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Meizu, non ci eravamo forse già incontrati? Ah, sì, con M2 mini, alla fine del 2015. L’impressione che ebbi in quell’occasione fu positiva ma non troppo. Il dispositivo presentava un buon rapporto qualità/prezzo, una costruzione apprezzabile seppur in policarbonato, una fotocamera che ben si faceva notare, ma un software non ancora maturo per il mercato occidentale. Nel corso dei mesi successivi Meizu ha sfornato svariati dispositivi, come il Pro 6 dotato di schermo con rilevamento della pressione e la serie di fascia media M3. Tre sono i modelli di cui si compone: M3 (o M3 mini), diretto successore di quello che avevamo testato, M3s (essenzialmente l’M3 ma con scocca in metallo e sensore d’impronte digitali) e M3 Note. Il dispositivo oggetto di questa prova è proprio quest’ultimo. Vediamo come si è comportato.

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Caratteristiche principali

Come abbiamo già detto, ci troviamo davanti a un prodotto di fascia media. Costruito quasi interamente in lega d’alluminio serie 6000 (la medesima adoperata da Apple per l’iPhone 6, con gli annessi e connessi visti), dispone nel frontale di un display da 5,5″ con risoluzione Full HD e un pulsante home dotato di sensore per le impronte digitali mTouch 2.1. All’interno troviamo un SoC Mediatek, Helio P10, dotato di 4 core ARM Cortex-A53 con frequenza di 1,8 GHz e altri 4 che operano invece a 1 GHz. RAM e spazio di archiviazione differiscono a seconda della versione: si può acquistare con l’accoppiata 2 GB RAM/16 GB flash (come quella da noi provata) oppure con 3 GB RAM/32 GB flash.

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Come si può vedere, Meizu prosegue nella tradizione dei telefoni dual-SIM in formato nano, nel sui secondo slot è possibile inserire una scheda microSD per espandere la memoria interna. Sul fronte della connettività è abbastanza completo, con LTE fino a 300 Mbps (ma privo della banda da 800 MHz), Wi-Fi 802.11n dual band e Bluetooth 4.0. Classica assenza dei cinafonini è NFC, e questo M3 Note non fa eccezione. Sulla scocca posteriore troviamo invece una fotocamera da 13 MP, dotata di HDR, autofocus con rilevamento di fase e flash LED a doppia tonalità; il modulo anteriore si ferma invece a quota 5 MP. La batteria, infine, è non rimovibile da 4.100 mAh.

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Parlando della confezione, è molto essenziale e curata, anche più di quella di M2. Se volevano creare un effetto Apple-like, direi che nel complesso è riuscito. Al contempo, però, è rimasta spartana proprio come per il precedente dispositivo testato: telefono, graffetta per l’estrazione del carrellino SIM, un breve manuale introduttivo, cavo Micro USB e caricabatterie, con presa cinese nella versione da noi provata (la versione internazionale nel frattempo è entrata in commercio, dunque i nuovi acquirenti non dovranno munirsi di adattatori). Tutto qui? Tutto qui.

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Design ed ergonomia

Se già con M2 avevamo notato una somiglianza marcata con iPhone, qui è veramente spaventosa. Osservate l’immagine sottostante, dove al Meizu viene affiancato un 6s Plus: sembra come trovarsi davanti a un VIP e ad un suo sosia, non del tutto uguale ma estremamente simile. Anche la robusta scocca metallica (disponibile nei colori bianco, grigio e oro) tende a restringere in modo sensibile le differenze costruttive, persino in positivo nei confronti del dispositivo cinese: coi suoi 163 grammi è ben più leggero del 6s Plus, che si attesta su 192 g. Più in generale, l’ergonomia è riuscita, impugnandolo comodamente e senza problemi di scivolosità. Gli unici difetti sono nei pannelli di policarbonato in corrispondenza delle antenne, soggetti a piccoli graffi anche prestando molta cura nel riporlo o nel metterlo in tasca.

