Google paga Apple, che guadagna dal suo business mentre in pubblico lo denigra

Apple deve molto a Google. Gran parte del successo del primo iPhone è stato ottenuto grazie all’eccellenza dei suoi servizi, come Maps, e l’integrazione col motore di ricerca. Poco più avanti si è attivata quella che Jobs ha chiamato, senza mezzi termini (come sua prassi), guerra termonucleare contro Android, cosa che ovviamente ha inasprito i rapporti. Google ha sapientemente sfruttato l’esperienza ottenuta lavorando fianco a fianco con Apple nella realizzazione del suo primo smartphone e Jobs non l’ha certo presa bene. Tuttavia le sinergie sono andate avanti per anni e continuano anche oggi, seppure in misura minore. Apple ha creato il suo sistema di navigazione per emanciparsi da quello di Big G ed ha ampliato sempre più i propri servizi cloud per risultare autonoma. Ci sono anche diverse opzioni per il motore di ricerca, ma Google rimane il preferito dagli utenti oltre che quello predefinito (mentre Siri usa Bing dal 2013).

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Tim Cook ha più volte sottolineato l’attenzione di Apple per la privacy, andando anche ad attaccare senza tanta diplomazia chi fa business sui dati degli utenti. Tuttavia in una causa tra Google e Oracle relativa all’uso della tecnologia Java, sono venute fuori delle informazioni inedite riportate oggi da TechCrunch. Dai documenti presentati emergerebbe un pagamento di 1 miliardo di dollari a favore di Apple per essere il motore predefinito su iOS nel 2014. Ancora più rilevante potrebbe però essere un’altra cosa, ovvero che ad un certo punto Apple otteneva il 34% dei guadagni pubblicitari di Google derivanti dai suoi dispositivi. Sono accordi commerciali che hanno senso, non c’è dubbio su questo, tuttavia se l’informazione – risalente al report di Bloomberg – fosse esatta,  Tim Cook potrebbe aver peccato un tantino di ipocrisia nell’additare negativamente un tipo di attività da cui Apple stessa ha tratto ricavi. Non pensate?

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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