Recensione: Apple TV 4G 2015, la prima vera piattaforma “smart” per TV

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Un hobby, così Jobs amava etichettare la Apple TV. Il primo modello del 2007 era precedente alla rivoluzione che l’iPhone avrebbe innescato di lì a poco, ma nasceva dall’esperienza maturata con iPod e iTunes Music Store. Lo storico CEO aveva quindi già ben chiara l’importanza che i contenuti multimediali avrebbero avuto nel prossimo futuro e per questo puntava a realizzare i dispositivi con i quali fruirne. Seguendo le sue affermazioni, rilasciate in diverse interviste nel corso degli anni, si capisce bene che in una prima fase riteneva che il centro di smistamento di questi contenuti dovesse essere il Mac, ma più avanti capì – e ben prima degli altri – che questi si sarebbero spostati su Internet. Prova ne sono i vari servizi cloud firmati Apple, che esistevano ancor prima che questo termine fosse di uso comune. Mi riferisco al vecchissimo iTools, poi diventuo .Mac nel 2002, MobileMe nel 2008 e infine iCloud nel 2011. L’iTunes Store fu la dimostrazione lampante che avesse ragione, divenendo rapidamente il punto di riferimento per l’acquisto legale di musica ed aprendosi anche ai video nel 2005.

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La seconda generazione di Apple TV arrivò nel 2010 e fu un grande cambiamento. Venne abbandonata l’architettura x86 e il sistema operativo basato su OS X (Tiger per la precisione), passando al connubio ARM + iOS che stava dando ottimi risultati su iPhone. Ciò ha portato diversi vantaggi, come la riduzione di dimensioni e peso, la completa silenziosità dovuta all’assenza di ventole, nonché la maggiore velocità di un OS più snello. Nel frattempo iTunes Store si era largamente affermato anche per la vendita ed il noleggio di film e serie TV in diverse aree del mondo e il set-top-box di Apple ne rendeva l’uso semplice ed immediato. Già in questa fase a Cupertino avevano il know-how, la piattaforma, l’influenza e l’opportunità per creare un App Store dedicato alla Apple TV. Nel 2010, infatti, l’iPhone era alla sua quarta versione e il concetto stesso di app un successo planetario. Decisero però di non aprirsi completamente agli sviluppatori e di portare su Apple TV solo una ristretta cerchia di partner selezionati. Grazie al Jailbreak, che al tempo spopolava su iPhone, nacquero delle soluzioni alternative per sfruttarla pienamente, come il famoso aTV Flash (Black) di FireCore, che già aveva trovato il modo di potenziare la prima versione. Il motivo per il quale Apple non creò un App Store su Apple TV 2G e sulla successiva 3G del 2012, che portò il Full HD e qualche miglioria hardware, non è dato saperlo, ma personalmente ritengo che stessero ancora valutando il mercato e le diverse possibilità, portando avanti il progetto con una posizione conservativa rispetto la propria piattaforma.

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Gli anni successivi hanno visto l’arrivo delle Smart TV, di decine di set-top-box alternativi e l’affermazione di servizi di streaming video, tra cui Netflix. Quest’ultimo, nato come un sistema di noleggio a domicilio di DVD, nel 2013 aveva 33 milioni di utenti iscritti alla propria piattaforma di streaming on-demand solo negli Stati Uniti, saliti a 70 milioni nel 2015 contando tutti i paesi in cui il servizio si è poi esteso. La visione di Jobs si è avverata per l’ennesima volta, ma Apple non è stata in grado di capire in tempo che la preferenza degli utenti si stava spostando verso gli abbonamenti tutto incluso, sia per l’audio che per il video. L’azienda che ha guidato la rivoluzione liquida e legale dei contenuti multimediali si è trovata ad essere in ritardo, mantenersi chiusa su sé stessa non sarebbe servito più a niente.

La lunga attesa tra la Apple TV 3G del 2012 e la 4G presentata a settembre del 2015 è servita per pianificare un ritorno in grande stile.