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Sul frontale è completamente privo di qualsiasi scritta, anche qui riprendendo la filosofia cupertiniana. Sotto al display troviamo un singolo pulsante fisico centrale. Come su M2 è dotato di tre funzionalità principali: con una pressione breve si torna alla schermata home, con una prolungata si blocca lo schermo (anche se su questa versione cinese richiama invece una sorta di Siri locale), mentre con un semplice tocco si torna indietro all’interno di un’app. È dotato di un sensore d’impronte digitali integrato, che presenta una buona affidabilità anche ponendovi il dito con angolazione non perfetta. Nella parte alta, accanto al vivavoce e alla fotocamera anteriore (dall’altra parte vi è invece il sensore di luminosità), troviamo un piccolo LED di notifica. La tonalità rimane fredda, ma comparato a quello di M2 risalta maggiormente.

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Davanti a 5,5″, non è pensabile di usarlo sempre a una mano, ma è un classico di dispositivi così poderosi in termini di schermo. Lo strato oleofobico fa abbastanza il suo dovere, con ditate non eccessivamente visibili e comunque rimovibili in modo rapido. Giudizio sospeso invece per il vetro protettivo Dinorex T2X-1: benché all’apparenza sembri solido, in altre recensioni ha dimostrato poca resistenza a urti anche da poca distanza dal suolo. Meglio prestare dunque attenzione predisponendo una pellicola.

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Paradossalmente, il momento in cui si andrà più delle volte a usarlo con due mani è quando si azionano i tasti laterali sulla destra, per volume e accensione/blocco schermo. La posizione è però meno rialzata rispetto a M2, dunque sono fiducioso di un’esperienza positiva a una sola mano su dispositivi più compatti come M3s. A sinistra troviamo solo il carrellino per SIM e microSD: sempre rapportato a M2, dimenticatevi le difficoltà. Non occorre arrivare a fine corsa con la graffetta, viene fuori come il burro. Inferiormente, abbiamo il microfono principale, la porta microUSB al centro e l’altoparlante. Sul lato superiore invece ci sono il jack cuffie da 3,5 mm e il microfono secondario per la riduzione del rumore.

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Display

Lo schermo da 5,5″ è una delle parti più riuscite di questo M3 Note. La risoluzione Full HD è perfettamente adeguata alla fascia di mercato in cui si colloca il dispositivo, e detto in tutta franchezza nemmeno si avverte la necessità di andare oltre, anche perché risoluzioni più alte richiedono poi di più all’hardware stesso. Con 403 ppi l’effetto Retina è più che garantito. A ciò si aggiunge un’altra chicca in stile Apple, ovvero l’adozione di un display IPS con metodo produttivo LTPS. Usato anche sugli iPhone, il suo vantaggio principale è una consistente riduzione dei consumi rispetto agli IPS “classici”, cosa a cui non fatico a credere vista l’autonomia che raggiunge (ritornerò più in là sulla questione). La tecnologia software MiraVision 2.0 dà buoni frutti già con l’impostazione di default, restituendo colori vividi e un buon contrasto; in certe occasioni potrei dire pure che quest’ultimo tenda ad eccedere. È possibile regolare la temperatura, così da ottenere tonalità più calde o più fredde. Nella visione all’aperto si comporta altrettanto bene, sempre a patto di non avere proprio il sole contro. Ai lati, invece, la natura IPS tende a mostrare il fianco, con variazioni percettibili, soprattutto per i colori freddi.

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Non abbiamo a disposizione funzionalità come Display Ambient, pertanto alla ricezione di una notifica dovremo riattivare lo schermo, visto che di default solo il LED ci indicherà che è arrivato qualcosa. Qui viene in aiuto il doppio tocco, che agisce a telefono bloccato. Due colpetti di dito o di nocca riaccendono il display, altri due colpetti lo spengono. Peculiarità non solo di Flyme ma anche di molti altri dispositivi cinesi, Huawei in testa, è la possibilità di associare il disegno di lettere all’avvio rapido di app a propria scelta, ad esempio la “c” per la fotocamera o “m” per la posta elettronica.

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Multimedia

Iniziamo parlando brevemente dell’audio: non eccelle, ad essere franchi. La capsula auricolare restituisce in modo chiaro la voce dell’interlocutore, ma il volume rimane piuttosto basso. L’altoparlante principale nella parte inferiore si comporta meglio, ma alzando il volume tende a gracchiare. L’assenza di auricolari in dotazione dà libertà all’utente di scegliere un qualsiasi modello per l’ascolto con buoni risultati. È presente un equalizzatore, ma i preset sono pochi e non granché efficaci. Rispetto all’altro modello che avevamo provato è scomparsa l’opzione Dirac HD, ma non c’è da strapparsi i capelli visti i pochissimi auricolari supportati.

