SaggeLettere: la dura vita dell’operatore AppleCare

Quando si danneggia o si presenta un malfunzionamento nel nostro dispositivo elettronico siamo chiaramente infastiditi e nervosi. Con questi sentimenti componiamo il numero del centro assistenza e spesso finisce che ce la prendiamo con chi ci risponde al telefono. Quando si tratta di Apple abbiamo sempre di fronte grande cortesia, ma non sempre le risposte ci piacciono, specie quando ci viene detto che il problema non rientra nella garanzia, vuoi perché è scaduta, vuoi perché ne siamo stati noi la causa. Difficilmente ci fermiamo a riflettere su ciò che può pensare o provare il nostro interlocutore, perché siamo troppo interessati a trovare una soluzione per il nostro problema. Dopo la chiamata possiamo essere interrogati con un sondaggio sulla soddisfazione del cliente e se le cose non sono andate come speravamo magari diamo un voto negativo all’operatore, che pure ha agito seguendo le regole di Apple e non ha colpa se ci ha dovuto proporre un intervento a pagamento. Ma cosa significa quel voto negativo? Ebbene una piccola percentuale di questi può essere sufficiente a far retrocedere la persona che ci ha risposto al telefono e persino portare al licenziamento. Per essere più consapevoli di come funzionano queste cose vi propongo l’accorata lettera anonima ricevuta nella nostra redazione, dove un operatore di AppleCare spiega come si svolge una chiamata tipo.

applecare

Arriva la chiamata, a volte il software che utilizziamo si popola di tutti i dati che possono servirci (generalmente questo accade quando il cliente prenota una chiamata/chat dal sito, dove viene immesso il numero di serie, nome, cognome, indirizzo email e numero di telefono), a volte no e siamo noi a doverli chiedere al cliente. Molte delle persone che ci chiamano non hanno con sé il numero di serie, tante volte nemmeno il dispositivo e dobbiamo arrangiarci con le informazioni sommarie che ci forniscono. Dal software che utilizziamo, si vede subito lo stato di garanzia: il prodotto è segnato in verde se si trova all’interno del primo anno di assistenza hardware gratuita Apple oppure è rosso se ha superato il primo anno, anche se il prodotto è stato acquistato presso Apple (in quel caso viene richiesta una prova d’acquisto o numero d’ordine se è stato acquistato dal sito). Quando il prodotto è rosso, siamo obbligati a proporre l’acquisto di un contratto di singolo intervento (PPI) quando il cliente lamenta problematiche software o dubbie per le quali è necessario prima un intervento software. In realtà quest’informazione viene fornita anche prima del contatto diretto (sulla voce registrata nel caso di contatto telefonico, sul sito in caso di ricontatto telefonico/chat).

Questa è la fase più problematica. Il cliente medio non vuole pagare ma noi siamo costretti a proporla su direttive di Apple. All’inizio rispettavamo la regola dei “90 giorni software” dalla data d’acquisto, ma la gente non reagiva bene a questa proposta e l’assistenza software è stata estesa fino al primo anno dalla data d’acquisto. Spesso, quando proponiamo questa PPI, il cliente lamenta scuse del tipo “Eh ma io sto ancora pagando per questo iPhone e ora devo pagare ancora…”, “Io sono un cliente Apple da anni…”, “Io con il Mac ci lavoro, voi DOVETE darmi assistenza” e così via dicendo. Sarò dura forse ma Apple non è un mercato del pesce dove si può contrattare per avere sconti o riduzioni. Comunque ci sono delle situazioni in cui di nostra volontà facciamo delle eccezioni e diamo supporto comunque, ci prendiamo la responsabilità anche per non incorrere in un voto negativo.

Quello che risulta di più difficile comprensione ai più, è che se noi insistiamo spesso con procedure software da seguire, reset, ripristini vari, non è per il nostro piacere personale, ma perché sappiamo che inviando un dispositivo al centro tecnico Apple senza effettivi problemi hardware, questo torna indietro né riparato e nemmeno sostituito. È per evitare una probabile, scusami il termine, incazzatura del cliente. È per essere certi al 100% del problema. Noi advisors Apple siamo persone come voi, non siamo d’accordo con alcune direttive e procedure Apple, ma si tratta del nostro lavoro e cerchiamo di seguirlo al meglio, magari facendo uno strappo alla regola qua e là per la soddisfazione del cliente. Non siamo i paladini Apple che impavidi difenderebbero politiche/direttive/decisioni aziendali, cerchiamo semplicemente di fare il nostro lavoro al meglio.