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Pur con tutte le limitazioni presenti, i vecchi modelli hanno conferito ad Apple la posizione di leader tra i set-top-box, ma questo traguardo è stato raggiungo anche grazie alla progressiva apertura ad altri servizi concorrenti. Netflix, ad esempio, ha la propria app “autorizzata” su Apple TV da diverso tempo. L’attenzione è stata quindi spostata altrove, cercando di migliorare l’esperienza degli utenti per imporsi come piattaforma di riferimento per Smart TV. È risaputo che Jobs volesse rivoluzionare questo settore, ma l’idea di produrre un TV vero e proprio non è mai sembrata attuabile. Il problema non è tanto quello di scontrarsi con un settore nuovo, cosa che Apple ha dimostrato più volte di non temere e di portare a termine con risultati strabilianti, quanto quella di non averne nessun vantaggio. Il mercato dei TV si sostiene a stento a causa di cicli di rinnovo lenti e delle gare al ribasso nei centri commerciali, per cui sarebbe difficile (se non impossibile) guadaganare bene, vendere milioni di esemplari ogni anno e stimolare il ricambio costantemente. Dunque l’idea del set-top-box è sembrata ancora la migliore, ma bisognava ripartire da zero. Tutti i TV ormai sono “smart”, ma la situazione per il consumatore è tutt’altro che rosea. Esistono troppe piattaforme diverse, spesso anche gli stessi produttori le cambiano di anno in anno, le vecchie hanno pochi aggiornamenti, sono mediamente lente e macchinose nell’interazione e la parcellizzazione rende la vita difficile sia agli sviluppatori che ai consumatori. Io ho un TV LG del 2013 che ha YouTube, TimVision ed una sorta di client Plex, ma non supporta Netflix, Infinity o Sky Online, e difficilmente li vedrò arrivare nei prossimi mesi. In quella Samsung del 2014 ho più servizi, ma cosa succederà tra un anno? Inoltre è piuttosto lenta pur avendo un processore quad-core, tant’è che nella maggior parte dei casi preferisco cercare ed avviare i contenuti dallo smartphone e mandarli al TV sfruttando AirPlay o Miracast.

Guardando lo stato attuale delle cose, non è difficile immaginare che Apple possa fare la differenza. Con la sua influenza, le idee semplici ma ben realizzate, le belle e veloci interfacce, l’attenzione per l’usabilità, l’App Store e la forza di uno sterminato numero di sviluppatori e di app presenti su iOS (il cui codice è parzialmente riusabile su tvOS), la nuova Apple TV 4G potrebbe essere veramente una rivoluzione. Ma ci vuole obbligatoriamente il condizionale, perché è arrivata da poco più di una settimana ed è ancora troppo presto anche solo per pensare di trarre delle conclusioni. Quello che invece possiamo fare è vedere cosa ci offre oggi.

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Scatola nera, ben più larga della precedente, non tanto per le maggiori dimensioni della Apple TV 4G (che è cresciuta solo in altezza) quanto per la diversa collocazione degli elementi. Il telecomando prima era sepolto all’interno, mentre ora ha un posto di rilievo a fianco del set-top-box. Lo chiamerò Siri Remote, anche se sul sito italiano lo troverete indicato come “Apple TV Remote”, perché questa distinzione nel nome è solo temporanea ed è stata decisa dagli uomini marketing di Cupertino per via del fatto che Siri, ovvero il controllo vocale, al momento è disponibile solo in 8 Paesi, e l’Italia non è tra questi. Tuttavia l’Apple TV Remote è, di fatto, un Siri Remote. Se non ci credete provate ad attivare la vostra Apple TV con un account USA e vedrete che il controllo vocale funziona regolarmente. Il ritardo nell’arrivo di Siri è dovuto al fatto che la ricerca globale non è ancora in grado di capire le diverse pronunce dei titoli dei film e dei nomi degli attori stranieri in tutte le lingue. Un problema che chiunque abbia provato a richiedere alla Siri “italiana” una canzone con titolo inglese ha già potuto appurare. Su iPhone si poteva anche soprassedere – hanno evidentemente pensato a Cupertino – ma non sulla Apple TV, perché la ricerca di contenuti multimediali sarà uno delle colonne portanti della piattaforma. I benefici, però, li vedremo estesi ovunque venga usato il controllo vocale.