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La fotocamera principale presenta un sensore da 13 MP, con lente a 5 elementi e apertura f/2.2. Benché non è noto il produttore, sarei ben poco stupito se si trattasse dello stesso sensore Samsung già visto su M2. L’interfaccia rispetto al precedente dispositivo è stata modificata, con le principali opzioni a disposizione sulla parte superiore (flash, timer, filtri, cambio fotocamera e pannello delle impostazioni). Di solito quando una cosa è ben riuscita si tende poco a cambiarla, ma in questo caso il buon lavoro svolto su M2 è stato ulteriormente migliorato. Le impostazioni presentano tutto l’essenziale, trovo solo discutibile che il controllo vocale richiede la pronuncia di una parola cinese, ma è da verificare se sia imputabile alla presenza di un firmware specifico per quel mercato nell’esemplare in esemplare.

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Riguardo le foto, i risultati si fanno apprezzare. Tende a saturare i colori un po’ più del dovuto, ma il rumore è contenuto e anche i dettagli sono buoni. Nelle macro si comporta davvero bene, tenendo quasi testa agli iPhone. Il vero problema? È il leeeeeeeeentooooo autofooooooooocusssss. Il rilevamento di fase permette nel frattempo di prendersi un caffè… Le cose vanno leggermente meglio impostando il punto di messa a fuoco con le dita, ma rimane comunque troppo lento e talvolta ci si accorge del disastro solo quando si riguarda la foto al computer. Discreta la resa anche per i video a 1080p e per la fotocamera frontale.

Prestazioni

Parlando di performance, finché restiamo sull’uso quotidiano/lavorativo non c’è di che lamentarci. Le app si avviano rapidamente, il passaggio tramite multitasking non comporta impuntamenti e le animazioni sono quasi sempre fluide. Avere un altro GB di RAM sarebbe però stato di ulteriore aiuto. Nei benchmark, in multi-core l’Helio P10 non si comporta affatto male, lasciando più terreno in AnTuTu dove viene maggiormente coinvolta la GPU. La Mali T860 di ARM non si propone ai videogiocatori incalliti: su titoli piuttosto esigenti dal punto di vista grafico come Asphalt i lag si notano, pur non rendendolo nemmeno completamente ingiocabile. Molto meglio sfruttarlo per passatempi più semplici come Bejeweled Stars. In qualsiasi situazione il riscaldamento è contenuto.

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La ricezione non presenta particolari pecche, mantenendosi almeno in 3G pressoché in modo costante. Il punto dolente rimane il 4G: provandolo appositamente con Wind, che fa ampio uso della banda 800, il risultato è stato praticamente HSPA+ fisso. Solo nelle grandi città va un po’ meglio, essendo presenti celle con banda 2600. Con TIM (ma anche Vodafone e 3) si soffre di meno, avendo a disposizione pure i 1800 MHz, ma se comparato a dispositivi con tutte e tre le bande supportate la differenza rimane ben avvertibile. Rimane lo stesso problema già visto su M2, con diversi secondi che intercorrono dapprima tra l’avvio del sistema e la richiesta del PIN e poi tra questa e l’aggancio della rete. Molto più solidi si sono invece rivelati Wi-Fi, Bluetooth e GPS.

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Software

Il software è probabilmente la parte che meno mi ha destato sorprese. Ci troviamo davanti alla versione 5 del fimware Flyme, basato su Android 5.1 Lollipop. Rispetto alla Flyme 4.5 che avevo provato su M2 ci sono stati miglioramenti, ma non si avvertono variazioni profonde. Sembra nel complesso una sorta di Snow Leopard, fatta più che altro per sistemare molti bug (eccetto uno, di cui parlerò nella sezione della batteria). Come da scelta di Meizu, il pacchetto di app Google è molto ridotto, dando libertà massima all’utente di implementare quante e quali app installare del colosso di Mountain View. Ciò significa inoltre che possiamo sbizzarrirci con qualsiasi servizio di terze parti, ad esempio Spotify per la musica, Office per i documenti, ecc. senza ritrovarci doppioni tra i piedi. A questa sensazione contribuiscono inoltre le app Meizu che sono quasi tutte ben fatte. In linea a quanto già visto su M2, launcher e drawer sono una cosa unica alla iOS. Molto apprezzabile è il nuovo task switcher, che finalmente ha abbandonato quell’aspetto discutibile da vecchio iPhone assumendo una forma più simile a quella di Android stock, un po’ in controtendenza col resto del firmware.

