“Android ha già i pagamenti tramite NFC da anni!” è stata una delle prime critiche mosse ad Apple già durante il keynote. È vero, questa è arrivata successivamente a Google nell’implementazione della tecnologia per i pagamenti contactless, ma è anche arrivata nel mondo della telefonia vent’anni dopo Nokia, Motorola ed altri e, come nel caso di Pay, lo ha fatto bene.
Pay è conveniente e utile sia per gli utenti che per Apple stessa: i primi, infatti, devono solo registrare la propria carta di credito in Passbook (scattandole solo una foto!) e, dopo, selezionarla fra le varie a propria disposizione in prossimità di un POS con supporto NFC. Poggiando il proprio dito sul Touch ID, iPhone 6 (e, per quanto ne sappiamo, anche Apple Watch, ma forse solo per le microtransazioni) si preoccuperà di generare un token univoco, non contenente i dati della carta di credito, che autorizza la transazione (evidentemente dopo una verifica con l’istituto di credito che ha emesso la carta). Apple non verrà mai a conoscenza di quanto è stato speso dall’utente.
Inoltre, lo stesso sistema potrà essere applicato per gli acquisti online, con buona pace (forse) di PayPal. Il sistema è, dunque, sicuro ed efficiente.
Pay, però, è conveniente anche per Cupertino visto che, secondo quanto riportato dalla nota testata finanziaria Bloomberg, Apple guadagnerà una provvigione da ogni singola transazione generata: l’accordo è già stato firmato con le principali banche americane, con tutti i circuiti di istituti di carte di credito e di debito e con le principali catene di negozi. Il cliente, ovviamente, pagherà solo il prezzo del bene acquistato, senza alcuna maggiorazione.
Il sistema di provvigioni che Apple pretende di applicare alle transazioni potrebbe essere anche di ostacolo alla diffusione nel resto del mondo e, soprattutto, qui in Italia: non tutti gli istituti di credito (e ricordiamo che quelli italiani, peraltro, spingono su soluzioni proprietarie) potrebbero vedere di buon occhio il depauperamento delle proprie entrate.