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Il Siri Remote è un po’ più largo e spesso del vecchio telecomando ed è realizzato in plastica, alluminio e vetro. Avete capito bene, vetro. Questo è il materiale che Apple ha deciso di usare per il trackpad che si trova nella zona superiore e se la scelta è sicuramente discutibile in termini di durabilità, usandolo vi accorgerete di quanto è comodo. Tutti i trackpad Apple sono in vetro da diversi anni ed è per questo motivo che sono così precisi e scorrevoli. Di contro è meglio non farlo cadere, pericolo fin troppo concreto visto che il telecomando si usa anche come un sensore di movimento grazie ad accelerometro e giroscopio. In più, Apple, con l’evidente obiettivo di farsi odiare dall’acquirenti (what else?), ha deciso di vendere separatamente il laccetto da polso, alla modifca cifra di 15€. Probabilmente con la stessa spesa si riesce a comprare un Chromecast di seconda mano, giusto per fare un paragone che magari sarà improprio ma credo renda l’idea. Chiamatela caduta di stile, cupidigia o come preferite, il succo è che quell’elemento doveva far parte della dotazione di serie, c’è poco da girarci intorno. Sarà anche fatto bene, con l’interessante idea dell’aggancio Lightning (che, a proposito, non funziona su iPhone), ma siamo onesti, gli costerà qualche centesimo di dollaro. E non è neanche questo il punto. Il fatto è che mentre si muove il Siri Remote avanti e indietro per giocarci a tennis, tanto per dirne una, non ci vuole poi tanto a vederselo volare dalle mani. E facendo il tutto parte dell’uso naturale del prodotto, va da sé che questo piccolo accessorio doveva essere incluso nella confezione. Mi sono sfogato, andiamo avanti.

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Il Siri Remote ha una batteria integrata che secondo Apple dura qualche mese con un uso normale. Se volete ne riparliamo nel 2016, ma direi che facendo una proporzione con questi primi giorni l’autonomia è più o meno realistica. Si ricarica col cavo Lightning, che fortunatamente è in dotazione, ma non c’è nessun indicatore visivo. Probabilmente la Apple TV ci avviserà al raggiungimento di una data soglia, di solito il 20%, così che lo si possa ricaricare per tempo, ma si può sempre verificare la batteria dalle impostazioni. Manca il cavo HDMI, ma quello personalmente non mi disturba. Sarà perché non si trova sempre nei set-top-box, perché non c’è mai stato nelle Apple TV, perché ne ho sempre uno in casa o perché si tratta di un elemento standard acquistabile ovunque e per pochi euro nella lunghezza che vogliamo, ma onestamente non mi aspettavo di averlo e non ne ho sentito la mancanza.

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La Apple TV 4G ha lo stesso aspetto e la stessa identica sezione delle due precedenti, ma è più alta di circa 1cm. All’interno troviamo un SoC A8, 2GB di RAM, Wi-Fi dual band 802.11ac, Bluetooth 4.0 e 32 o 64GB di memoria a seconda del modello che si sceglie (ne riparleremo più avanti). Sul retro troviamo la classica alimentazione, la porta HDMI, quella USB-C e la Ethernet 10/100 (la Gigabit sarebbe stata più o meno inutile, infatti manca in quasi tutti i set-top-box). È stata quindi rimossa l’uscita audio ottica, perché il segnale viene trasmesso con la stessa identica qualità sulla porta HDMI 1.4. Questa supporterebbe, tra gli altri, anche il DTS, ma la Apple TV 4G digerisce nativamente AAC, MP3, ALAC, AIFF, WAV, Dolby Digital, Dolby Digital AC3 e Dolby Digital Plus, il resto viene transcodificato.

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Personalmente il cavo ottico l’ho sempre usato dal TV alla soundbar, per cui a me non è cambiato assolutamente nulla nel cablaggio, però è possibile che in qualche setup avanzato fosse meglio avere l’uscita dedicata. In termini di qualità non cambia niente, ma se avete esperienze dirette in merito mi farebbe piacere sapere in cosa e perché trovavate migliore la soluzione precedente. Per quanto riguarda la USB-C, che ha sostituito la vecchia microUSB, è superfluo precisare che è “di servizio”, quindi non destinata all’utente per collegare dischi o periferiche esterne. Si può usare essenzialmente per diagnostica e per collegarla al computer al fine di installare aggiornamenti o catturare il flusso video tramite QuickTime (vengono bloccati i video ovviamente, altrimenti si potrebbero rippare in un attimo).

