Negli ultimi anni la ricerca tecnologica nell’ambito dell’archiviazione si sta muovendo verso il duplice obiettivo, oltre che di aumentare le velocità di scrittura e lettura, di perfezionare la quantità di dati scrivibili nello stesso spazio e di allungare la longevità del supporto. Su questa scia sembra muoversi anche Microsoft che sta testando l'uso del DNA per la memorizzazione dei dati. Infatti, secondo quanto riportato da ArsTechnica, la casa di Redmond ha acquistato dieci milioni di filamenti di DNA prodotti da Twist Bioscience. Le potenzialità di archiviazione del DNA rispetto ai sistemi di storage tradizionali sono incredibili, difatti 1 grammo di DNA può contenere quasi 1 miliardo di terabyte (1 zettabyte; tra un po’ forse dovremo abituarci ad utilizzare questi termini). Altra caratteristica fondamentale è l’estrema resistenza nel tempo: frammenti di DNA trovati a distanza di migliaia di anni sono stati analizzati con successo.
Date tali peculiarità, il DNA ben si adatterebbe nel diventare lo strumento del futuro per lo storage dei dati a lungo termine. Un futuro non così fantascientifico, visto che dei dati binari vi sono stati già memorizzati con successo. Tuttavia, allo stato attuale permangono difficoltà legate al costo sia della scrittura che della lettura. Una delle società attive in questo campo è proprio Twist che ha sviluppato una macchina per produrre stringhe personalizzate di DNA, il cui costo attuale raggiunge i 10 centesimi di dollaro per singola base (il gradino della scala a chiocciola); la società sta attualmente testando dei metodi per far scendere questo costo a 2 centesimi. Anche nel campo della lettura si sono compiuti dei grandi passi negli ultimi 20 anni, in cui la spesa di una stessa operazione è scesa da 3 miliardi di dollari a “soli” 1000. Gli sforzi di Microsoft potrebbero quindi essere rivolti nello sviluppo di una tecnologia per abbassare sensibilmente i costi a tal punto da rendere commercializzabile, almeno all'inizio in ambito enterprise, tale soluzione di archiviazione.