Recensione: Mac Pro, la workstation secondo Apple

Per lungo tempo il Mac Pro è rimasto fermo al palo con tecnologie vecchie, mentre il resto della linea Apple guadagnava novità su novità come le porte Thunderbolt, l’USB 3.0, i dischi PCI Express, ecc.. Tim Cook aveva però rassicurato più volte l’utenza professionale: un nuovo Mac Pro sarebbe arrivato per la fine del 2013. Così è stato, almeno per la presentazione, anche se per la reperibilità sul mercato ha tardato alcune settimane e solo da poco tempo i Mac Pro sono disponibili con un tempo di spedizione di soli 3-5 giorni.

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Quando si tratta di ripensare completamente l’hardware Apple non ha rivali, perché a differenza del resto del mercato ha la tendenza a progettare con una visione precisa. Alcune scelte sono impopolari, come componenti saldate e il prematuro abbandono del CD/DVD, ma di certo non si può dire che un Mac sia come tutti gli altri computer. E se questo vale già per i portatili e per gli all-in-one, il Mac Pro compie un ulteriore passo avanti in quanto ad originalità. A guardarlo non si direbbe nemmeno che si tratta di una workstation, e per la verità è stato assimilato all’estetica di elementi d’arredo come cestini della spazzatura o pentole. Siamo d’accordo che questo non è lusinghiero, ma la dice lunga sull’originalità del computer. Esternamente si presenta come un cilindro lucido di colore scuro. Da alcune foto sembra nero ma in realtà è grigio scuro con un effetto quasi a specchio.

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L’areazione è garantita da aperture nascoste lungo tutta la circonferenza, sia sulla base che sulla parte superiore. Sul retro c’è un fermo che consente di sfilare la copertura a computer spento, così da raggiungere l’interno. Solo quando è aperto si può avere un’idea della tecnologia che nasconde, anche se la disposizione degli elementi è anch’essa originale e non richiama nessun altro computer visto fino ad oggi. L’hardware è disposto in verticale, con schede nere dalle saldature perfette e con un look così curato che fa venir voglia di usarlo senza coperchio.

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Visto che tanto anche la versione base ha un costo importante, una volta che mi sono trovato a spendere ho deciso di optare per il modello top di gamma con Xeon E5 6-core a 3,5GHz e due GPU AMD FirePro D500 con 3GB di RAM, su cui ho aggiunto 32GB di memoria e un SSD da 512GB, per non avere problemi di spazio. La RAM è l’unico elemento che anche l’utente può sostituire senza problemi, mentre il resto delle schede, come GPU ed SSD, sono personalizzate. Tuttavia i prezzi di questa RAM ECC DDR3 a 1866MHz sono comunque molto elevati anche aftermarket per cui conviene farla aggiungere direttamente ad Apple. Da segnalare che OWC è riuscita a modificare la CPU con un intervento a cuore aperto, che è in standard LGA 2011, per cui c’è la possibilità di metterne una nuova se dopo alcuni anni dovesse risultare necessario un incremento delle prestazioni. Ovviamente l’SSD PCIe è velocissimo ma non molto capiente, per cui l’archiviazione massiva sarà esterna, garantita dall’ottimo set di connessioni. Sono tutte disposte sul retro, con cornici e simboli che si illuminano quando ci si avvicina: davvero d’effetto oltre che utile per riconoscere le varie porte.

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Abbiamo uscita ed ingresso audio, 4 porte USB 3.0, ben 6 Thunderbolt 2, la doppia gigabit ethernet e l’uscita HDMI per monitor e TV. Unico limite qui riscontrato è l’utilizzo di un solo canale PCIe da 5Gb/s per tutte le porte USB 3.0. Questa decisione, peraltro molto criticabile, non consente di sfruttare a piena velocità tutte e 4 le porte perché la banda viene saturata con un solo SSD esterno via USB 3.0. Questo vuol dire che è il Mac Pro stesso a suggerirci l’espansibilità dell’archiviazione sfruttando le porte Thunderbolt, perché con le USB subiremo un rallentamento delle prestazioni massime. Ovviamente questo non si nota con periferiche come microfoni o stampanti, e neanche con HDD tradizionali che difficilmente sfruttano tutta la banda USB 3.0. Tuttavia si tratta di un limite fastidioso perché i dischi USB costano di meno di quelli Thunderbolt e non si trovano case con questa tecnologia, per cui è facile che per utilizzare SSD esterni ci si affidi proprio alla connessione USB 3.0. Di contro il disco interno è una vera forza della natura e sfruttando la connessione direttamente sul bus e non SATA3, supera la barriera dei 500MB/s raggiungendo quasi 1GB/s sia in lettura che in scrittura. Ovviamente va ricordato che queste prestazioni sono state riscontrate con il modello da 512GB e che potrebbero essere inferiori con il taglio da 256GB che è incluso nella versione base di questa macchina.