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L’uscita HDMI 1.4 in teoria supporterebbe il 4K (più precisamente UHD fino a 30fps), ma Apple ha preferito limitarsi al Full HD. Alcuni pensano che possa essere “sbloccata” più avanti, ma non ci farei troppo affidamento. Forse hanno ragionato sul fatto che su iTunes non ci sono film con questa risoluzione, oppure preferito di non sforzare troppo la GPU. Ci fosse stato il 4K l’avrei apprezzato, ma non soffro troppo la mancanza. Come ho avuto modo di dire in un articolo dedicato, i contenuti con questa risoluzione sono pochissimi e se sono trasmessi in streaming di solito hanno una compressione elevata (specie sulle linee italiane) per cui preferisco un buon Full HD che un 4K tirato per le orecchie.

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Il primo setup è molto semplice e ben guidato. Una cosa interessante è che non è necessario immettere il proprio Apple ID e la configurazione della rete Wi-Fi se si dispone di un dispositivo con iOS 9.1 o superiore. Basterà attivare il Bluetooth su quest’ultimo ed avvicinarlo alla Apple TV, che si copierà, previa nostra autorizzazione, tutti i dati necessari. La home è molto gradevole, strutturalmente simile a quella tradizionale, ma profondamente rivista nella scelta cromatica e negli effetti. Lo sfondo è grigio chiaro, con delle delicate dominanti di colore tratte dagli elementi in primo piano. La zona superiore presenta i classici banner in evidenza, che cambiano a seconda dell’app attiva, mentre in basso c’è una prima fila di app che ricorda un po’ il Dock di OS X ed iOS, tutte le altre sono nella schermata inferiore. Tenendo premuto il trackad attiviamo la modalità di trascinamento, così possiamo spostarle dove vogliamo, e con Play/Pausa abbiamo la possibilità di eliminarle. Quando indugiamo su di una icona muovendo leggermente il pollice sul trackpad, questa si muove in tre dimensioni, con un effetto grafico davvero curato sia dal punto di vista della prospettiva che dell’illuminazione. Evidentemente gli sviluppatori forniscono ad Apple delle icone su più livelli, in quanto si vedono gli elementi che si spostano a velocità diverse per generare un gradevole effetto di profondità. È un dettaglio, ma di quelli che rendono Apple Apple.

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Le app principali sono Movies, Foto, Musica, Ricerca, Computer e Impostazioni, oltre ovviamente all’App Store. Riassumendo brevemente, la prima fornisce accesso all’archivio di film dell’iTunes Store (da noi non ci sono le serie TV e temo che ormai non arriveranno più), la seconda allo Streaming Foto (ancora non supporta la Libreria Foto iCloud, assurdo), Musica alle radio, ai contenuti di iTunes Match e di Apple Music (a seconda dei servizi sottoscritti), la Ricerca è un po’ come Spotlight (quindi omnicomprensiva), con Computer si apre in remoto la libreria dei Mac che hanno attivato la condivisione in famiglia su iTunes, mentre Impostazioni ed App Store non hanno bisogno di particolari spiegazioni. Molto bello lo screensaver che mostra dei filmati in movimento di alcune località spettacolari e che Apple promette di cambiare ogni mese con un download automatico di circa 600MB (ma si può bloccare o sceglierne uno diverso dalle impostazioni).

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Da notare che il Siri Remote può essere istruito per modificare il volume del TV o di un qualsiasi apparato esterno, come un amplificatore o una Soundbar. Basta attivare la funzionalità dalle impostazioni e creare un nuovo profilo, verrà richiesto di premere i pulsanti volume + e – del telecomando originale puntando sul sensore IR del Siri Remote, che ne clonerà il segnale. Sempre dalle impostazioni dei telecomandi possiamo abbinare un joypad, nello specifico io ho usato il Nimbus Steelseries che viene venduto su Apple Store e che, oltre ad essere certificato MFi, è il primo ad essere nato specificatamente per la Apple TV 4G.

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Questo è piuttosto ben realizzato, si collega tramite Bluetooth e si ricarica via porta Lightning. È usabile quasi con tutto il sistema e moltissime app, ma i giochi specificatamente ottimizzati per l’uso con il controller vengono identificati con una icona ed apposita dicitura nell’App Store. Apple ha obbligato gli sviluppatori a rendere ogni app prima di tutto usabile al 100% con il solo Siri Remote, quindi il joypad non è un requisito fondamentale per nessuna, ma ci sono diversi giochi che rendono molto meglio con questo. Da segnalare che è possibile abbinare anche una cuffia Bluetooth, aggirando uno dei limiti dei TV moderni che, per qualche assurda ragione, quasi mai offrono tale possibilità.