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Per il resto, come ho già detto, non si è assistito a stravolgimenti. Alcune app sono state sottoposte a maquillage grafico, ma mantenendo sostanzialmente il medesimo set di funzionalità (non che tolga loro merito, molte si sono già distinte nella passata recensione, ad esempio il client di posta elettronica). Da questo quadro più estetico che funzionale esulano Galleria e Browser, che sono diventate davvero complete: la prima ha un editor ancor più ricco e organizzato, mentre la seconda ha di fatto completato il vademecum del buon browser aggiungendo strumenti di content blocking.

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L’esperienza d’uso è stata nel complesso buona, ma non eccezionale, dovuta anche al fatto di avere un firmware cinese: al ricevimento della nostra unità non era ancora disponibile il firmware internazionale. Nel frattempo è uscito e risulta possibile applicarlo anche ai dispositivi cinesi; l’operazione richiede il root, che a sua volta necessita dell’account Flyme. Per qualche strano motivo non vuole riconoscere il nostro, nonostante l’accesso da browser non dia problemi, pertanto abbiamo mantenuto il firmware presente, che ha già ricevuto due aggiornamenti di bugfix. Speriamo nel frattempo che riceva ulteriori migliorie funzionali, sempre gradite, e il passaggio a una versione meno anziana di Android come Marshmallow, non limitandola ai top di gamma come il Pro 6.

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Batteria

4.100 mAh di pura gioia, così si potrebbe definire la batteria di questo M3 Note. Scaricarlo in una sola giornata è praticamente impossibile, e se ne si fa un uso da secondo telefono ne passeranno anche tre piene prima che il dispositivo implori il collegamento al caricabatterie da 2 A (che nel giro di circa due ore riporta l’unità in piena efficienza). Il consiglio è di lasciarlo sempre sul piano Bilanciato (gli altri due sono Prestazioni e Risparmio energetico), perché dosa bene i consumi senza limitare troppo la potenza a disposizione, anzi se necessario non si pone alcun problema a tirarla fuori in pieno. Purtroppo è rimasto un bug già riscontrato con M2: sotto il 20%, tende a comportarsi in maniera bizzarra, come se in realtà la carica residua fosse sotto a quel valore. Tuttavia, bisognerà impegnarsi davvero a fondo per stecchire questo Meizu e quando si arriverà al 20% quasi ci si sarà dimenticati che va periodicamente ricaricato.

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Conclusione

Se il Meizu M2 non aveva convinto del tutto, questo M3 Note rappresenta un miglioramento sotto tutti i punti di vista. Costruzione solida, hardware bilanciato, batteria generosissima e software più maturo, sebbene con ulteriori margini di miglioramento. Anche come dispositivo principale è consigliabile, coadiuvato dall’effetto figurone che fa grazie al suo aspetto iPhoneggiante. Permane come difetto principale l’audio, su cui l’azienda cinese non guarda granché nella fascia media, ed è un peccato perché avrebbe potuto essere l’equilibrio totale. Per la lentezza dell’autofocus qualcosa via software, invece, si può fare. Su Gearbest il Meizu M3 Note è in offerta a soli 150€, mentre chi desiderasse la configurazione 3GB/32GB dovrà spendere 237€. Se le dimensioni sono troppo grandi, si può puntare all’M3s che mantiene gran parte delle buone caratteristiche del Note.

PRO
+ L’aspetto è un omaggio all’iPhone, ma colpisce per la cura
+ Hardware adeguato alla fascia in cui si propone
+ Espandibile tramite microSD
+ Buon sensore d’impronte
+ Il display è un bel vedere
+ Fotocamera che permette di ottenere risultati soddisfacenti
+ Software migliorato, con minori bug
+ Batteria da urlo

CONTRO
- Assenza di LTE 800
- Audio poco potente
- Autofocus lento

DA CONSIDERARE
| Se si è abituati ai pulsanti di navigazione software, occorrerà un po’ di pratica
| Nel caso lo si riceva col firmware cinese, è consigliato un po’ di sbattimento per portarlo su quello internazionale (intoppi permettendo)

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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