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Passiamo ora ad analizzare le prestazioni della CPU Xeon 6-core, la quale viaggia a 3,5GHz. Si tratta del modello incluso nella configurazione top di gamma, ma non è il più potente che si può avere. Nella personalizzazione in fase d’ordine si può infatti scegliere anche un 8-core a 3,0GHz per 1.500€ aggiuntive o il 12-core a 2,7GHz con ben 3.000€ in più. Queste CPU hanno frequenze inferiori ma più core fisici, per cui danno il meglio con applicazioni professionali che sfruttano il multi-core, come quelle per il 3D o per l’editing video FullHD/4K.

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Geekbench 3 ha dato come risultato un impressionante 21044, prestazioni non raggiungibili neanche con l’iMac più carrozzato che si ferma ad un punteggio di poco inferiore a 15000 con la CPU i7-4771 da 3,5GHz, la quale tuttavia si comporta molto bene in single-core (3908). Questa è una conferma indiretta del fatto che il Mac Pro non è un computer pensato per un uso generale, dove le sue qualità verrebbero vanificate, ma nasce esclusivamente come workstation adibita ai carichi più pesanti con applicazioni in grado di sfruttarne il potenziale.

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Ad esempio il nostro utente Albero Suardi ha acquistato ben 5 Mac Pro e sperimentato una possibilità non ben documentata neanche da Apple. In pratica li ha messi in rete sfruttando la connessione Thunderbolt 2 assegnando degli indirizzi IP statici ad ogni macchina. Costruita così una rete Thunderbolt Bridge ha potuto lanciare dei pesanti rendering di Cinema 4D distribuendo il carico di lavoro su tutte le macchine in rete e salvando il risultato direttamente su uno dei Mac Pro senza avere cadute di prestazioni dovute alla tradizionale Gigabit Ethernet. Il risultato è stato entusiasmante, svolgendo lavori che richiedevano ore in una manciata di minuti.

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Le GPU AMD/ATI sono spesso meno supportate delle NVIDA dalle applicazioni professionali grazie a CUDA, tuttavia un player importante come Adobe è già corso ai ripari visto l’importanza del Mac Pro. Dalle FAQ del loro sito si legge infatti che un software fondamentale come Premiere Pro supporta il Mercury Playback Engine per utilizzare CPU/GPU durante il lavoro, al fine di spremere completamente le possibilità hardware dei recenti Mac Pro.

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Personalmente possedevo ed utilizzavo per lavoro un MacBook Pro Retina 15″ molto ben carrozzato, con il quale adoperavo anche Premiere ed After Effect. Viste le buone prestazioni della CPU i7 quad-core riuscivo a portare a casa il lavoro e la GPU dedicata sopportava bene anche carichi pesanti, tuttavia quando iniziavano ad esserci numerosi effetti sul video applicati in real-time, la preview non riusciva ad essere fluida e mi costringeva a lavorare ad 1/2 o 1/4 della risoluzione video originaria, sempre con risultati un po’ incerti. Il passaggio al Mac Pro è stato visibilmente evidente, perché ora riesco ad avere anche più livelli di effetti applicati sul video pur mantenendo una anteprima in real-time fluida, e questo semplifica notevolmente il mio lavoro e ne riduce drasticamente i tempi, perché non devo ricorrere continuamente al rendering della timeline. Per un professionista il Mac Pro rappresenta una svolta importante anche rispetto il più carrozzato degli iMac, perché i processori Xeon multi-core nascono per sopportare carichi di lavoro continui e impegnativi molto più delle controparti consumer. Un aspetto molto interessante è che anche con un rendering complesso che richiede tempo la CPU non supera mai i 60° e la silenziosità rimane ottima, sintomo che si può mantenere la macchina a pieno carico anche per lunghi periodi senza rischiare che l’hardware possa subire danni. Inoltre il computer è sempre scattante anche mentre viene messo sotto torchio e ci consente di continuare a navigare, controllare la posta o effettuare altre operazioni del quotidiano.

