Secondo il Financial Times, un gruppo di operatori europei si appresta a introdurre una nuova tecnologia per bloccare gli annunci pubblicitari presenti sui siti internet e nelle app. La mossa sarà attuata per costringere Google e gli altri publisher a cedere parte dei ricavi agli stessi operatori. La tecnologia alla base del blocco è stata sviluppata da una società israeliana compartecipata da Hutchinson Whampoa, la multinazionale cinese che possiede anche Tre (e, a quanto pare, presto anche Wind) e non funziona per gli annunci pubblicitari inseriti nei feed (come quelli usati da Facebook e Twitter). L’idea, comunque, potrebbe essere dannosa anche per le stesse sorti del web: molti siti internet, infatti, si mantengono grazie agli introiti pubblicitari generati da servizi come AdSense ed una loro sospensione potrebbe generare non pochi di natura economica. La motivazione alla base della pretesa è, inoltre, alquanto ridicola: le compagnie telefoniche chiedono di partecipare ai guadagni dei publisher solo perché sfruttano la loro rete mobile per la propria attività.
Insomma, visto che il gattino Virgola a cinque euro a settimana non va più come una volta (grazie anche alla black list nella quale i consumatori possono farsi inserire per non incorrere in questo genere di attività al limite del truffaldino), gli operatori preferiscono seguire altre strade che, ovviamente, finiranno per generare problemi solo ai piccoli e medi fornitori di contenuti e, molto probabilmente, anche ai fruitori, ai quali potrebbero essere richiesti dei micropagamenti per la lettura dei singoli articoli in rete.
Con buona pace della net neutrality.