Ti dirò la verità Maurizio, il cliente più difficile da gestire è il cliente iOS. È meno disposto a seguire consigli, provare a eseguire operazioni che potrebbero risolvergli il problema. Per lui il terminale è in garanzia e vuole a tutti costi inviarlo in riparazione (tra le altre cose, perché ci si dovrebbe privare di un dispositivo per almeno una settimana in maniera così spontanea?) ed è arrabbiato, pensa che noi vogliamo prendere le parti di Apple a tutti i costi. L’utente Mac è più incline a seguire le operazioni, vuole davvero risolvere il problema, forse perché con il Mac ci lavora davvero e separarsi dal computer per lui equivale a una perdita di tempo e soldi.

Passiamo ai feedback, o “csat” che sta per Customer Satisfaction. Apple invia, in maniera casuale, un feedback da compilare per valutare la bravura, la competenza o l’esperienza con un advisor. La scala parte da 1 e arriva fino a 5, dove 1=molto insoddisfatto, 2=abbastanza insoddisfatto, 3=neutro, 4=abbastanza soddisfatto e 5=molto soddisfatto. Quello che molti non sanno è che Apple valuta anche il neutro in maniera negativa. Per Apple esistono solamente il voto 4 e il 5. Spesso capita che il cliente arrabbiato metta un voto che va da 1 a 2. Ma a volte, e sono i casi per cui mi arrabbio di più, il cliente magari è soddisfatto, mette un commento positivissimo e poi scatta il neutro o peggio, per errore dovuto alla leggerezza nell’interpretazione, il molto insoddisfatto. Questa leggerezza nel dare un giudizio costa a molte persone il lavoro e se si era riusciti a cambiare dipartimento o a migliorare leggermente la propria situazione, si viene retrocessi.

Passiamo ora ai numeri. Per ogni problema su un dispositivo viene aperta una pratica e salvata. Quest’operazione si chiama logging e dobbiamo mantenere una media del 95% dove il restante 5% serve a coprire tutte quelle chiamate/chat che vengono disconnesse subito. Per tutte quelle persone però che non vogliono dare il seriale (spesso perché hanno jailbreakkato l’iPhone) o i propri dati personali, ci ritroviamo a faticare a mantenere questa media così alta. Inoltre, a volte, per evitare che arrivi la mail del feedback, non inseriamo l’indirizzo email, soprattutto quando il cliente è furioso perché, magari, ha un iPhone 3G a cui si è rotto lo schermo e tutti gli hanno detto che deve pagare per la riparazione e vuole fare la guerra al mondo perché lui ha speso tanti soldi per quell’iPhone. Il csat invece, deve assestarsi sopra al 90%. Questo vuol dire che su 10 feedback è concesso solamente un negativo/neutro. Qui il 10% di margine è per coprire tutti quei feedback ricevuti erroneamente per chiamate/chat mai gestite (ad esempio è caduta subito la linea, oppure non abbiamo mai interagito con il cliente e il feedback era destinato ad altre persone) oppure per tutte quelle persone che sbadatamente mettono 1 al posto di 5 quando in realtà sono soddisfatte. La realtà invece è che il margine di errore è maggiore e si fatica per mantenere alta questa media.

Prima di concludere vi vorrei lasciare con delle linee guida effettive per applicare tutti i concetti spiegati di cui sopra:

  • se il dispositivo si trova nel secondo anno di garanzia del rivenditore non possiamo offrire la riparazione gratuita e per il supporto software si deve acquistare la PPI (dettagli)
  • se il dispositivo ha un problema con software di terze parti noi non possiamo aiutarvi
  • se il dispositivo ha subito un danno accidentale (rottura vetro, danno da liquidi, ecc..) noi non possiamo fare assolutamente niente se non proporvi un intervento di assistenza fuori garanzia, ovvero a pagamento
  • se l’advisor (ovvero l’operatore) con cui avete parlato in precedenza vi ha detto cose sbagliate o fatto fare delle prove inutili non è colpa nostra e speriamo che questo non si rifletta sulla nostra valutazione
Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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