Per dare una risposta oggettiva sulle prestazioni della doppia scheda grafica AMD FirePro D500 con 3GB di RAM, ho eseguito un test con Cinebench 11.5 e il monitor Apple 27″, con il quale ho ottenuto un framerate di 45,45fps con OpenGL, mentre sul 15″ Retina mi fermavo a 35fps. Molto importante anche l’apporto della CPU che supera i 10 punti, mentre con il Retina avevo ottenuto circa 6. Non solo risultati rivoluzionari ma che si traducono in numerose possibilità in più per il professionista, che può lavorare sui propri progetti in modo più fluido e veloce.

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Ritornando a parlare di archiviazione, il velocissimo SSD interno è perfetto per il sistema operativo, le applicazioni e la cache di lavoro, riducendo i tempi di ogni operazione al minimo possibile, ma per lavorare sui nostri progetti saremo costretti ad utilizzare dei dischi esterni. A differenza del vecchio Mac Pro con case tradizionale e spazio per gli HDD, il nuovo modello si deve affidare interamente alle unità esterne, preferibilmente via Thunderbolt visti i limiti della USB 3.0. Personalmente avevo già iniziato a crearmi una struttura in quest’ottica, ma invece di optare per le soluzioni RAID di Promise, ottime ma costose, mi sono creato lentamente un setup con i dischi Thunderbolt di Western Digital. Al momento ho due WD Thunderbolt Duo 4TB (recensione) utilizzati in RAID 0 per le massime prestazioni, con due HDD singoli di uguale capienza via USB 3.0 su quali ogni notte effettuo un backup di sicurezza con Carbon Copy Cloner. In questo modo ho la velocità del RAID stripe ma ho comunque un backup per scongiurare la perdita di dati.

Conclusioni

Anche potendoselo permettere, acquistare un Mac Pro per navigare su internet sarebbe ovviamente una scelta sbagliata, perché non si noterebbe nessun vantaggio neanche rispetto ad un MacBook Air. Essendo una workstation è una macchina nata per i carichi di lavoro più impegnativi e servono software professionali e task di lavoro importanti per sfruttarne le potenzialità. Dopo alcune settimane di prova devo dire di essere assolutamente soddisfatto dell’acquisto, che si sta rivelando una vera rivoluzione per il mio lavoro, ma sto subendo in più di una occasione i limiti della USB 3.0, sia con i dischi che con i lettori multipli di SD/CF, con i quali devo optare per task di lavoro singoli (una unità alla volta) per sfruttare al meglio la velocità. È una limitazione sciocca per una workstation così innovativa, che certamente segna un punto a sfavore. Lavorando via Thunderbolt si va veloci e sicuri ed abbiamo intravisto anche le potenzialità di una rete creata con questa connessione, che può distribuire il carico di lavoro tra diversi Mac senza rallentamenti. Acquistare un Mac Pro significa comunque spendere molti soldi, sia per il computer che per gli accessori, dovendoci dotare di un monitor, di unità di storage esterne, ed anche dei più semplici mouse e tastiera che non sono inclusi nel prezzo. Per molte attività un iMac super carrozzato potrebbe essere sufficiente, facendoci risparmiare molti soldi in fase d’acquisto. Bisogna fare le giuste valutazioni in base alle proprie necessità, anche perché questo Mac Pro non è una macchina espandibile e mai più che in questo caso bisogna valutarne attentamente la configurazione. Se si lavora alacremente con applicazioni per il 3D o nel campo della post-produzione video i vantaggi saranno evidenti, facendoci risparmiare tempo e denaro: solo così la workstation Apple ci ripagherà per il suo acquisto. Personalmente ritengo che la configurazione ottimale preveda la CPU 6-core con AMD FirePro D500 mentre per l’SSD l’unità base da 256GB potrebbe essere sufficiente per applicazioni e sistema operativo, ma c’è il rischio di doversi dotare di un SSD Thunderbolt esterno per la cache dei software professionali e per questo motivo ho scelto il taglio da 512GB. La RAM non è mai troppa con certe applicazioni, anche se i 16GB di base possono essere sufficienti per moltissime situazioni ho preferito il taglio da 32GB per avere maggior margine di lavoro. Con 6-core, 512GB SSD e 32GB di RAM si arrivano a spendere quasi 5.000€ ma il Mac Pro sarà in grado di restituirci il favore con le sue prestazioni.

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PRO
+ Concezione e struttura avveniristica
+ Prestazioni di livello enterprise delle CPU Xeon
+ RAM ed SSD molto performanti
+ Silenzioso e fresco anche con carichi di lavoro pesanti
+ Ampia dotazione di connessioni, con priorità alle Thunderbolt
+ Componenti non over-prezzate in fase d’acquisto

CONTRO
- Connessione USB 3.0 lenta con diverse unità collegate
- Dispendioso
- Non facilmente espandibile

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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