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La questione dell’App Store credo vada affrontata sotto punti di vista diversi, ma prima di ogni cosa si deve tener conto del fatto che è attivo da 10gg e che mancano ancora delle cose fondamentali. Allo stato attuale ci sono poche centinaia di app, ma la maggior parte sono indecenti, dall’icona alla realizzazione, e sono quasi tutte a pagamento. Data la quantità ridotta di quelle di qualità, Apple ha deciso di non attivare ancora la navigazione per categorie. In alcuni paesi pare sia già visibile quantomeno la classifica, ma da noi manca anche quella, probabilmente per mancanza di una quantità di dati statisticamente rilevante (stesso motivo per cui spesso non ci sono le recensioni). Quindi nell’App Store vediamo un po’ di app e giochi messi in evidenza direttamente da Apple, in quanto giudicati validi, mentre per trovare gli altri dobbiamo usare la ricerca testuale. In sostanza o sappiamo esattamente ciò che cerchiamo, oppure possiamo digitare le lettere dell’alfabeto una ad una per vedere tutte le app il cui nome inizia con [A-Z]. È scomodo, ma sono certo che Apple lo sappia e lo abbia fatto di proposito. L’idea, per me condivisibile, è quella che è molto meglio far credere che ci siano poche app buone che mostrarle mischiate con centinaia di schifezze. Queste ultime mi meraviglio anche che siano state approvate, ma in realtà ci sono anche su iOS fintanto che non violano le linee guida, solo che lì vengono schiacciate e fatte letteralmente sparire dagli algoritmi basati sulla popolarità, i quali portano naturalmente la roba scadente al di sotto dei radar (e neanche sempre). Visto che la quantità di contenuti su tvOS non consente ancora questo risultato, secondo me è meglio continuare così per qualche altra settimana. Le persone che speravano che una piattaforma nata ieri potesse essere già lussureggiante e stracolma di app allettanti e gratuite sono semplicemente illuse. Se le sentite lamentarsi, ignoratele. Dopotutto la questione oggi non è se la Apple TV 4G sarà un successo, perché, parliamoci chiaro, lo sarà sicuramente. Come ho già detto prima, i vecchi modelli hanno la più alta diffusione al mondo tra i set-top-box e questo nuovo fa già molto di più ed infinitamente meglio. La domanda, semmai, è se la piattaforma tvOS diventerà o no una rivoluzione epocale per le Smart TV. Su questo l’App Store avrà un ruolo determinante nei prossimi mesi.

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Per descrivervi meglio il funzionamento ho realizzato un video, che passa in rassegna le varie fasi dall’unboxing, al primo setup e all’uso. Va specificato che questo tiene conto dello stato delle cose al 7 novembre 2015 con la prima versione del sistema operativo, per cui se leggerete questa recensione più avanti nel tempo potreste notare delle differenze più o meno evidenti. In particolare l’App Store dovrebbe subire diverse aggiunte nelle prossime settimane.

[youtube https://youtu.be/h6r-epQivk4]

