The Verge approfondisce sulle vere potenzialità (per ora sopite) dell’Amazon Echo

Se c’è una cosa che più caratterizza Amazon, quella è forse la capacità di sapersi differenziare. La società di Jeff Bezos sfida molto spesso il mercato coi suoi prodotti, senza paura di andarci in perdita né tantomeno cogliere insuccessi iniziali (qualcuno ha detto Fire Phone?). Un dispositivo che altri non farebbero o collocherebbero in secondo piano nella loro gamma, non solo Amazon lo fa ma lo rende pure protagonista. Prendiamo l’Echo, ad esempio: sappiamo che non è proprio uno speaker Bluetooth comune. Può fare anche quello, ma si propone soprattutto come assistente virtuale. Come se la cava all’atto pratico? Lo spiega The Verge nella sua interessante recensione.

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Per quanto riguarda le caratteristiche tecniche principali, preferiamo rimandare al link soprastante, concentrandoci qui perlopiù sull’approfondimento offerto dalla famosa testata. L’aspetto è relativamente compatto, un cilindro da poter piazzare ovunque in casa, avendo attenzione che nelle vicinanze vi sia una presa elettrica, dal momento che non è dotato di batteria. Una volta collegato alla rete Wi-Fi e fatto il pairing coi dispositivi Bluetooth, per la maggior parte del tempo Echo, anzi, Alexa, questo il suo nome proprio, rimane silente, in attesa di un input vocale dall’utente. Non appena sono richiesti i suoi servigi, però, si anima attraverso una voce femminile robotica. Molte delle funzionalità di assistente sono piuttosto simili a quanto offerto da Siri, Google Now e Cortana: si pone una domanda in linguaggio naturale (ad esempio, “Alexa, com’è il tempo a Roma domani?”) e si otterrà una risposta appropriata, simile a quella che darebbe un altro essere umano. Possono essere fatte domande di cultura generale, curiosità, nonché memorizzare appuntamenti, promemoria e liste di cose da fare, che vengono sincronizzate con l’app Echo, disponibile per tutte le principali piattaforme. Sempre in quest’ultima inoltre vengono dirottate le ricerche, tramite Bing, nei casi in cui non è disponibile una risposta pronta. Presenti, naturalmente, le principali opzioni per il controllo della riproduzione musicale.

Peccato purtroppo che questa è proprio la parte in cui meno eccelle. Se si cerca uno speaker Bluetooth per i brani è meglio rivolgersi ad altri prodotti più specializzati. Bassa, metallica e compressa: da questo punto di vista The Verge non le ha mandate a dire. Il controllo, almeno nella fase iniziale, è comodo, soprattutto se si conosce l’artista o il brano che si vuole ascoltare; meno invece scegliendo l’opzione casuale, soprattutto per il fatto che non c’è alcun feedback né visuale né sonoro, come il titolo, sulla canzone che sta per incominciare. A peggiorare la situazione è la condizione di quasi sordità in cui entra l’apparecchio durante la riproduzione: il brano sovrasta i numerosi microfoni di cui è dotato Echo, rendendolo ben poco sensibile alla voce dell’utente. Ne conseguono spiacevoli lotte verbali per il cambio di canzone, il controllo del volume o lo stop. L’unico modo per richiamare l’attenzione è premere il pulsante posto sulla sommità, ma anche ciò non garantisce che il comando venga recepito al primo tentativo. Nemmeno l’esperienza d’uso da assistente è priva di difficoltà. Le situazioni in cui l’input non viene capito sono tante, pressoché la meta delle volte, portando l’utente allo sfinimento e sull’orlo di lasciar perdere del tutto. La maggior pecca è che contrariamente a Siri e altri concorrenti non vi è alcun feedback in caso di incomprensione, rimane del tutto in silenzio. Infine, vi sono domande a cui inspiegabilmente non riesce a fornire risposta: nell’esempio principale riportato da David Pierce, Alexa ha indicato correttamente il settimo presidente degli Stati Uniti, Andrew Jackson, ma non il terzo, il ben più noto Thomas Jefferson.

Si tratta però di peccati di gioventù, da tener conto soprattutto per il fatto che Amazon sta costruendo l’infrastruttura di Echo da zero, con l’aiuto esclusivo della sua infrastruttura cloud, Bing a parte. Se consideriamo che dopo più di 3 anni di miglioramenti Siri è ancora lontana dall’impeccabilità, si può tranquillamente perdonare una primissima iterazione non matura. Uno degli aspetti più controversi del prodotto di Seattle è di fatto pure uno dei suoi maggiori punti di forza: la voce dell’utente viene registrata e archiviata (consultabile nella sezione History dell’app accessoria), con la possibilità per Amazon di capire dove funziona meglio e dove invece occorre intervenire. Per non parlare del potenziale che avrebbe se aperto a ben più servizi di terze parti rispetto ad ora, consentendo di effettuare una maggiore varietà di operazioni col solo riconoscimento vocale. Aspetti, insieme a un potenziamento generale dell’hardware, che se risolti forse renderebbero Echo il migliore assistente virtuale sulla piazza. Bezos non ha fretta, a dimostrarlo vi è lo stesso metodo di vendita, su invito. Si può solo migliorare. Vedremo in che modo Echo evolverà, sperando per la prossima versione di poter fare noi stessi una recensione.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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