FastCompany ha intervistato Mark Kawano designer rimasto in Apple per 7 anni e che ha contribuito alla creazione di software e prodotti come Aperture ed iPhone. Secondo quanto emerge dalle sue parole ci sono dei miti da sfatare rispetto la percezione che abbiamo di Apple, almeno su quattro differenti punti.
Il primo riguarda il design e le persone che vi partecipano. Spesso ci si immagina che solo il gruppo di designer contribuisca in questo ambito, ma secondo Kawano in Apple tutte le persone che fanno parte di un progetto hanno come obiettivo ultimo il design e la user experience, e possono contribuire con le loro idee.
Il secondo è correlato al primo ed ha a che fare con il numero di designer che lavorano in Apple. Non sono tanti quanto si potrebbe immaginare, specie considerando i numeri di aziende rivali. In tutto sono circa 100 persone perché Apple preferisce gruppi ristretti in grado di concentrarsi meglio sui prodotti.
Il terzo riguarda la rigidità operativa durante un progetto. L’immaginario collettivo vede Apple impegnata in una scaletta precisa, onde evitare ritardi nella presentazione dei nuovi prodotti, eppure secondo Kawano le migliori idee vengono fuori durante i periodi di pausa. Porta come esempio il tremolio della schermata di sblocco quando si sbaglia codice, nato proprio in un momento di bassa concentrazione.
L’ultimo aspetto chiama in gioco Steve Jobs, colui che viene visto come un tiranno irascibile. Nei 7 anni in cui ci ha lavorato insieme, Kawano sottolinea una percezione completamente diversa del co-fondatore di Apple. Certo era intransigente e maniacale, ma era aperto ad ascoltare tutti in modo molto democratico. I problemi si presentavano solo con le persone che non cercavano di creare prodotti perfetti, con questi Jobs non aveva pazienza.
Forse non si tratta di veri e propri stravolgimenti rispetto all’idea di Apple che ci siamo fatti, ma le parole di Kawano contribuiscono a creare un quadro più preciso di come Apple lavora e lavorava ai tempi di Steve Jobs. Ovviamente nell’era Cook le cose possono essere cambiate, ma non più di tanto perché ciò che l’exCEO ha sottolineato più volte prima della sua scomparsa è che la sua vera eredità non era da ricercare nell’azienda in sé, quanto nel modo di lavorare sui progetti. È proprio questa idea che ci fa ben sperare che, anche senza il magico Jobs, Apple possa essere in grado di continuare a fare la differenza.