF – Messa a fuoco

La Canon 60D aveva un motore di messa a fuoco di derivazione prettamente consumer, con soli 9 punti e delle prestazioni medio-basse. Con la 70D assistiamo ad un netto miglioramento in tal senso dal momento che questa eredita il motore AF della prosumer 7D, con 19 punti tutti a croce. La rosa è distribuita più o meno nei 2/3 centrali del frame ottenendo una copertura soddisfacente per una reflex. Non è presente una luce di assistenza alla messa a fuoco e quando non si riesce ad agganciare il soggetto vengono emessi dei rapidi lampi con il flash. Si tratta di una soluzione tipica per Canon ma che non manca di far storcere il naso quando si ha a che fare con corpi che mirano a soddisfare un’utenza particolarmente evoluta.  Per fortuna l’efficienza del motore è molto buona anche con illuminazione debole. Utilizzando obiettivi USM o STM la rapidità e la silenziosità sono davvero incredibili e si riducono leggermente in velocità solo quando c’è poca luce.

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Fin qui il miglioramento rispetto la 60D si è ottenuto riprendendo soluzioni presenti nelle fotocamere di fascia più elevata mentre c’è un aspetto per il quale la 70D inaugura una tecnologia completamente nuova. Si tratta del Dual Pixel CMOS AF che consente di utilizzare la messa a fuoco per rilevamento di fase anche in live-view. Di norma per ottenere questo risultato si sostituiscono dei pixel dell’immagine con altri destinati all’AF ma in questo caso Canon è riuscita ad utilizzare tutti i pixel del sensore per la ricerca di fase. Per ottenere questo risultato ogni pixel è stato diviso in due minuscoli fotodiodi, i quali lavorano alternativamente per ottenere quella differenza ottica che consente di calcolare esattamente il punto AF. Il concetto è qui semplificato per ragioni pratiche ma è possibile saperne di più grazie al nostro precedente articolo di approfondimento.

Dual Pixel CMOS AF

Alcuni concorrenti del segmento mirrorless hanno ormai raggiunto velocità e precisione incredibile anche con il metodo per contrasto, mentre i produttori che hanno sempre puntato sulle DSLR sono un po’ indietro in tal senso e stanno cercando di recuperare ognuno a suo modo. Canon ha ideato questa soluzione molto promettente che consente di utilizzare quasi tutto il frame per la ricerca di fase, ottenendo una messa a fuoco precisa e sufficientemente rapida anche in live-view. La velocità non è proprio il punto in cui eccelle, perché le mirrorless Panasonic ed Olympus fanno meglio, ma il vantaggio della ricerca di fase è la possibilità di conoscere la distanza del soggetto inquadrato, sapendo da principio quale direzione prendere per ottenere la corretta messa a fuoco. Il vantaggio nel campo fotografico è relativamente piccolo, principalmente nell’inseguimento dei soggetti, mentre nel video porta a risultati del tutto nuovi. Anche le più veloci mirrorless hanno spesso il difetto di sbagliare direzione nella messa a fuoco continua in live-view causando un momentaneo fuori fuoco, piuttosto fastidioso sul piano estetico. La soluzione di Canon è invece molto più precisa, ottenendo risultati esteticamente piacevoli. Con fuoco automatico nel video ci si avvicina molto alle prestazioni delle videocamere, con salti fluidi e gradevoli da osservare, ma ci sono anche dei risvolti negativi.

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Il più importante, ma forse anche l’unico, è che per ottenere questi risultati si devono utilizzare gli obiettivi STM (Stepper Motor) che allo stato attuale sono solo tre, nessuno dei quali definibile come professionale. Si tratta delle due lenti da kit, 18-55 e 18-135, e del pancake 40mm f/2,8. Al di fuori di questi tre si perde fluidità e silenziosità e i vantaggi del Dual Pixel CMOS AF vengono praticamente vanificati. Questo è un grosso limite per i prosumer che utilizzano obiettivi di alta qualità e prezzo, i quali non sono in grado di fornire i medesimi ottimi risultati di quelli STM. In sostanza per ottenere i vantaggi di questa tecnologia si devono adoperare gli obiettivi del kit, mentre anche i migliori USM offrono prestazioni notevolmente inferiori. Una bella gatta da pelare che ridefinisce i contorni di questa tecnologia rendendole utile ed applicabile quasi esclusivamente per i clienti consumer. Dopotutto i professionisti sono abituati ad utilizzare la MAF manuale anche nel video ma, viste le prestazioni, il Dual Pixel CMOS AF avrebbe potuto stuzzicare anche i loro palati. Quando si passa da un soggetto all’altro ben distinti il funzionamento è molto buono, direi quasi perfetto, mentre vacilla un po’ quando ci si trova con soggetti accavallati e non semplici da distinguere. Di seguito un breve esempio delle differenze di risultati con obiettivo STM e USM:

Metering / Drive / Bilanciamento del bianco

Sulla valutazione esposimetrica non c’è molto da dire, essendo sostanzialmente in linea con le aspettative. A seconda del metodo prescelto (multi, media bilanciata, spot, parziale) si ottengono risultati differenti per adeguarsi alle diverse circostanze, mentre il multi è mediamente efficiente in ogni situazione essendo principalmente, ma non esclusivamente, influenzato dal punto di messa a fuoco. In presenza di forti contrasti vi è comunque la buona norma di salvaguardare quanto più possibile le aree sovraesposte ottenendo quasi sempre buoni risultati, ottimizzabili con un minimo di post-produzione.

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Per quanto riguarda l’avanzamento abbiamo diverse opzioni: scatto singolo, scatto continuo veloce, scatto continuo lento, scatto singolo silenzioso, scatto continuo silenzioso, autoscatto 10s ed autoscatto 2s, entrambi attivabili anche da telecomando. Lo scatto silenzioso, disponibile anche in modalità continua, non è proprio perfettamente muto come accade nelle mirrorless con otturatore elettronico, tuttavia ammorbidisce notevolmente il colpo dello specchio. Per la raffica il processore DIGIC 5+ è responsabile di un miglioramento, passando da un massimo di 5,3fps della 60D ai 6fps pieni nella 70D. Per la verità la scheda tecnica dice 7fps ma non siamo risuciti ad ottenere questa velocità con nessuna modalità di scatto. Il buffer consente di catturare oltre 150 fotogrammi in JPG, 15 in RAW con successivo limite a 1,5fps e 7 in RAW+JPG con uscita ad 1fps dopo la saturazione.

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Sul bilanciamento del bianco ci sono le posizioni automatica, luce diurna, ombra, nuvoloso, tungsteno, fluorescente, flash, personalizzato e temperatura colore, con gradi Kelvin impostabili in modo molto preciso grazie ad una scala con avanzamento di 100° per volta. Il metodo automatico se la cava piuttosto bene in ogni circostanza e può essere utilizzato senza troppe remore. I limiti in questo ambito sono essenzialmente due: il primo è l’assenza di un tasto dedicato per il white balance, ragione per la quale si dovrà passare sempre dal quick menu; il secondo deriva da un annoso problema di tutte le Canon dove non è prevista una combinazione di tasti o un metodo rapido per l’impostazione del bianco personale. Si dovrà sempre fare una foto su grigio neutro, andare nel menu per impostare il bianco sull’ultimo scatto e poi selezionare la modalità personalizzata. Continuo a ricordare questo grosso limite in ogni recensione, nella speranza che prima o poi qualcuno in Canon lo consideri e si adoperi per prendere provvedimenti in merito: sul campo risulta essere un’operazione piuttosto lenta e noiosa mentre con Nikon lo si fa in un sol colpo premendo due tasti insieme per qualche secondo.

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Flash

Il flash superiore si attiva elettricamente, grazie alla pressione di un piccolo tasto laterale. Ha una potenza di 12NG a 100ISO ed una velocità massima di sincronizzazione di 1/250. Possiede tutte le impostazioni per la seconda tendina o la riduzione occhi rossi ed ha un tempo di ricarica medio di circa 2,5 secondi, nonché la possibilità di compensarne l’intensità di +/- 3 step (con incrementi di 0,5). Come nella 60D vi è l’utilissima possibilità di controllare flash wireless remoti, una caratteristica che strizza l’occhio al professionista ed offre una possibilità creativa in più.

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Qualità d’immagine e resa ad alti ISO

Secondo DxOMark la Canon 70D possiede il migliore sensore APS-C del produttore, migliore sia rispetto la 60D che la 7D. Questo è un dato di fatto ma è anche vero che le differenze sono relativamente minime e che Canon non ha poi realizzato un grandissimo passo avanti con questo modello. Gamma dinamica e profondità colore sono sostanzialmente inalterate, mentre un percepibile miglioramento vi è nella resa ad alti ISO. Purtroppo i risultati dei benchmark non sono quasi mai favorevoli ai sensori Canon mentre quelli Sony, presenti anche su Olympus e Nikon, sembrano primeggiare. Tutto sommato si tratta comunque di una evoluzione nella giusta direzione, con passi avanti relativamente piccoli ma presenti.