Conclusione

Io credo, avendo usato la maggior parte dei sistemi smart presenti sulle attuali TV, che chiunque proverà per 2 minuti una Apple TV 4G se ne innamorerà. Non è tanto quello che fa il punto cruciale, ma come lo fa. L’esperienza, ancora una volta, sarà l’arma vincente di Apple. tvOS 1.0 non è completo su tutti i fronti, l’App Store deve crescere, ma il tutto si usa in modo semplice e con quella naturalezza e velocità che è tipica degli OS e delle interfacce realizzate a Cupertino. Come al solito non hanno inventato niente: ho un telecomando con accelerometro e puntatatore sul mio TV del 2013 ed uno con microfono su quello del 2014, entrambi con un sistema operativo su cui installare app. Ma non sono le schede tecniche a dirci se un prodotto è valido. Pensate a quelli che guardando il primo iPhone dissero che sarebbe stato rifiutato dagli utenti perché non aveva il 3G, la fotocamera frontale e le videochiamate, cose che già si trovavano sui cellulari dell’epoca. Non voglio però suggerirvi l’idea che la Apple TV 4G possa essere una rivoluzione di quella stessa portata, semplicemente perché c’è meno bisogno di Smart TV che di smartphone e perché moltissimi utenti si continueranno ad accontentare delle funzionalità offerte dal loro TV piuttosto che acquistare un set-top-box esterno (e non hanno tutti i torti). Sicuramente io ne sono fin troppo entusiasta perché aspettavo da tempo questo prodotto e non mi ha deluso, ma resto fermamente convinto di due cose: già in questa primissima versione offre la migliore esperienza d’uso esistente su TV e le app di qualità arriveranno presto e numerose. Non serve che l’App Store diventi qualcosa di sterminato come su iOS, bastano pochissime centinaia di app e giochi di buon livello per radere al suolo la concorrenza. I giochi, poi, sono un aspetto da non trascurare. È palesemente chiaro che non è una console, ma già dai primi titoli disponibili si capisce che le qualità grafiche e la velocità di risposta del Siri Remote sono più che sufficienti ad offrire un ottimo intrattenimento. Se poi si spende qualcosa in più per il joypad, ecco che ci si può davvero divertire. E questo è tutto valore aggiunto visto che non ci sono Smart TV con un gameplay neanche lontamente paragonabile. Per cui abbiamo un prodotto che risponde alla crescente esigenza di fruizione di contenuti in streaming, che si usa con semplicità e velocità, che unisce intrattenimento videoludico come una discreta console e non costa neanche tanto. Non provate a fare confronti, perché non ce ne sono. Potreste dire che al momento avete il vecchio modello che costa 100€ in meno e ci si può già vedere YouTube e Netflix e giocare dall’iPhone tramite AirPlay, ed è tutto vero, ma basta che una piccola percentuale di voi senta la voglia di fare l’upgrade per via dell’App Store e si troverà di fronte ad un mondo tutto nuovo ed una esperienza d’uso inarrivabile dalle precedenti. Mi sono trovato più di una volta a girovagare nel sistema, fare ricerche nello store, provare app, cose che su uno Smart TV tradizionale eviti come la peste tanto sono frustranti, mentre qui sono naturali e quasi “invogliate” dalla piattaforma, così come avviene su iOS. Stanno uscendo nuovi set-top-box interessanti e il Roku 4 è uno di questi, ma gli effetti della Apple TV 4G sui produttori concorrenti li vedremo solo nel tardo 2016. Nel frattempo tvOS avrà modo di maturare e non ci sono ragioni per pensare che grandi e piccoli sviluppatori non ci si butteranno a capofitto. Volete aspettare che la piattaforma abbia un più vasto ventaglio di offerta? Assolutamente lecito, ma i 179€ per la versione da 32GB sono assolutamente accettabili già per quello che offre ora. La 64GB da 229€ è un po’ una scommessa, sia per gli utenti che per Apple, che infatti ha preferito farsi pagare “poco” (per i suoi standard) il raddoppio di memoria. Allo stato attuale la 32GB è più che sufficiente, probabilmente contiene tutte le app che sono disponibili oggi sullo store, quindi non è di sicuro una necessità andare oltre. Vero è che se credete un minimo nella piattaforma e vi interessa il gaming (perché lato audio/video più o meno sarà tutto in streaming), potreste pensare di “investire” 50€ per la longevità del prodotto. Se dovessi consigliarne una, però, opterei per quella base. E che non vi venga in mente di comprare il cavo HDMI su Apple Store a 25€ quando quello di Amazon costa 5,99€ ed è compatibile HDMI 1.4.

PRO
+ Semplice installazione e configurazione
+ App Store giovane ma allettante per utenti e sviluppatori
+ Interfaccia bella, chiara e velocissima
+ Siri Remote molto piacevole da usare
+ Ottime prestazioni
+ Buone possibilità di gioco “casual”
+ In sintesi: la prima vera piattaforma per “Smart” per TV

CONTRO
- Non supporta il 4K
- Laccetto da polso non incluso
- tvOS deve ancora maturare

DA CONSIDERARE
| Diventerà più comoda da usare quando arriverà Siri in Italia
| Avrei invertito i tasti Siri e Play/Pausa del telecomando

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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