Le due facce del Force Touch: da inutile a potenzialmente rivoluzionario

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Nutro una certa simpatia per Huawei, lo ammetto. È stato uno dei brand cinesi emergenti che ho tenuto d’occhio sin da subito, seppure non avessi mai provato un suo smartphone fino a qualche mese fa, quando ho avuto per un po’ un Ascend G7. Ci ho trovato molte cose buone; certo il design non è originale e il launcher è un mix tra Android ed iOS, ma il primo è solitamente elegante e impreziosito da buoni materiali ed il secondo è forse l’ideale per molte persone, specie per chi è abituato ad un iPhone. Negli ultimi anni l’azienda ha cercato di distinguersi con alcune chicche qua e là, ma ritengo senza nessuna intuizione particolarmente rilevante (sono pronto ad essere smentito). Alla presentazione del Mate S, il nuovo top di gamma visto all’IFA 2015, sono caduti nella tipica trappola che potremmo definire “emulazione precoce”, i cui sintomi ho descritto in questo articolo. In pratica i rumor dicevano che Apple avrebbe introdotto il Force Touch su iPhone 6s e Huawei è voluta arrivare prima, ma senza poter ancora sapere come lo avrebbero usato gli ingegneri di Cupertino. Il bello è che alla fine arriverà comunque dopo, perché l’iPhone 6s è già realtà da un paio di giorni mentre la versione di Mate S con Force Touch sarà disponibile più avanti, ma il danno ormai è stato fatto. Hanno preso una tecnologia potenzialmente rivoluzionaria e ci hanno fatto cose assolutamente banali e senza un filo conduttore. Piuttosto che sfruttarla come una dimensione in più nell’interazione l’hanno spalmata un po’ dovunque, ottenendo qualcosa di assolutamente irrilevante.

Questa anteprima video di MobileGeeks.de pubblicata il 2 settembre, dimostra che poche settimane fa brancolavano ancora nel buio, sia in termini di ottimizzazione (molte cose non andavano) che di idee. È un modello di pre-produzione, sia chiaro, però gli elementi per capire l’andazzo ci sono tutti. In pratica il Force Touch è usato per riprodurre i tasti indietro o il task manager, oppure per ingrandire parzialmente una foto nella galleria. Insomma, cose che dimostrano la volontà di utilizzare una tecnologia nuova (per loro) senza un minimo di visione. L’unica idea simpatica è quella di utilizzarlo come bilancia, ma, onestamente, lascia un po’ il tempo che trova (e bisognerà anche vederne l’affidabilità). Dando uno sguardo al seguente video di AppleInsider sul 3D Touch, ci si accorge dell’incredibile differenza nell’approccio della casa di Cupertino.

Apple, dopotutto, ha tirato fuori dal cilindro il Force Touch su Apple Watch, non come gingillo del marketing, ma come risposta ad una specifica esigenza di interazione, limitata dal piccolo schermo. Passando su iPhone, invece, dove questo consente di avere nativamente tutti i controlli necessari, hanno ben pensato di dargli funzionalità importanti ma accessorie. Cose in più, insomma, utili a risparmiare tempo nel quotidiano. Forse è per questo che gli hanno dato anche un nome diverso: 3D Touch. Copiare un’idea non è sbagliato, lo fa tutto il genere umano da millenni ed è fondamentale per l’evoluzione. La celebre metafora “sulla spalle dei giganti”, attribuita a Newton ma presumibilmente utilizzata per la prima volta da Bernardo di Chartres, sottolinea l’importanza di conoscere le intuizioni di chi ci ha preceduto e sfruttarle per poter guardare ancora più avanti. Il rischio di copiare senza capire, però, è dietro l’angolo, infatti Jobs in una intervista del 1984 citò la frase di Pablo Picasso “i buoni artisti copiano, mentre i grandi artisti rubano”. Sottolineando l’importanza di comprendere a fondo le intuizioni degli altri, farle proprie e migliorarle ulteriormente. È questo che ci consente di andare avanti, innovazione dopo innovazione, non certo prendere una tecnologia, intesa come “pezzo hardware”, ed utilizzarla senza averla veramente capita.

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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