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Le immagini possono essere memorizzate in JPG, RAW o RAW+JPG, con diverse combinazioni anche sulla qualità (ci sono i RAW ridotti M ed S). Come di consuetudine scegliendo il JPG il livello di rumore viene notevolmente controllato dagli algoritmi della fotocamera durante lo sviluppo e si possono catturare foto pulite anche a 3200 ISO, seppure con perdita dei dettagli fini. Il RAW consente di mantenere tutte le informazioni ma mostra il rumore digitale, lasciando all’utente la possibilità di ripulirlo durante la post-produzione. I RAW a 400 ISO offrono immagini con una grana leggerissima, visibile solo al 100%, mentre ad 800 ISO inizia a vedersi un po’ di più nelle zone d’ombra ma con risultati utilizzabili anche su stampe di grande dimensione con un minimo di ritocco. 1600 ISO sono il limite più ragionevole per portare a casa immagini impiegabili per diverse destinazioni mentre da 3200 ISO in poi si entra nell’ambito in cui le foto risultano gradevoli solo su piccole dimensioni, sempre parlando di RAW.

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La Canon 70D si spinge fino a 12800 ISO e seppure questo estremo sia fortemente sconsigliabile può essere comunque adoperato per il web, specie scegliendo il JPG e lavorando su piccole dimensioni. Come prevedibile la maggior parte del rumore si annida nelle aree scure dell’immagine, per cui anche ad 800 ISO si dovrà adoperare una riduzione se si decide di aprire le ombre in post-produzione.

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Di seguito vi proponiamo il nostro tradizionale test sulla sensibilità, effettuato confrontando i crop al 100% di alcune porzioni chiave dell’immagine di confronto, catturata in studio con luce controllata. I JPG presentano la riduzione del rumore standard mentre i file RAW sono stati sviluppati azzerando completamente la riduzione del rumore, sia sulla luminanza che sul colore.

File Sensibilità ISO
RAW 100 200 400 800 1600 3200 6400 12800
JPG 100 200 400 800 1600 3200 6400 12800

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Batteria, Memoria e Collegamenti

In basso, in corrispondenza dell’impugnatura, si trova lo sportellino con l’alloggiamento per la batteria. Si tratta della LP-E6, ormai uno standard in tutte le recenti DSLR Canon di fascia alta. L’autonomia offerta secondo lo standard CIPA è molto elevata superando i 900 scatti. Effettivamente la durata della batteria è ottima e consente di affrontare una intera giornata di lavoro senza problemi. Anche nella registrazione video si comporta bene superando in durata la Full Frame 5D Mark III, che con i filmati consuma rapidamente la batteria. In dotazione anche il classico caricatore da corrente elettrica.

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Le memorie Secur Digital si inseriscono di lato, dietro uno sportellino che è anche l’elemento più leggero di tutto il corpo, esattamente come quello della 60D. Sono supportate tutte le moderne memorie ad alta velocità e capienza, comprese ovviamente le SDXC UHS-1. Essendo staccato dalla batteria si può facilmente sostituire la memoria anche quando la fotocamera è a cavalletto.

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Dietro due sportellini in gomma posizionati sul fianco sinistro si trovano tutti i collegamenti fisici, quello per il telecomando, per un microfono esterno, l’uscita HDMI e quella USB. Gli sportellini sono separati consentendo di aprire solo quello utilizzato al momento e presentano una gomma protettiva piuttosto robusta. Sempre qui di lato si nota l’altoparlante mono integrato, il quale serve anche alla riproduzione dei video (mentre i microfoni stereo sono in cima, vicino alla porta accessori).

https://www.saggiamente.com/2013/05/28/recensione-canon-eos-6d-vs-5d-mark-iii/

Wi-Fi

Tra le novità di rilievo della Canon 70D vi è la presenza del modulo wireless integrato. Il Wi-Fi è realizzato in modo davvero apprezzabile sia per il funzionamento che per le opzioni disponibili. Una cosa molto interessante è che non si deve necessariamente effettuare un collegamento punto a punto ma si può accedere con la fotocamera alla propria rete locale e l’app riuscirà così facilmente ad identificarla senza dover cambiare rete Wi-Fi. Ci sono le classiche funzioni di sharing su internet, nonché la stampa diretta via wireless ma la cosa sicuramente più interessante è il controllo remoto.

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Dopo aver scaricato l’app EOS Remote ed aver agganciato la fotocamera, sarà possibile controllare ogni principale aspetto in live-view, compresi i controlli manuali per tempo, apertura e sensibilità. Purtroppo manca la possibilità di catturare video mentre il Wi-Fi è attivo ma le prestazioni nel campo fotografico sono di buon livello.

