Chi si aspettava di vedere, dai titoli della stampa internazionale, i primi effetti della politica protezionistica di Trump è rimasto deluso, in un senso o nell’altro. Infatti, se è vero che Apple costruirà altri computer in USA oltre al Mac Pro (fermo al restyling del 2013), è altrettanto vero che nessuno di questi arriverà sulle nostre scrivanie, visto che la società si concentrerà sulla produzione dei server per i propri data center.
La notizia arriva direttamente dalla richiesta che la città di Mesa ha formulato al governo statunitense per poter essere dichiarata zona per il perfezionamento passivo delle merci, di modo che Apple non possa pagare i dazi per l’importazione dei componenti necessari all’assemblaggio dei server sino a che questi non vengano commercializzati. Visto che i computer prodotti non saranno mai venduti, Apple potrebbe così non pagare mai i dazi. Prima che si gridi allo scandalo, è opportuno precisare che questo regime è diffuso in tutto il mondo (Unione Europea compresa) ed è utilizzato soprattutto per il perfezionamento delle merci quando è richiesta una manodopera specializzata disponibile solamente in alcune aree. I server così prodotti verrebbero utilizzati anche negli altri data center in Oregon e North Carolina.
La scelta di Apple è ricaduta proprio sulla città di Mesa in Arizona visto che potrebbe sfruttare larga parte degli ex impianti della GT Advanced Technologies, la società che avrebbe dovuto fornire a Cupertino il vetro zaffiro per gli schermi di iPhone 6, ma che fallì poco dopo la commessa ricevuta. Proprio per questi motivi, Apple rientrò in possesso di tutta l’area produttiva (data in comodato a GTAT in virtù degli accordi pattuiti) che, per una minima porzione, è ora usata come centro di backup per i servizi legati ad iTunes e ad iCloud.