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Video

Le reflex Canon sono spesso utilizzate anche nel campo video e la 70D non delude sotto questo aspetto. Oltre alla presenza di un ingresso audio ed uscita HDMI offre la possibilità di registrare video codificato H.264 in FullHD o in formati inferiori. La qualità massima si ottiene con il 1920 x 1080 @25fps ALL-I progressivo, ma si possono anche registrare video in qualità HD a 50fps. Grazie al touch screen è anche possibile decidere con le dita i diversi punti da mettere a fuoco durante la registrazione e con gli obiettivi STM si possono ottenere ottimi risultati grazie all’AI SERVO, ovvero la messa a fuoco continua ottenuta per ricerca di fase tramite il Dual Pixel CMOS AF. Di seguito un breve filmato registrato con la 70D e due obiettivi, il 35mm f/2 IS ed il 100mm f/2,8 IS Macro, utilizzando sempre la messa a fuoco manuale.

voto 4,5Conclusioni

Canon è solita seguire una politica evoluzionistica dei propri modelli e questa 70D è proprio ciò che ci aspetterebbe. Già la 60D era un’ottima fotocamera ma in questa evoluzione sono presenti numerosi aspetti nettamente migliorati. Sono davvero tante le specifiche aggiornate positivamente, si va dal touchscreen al Wi-Fi, dalla messa a fuoco al Dual Pixel CMOS AF. La qualità d’immagine non segna un drastico passo in avanti, dopotutto è ormai difficile con l’attuale tecnologia, seppure vi siano comunque miglioramenti nella resa ad alti ISO. Ciò che veramente fa la differenza sono le funzionalità, perché la 70D appare come un fotocamera molto più matura su aspetti importanti, compreso il mirino e la messa a fuoco. Certamente la 7D rimane più robusta sul piano fisico, avendo il corpo in lega di magnesio, ma per quanto riguarda le caratteristiche tecniche la 70D non è seconda a nessuna APS-C Canon. Sono tante sono le frecce al suo arco ed una di queste è sicuramente nella buona disposizione dei tasti e nella ricchezza dei controlli fisici. Le note dolenti effettive sono davvero minime e alcune di natura soggettiva. Ad esempio io avrei gradito un accesso diretto per la funzionalità del bilanciamento del bianco, seppure si modifichi piuttosto rapidamente anche tramite il quick menu. Tirando le somme la Canon 70D è una reflex dalla buona ergonomia che soddisferà i palati più esigenti grazie ad un buon mirino ed un valido motore di messa a fuoco e stuzzicherà con funzioni come Wi-Fi, GPS, schermo orientabile touchscreen e la messa a fuoco per ricerca di fase in Live View. Difficile assegnarle un voto inferiore alle quattro stelle e mezzo. Il prezzo del solo corpo è di circa 1000€.

PRO
ico.piu.png Buona qualità d’immagine e resa ad alti ISO
ico.piu.png Ergonomia eccellente
ico.piu.png Display articolato e con oltre 1 milione di pixel
ico.piu.png Ottime funzionalità del touchscreen
ico.piu.png Vasta possibilità di personalizzazione dei controlli
ico.piu.png Buona disposizione dei tasti e utilissima doppia ghiera sul retro
ico.piu.png Buona qualità di registrazione video FullHD, ingresso microfono e uscita HDMI
ico.piu.png Controllo wireless Flash
ico.piu.png Buono il comparto AF con 19 punti tutti a croce
ico.piu.png Mirino ricco di notifiche
ico.piu.png AF in Live View rapido e preciso
ico.piu.png Messa a fuoco continua molto efficiente con obiettivi STM
ico.piu.png Wi-Fi integrato
ico.piu.png Fino a 7fps con ampio buffer (6fps nei nostri test)
ico.piu.png Livella elettronica visualizzabile nel mirino
ico.piu.png Scatto silenzioso

CONTRO
Pro Manca un tasto diretto per l’accesso al bilanciamento del bianco
Pro Impossibilità di usare il Wi-Fi nel modo video
Pro I miglioramenti nel fuoco continuo dovuti al Dual Pixel CMOS AF richiedono obiettivi STM

DA CONSIDERARE
Pro Vasta gamma di funzioni creative e di post-produzione e sviluppo RAW in camera
Pro Sempre difficile impostare un bilanciamento del bianco personalizzato
Pro Manca un illuminatore AF, si usano i lampi del flash

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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