Dall’accelerometro alla spettroscopia IR: i nostri smartphone sempre più ricchi di sensori

Leggi questo articolo grazie alle donazioni di Manuel Riguer, Stefano Maria Meconi.
♥ Partecipa anche tu alle donazioni: sostieni SaggiaMente, sostieni le tue passioni!

Alcune tecnologie che usiamo tutti i giorni sono vecchie di diversi decenni ma hanno guadagnato nuova vita grazie ai processi di miniaturizzazione e la possibilità di implementarle in ambiti del tutto nuovi. Pensiamo agli accelerometri, inizialmente dei sistemi elettromeccanici basati su pesi e molle, in grado di misurare l’accelerazione agente su un oggetto nonché, di conseguenza, la sua orientazione nello spazio. Ovviamente in un qualsiasi smartphone non ci sarebbe spazio per un sistema del genere e, dunque, gli accelerometri moderni sono basati su dei chip di silicio dove tuttavia permangono sempre delle parti in movimento (se volete approfondire l’argomento vi consiglio la visione di questo breve video). Il primo iPhone, di cui abbiamo recentemente ricordato il decennale dalla presentazione, portava con sé un accelerometro triassale, un sensore di prossimità e un sensore di luce ambientale. Solo con il modello 3GS è stata aggiunta la bussola digitale attraverso un magnetometro e con iPhone 4 è arrivato il primo giroscopio. iPhone 5s ha invece implementato il sensore di impronte digitali e l’anno successivo, con iPhone 6, c’è stata l’aggiunta del barometro. Anche Apple Watch è stato dotato del suo personale sensore per l’analisi dei battiti cardiaci, sia in versione luce infrarossa che luce verde. Per ultimo, presentato insieme ad iPad Pro da 9,7″ (recensione), abbiamo avuto modo di vedere all’opera uno speciale sensore in grado di determinare la temperatura colore della luce ambientale, per regolare di conseguenza quella del display.

Se ci pensate si tratta sempre di implementazioni di tecnologie piuttosto vecchie (bussola e barometro risalgono addirittura ad epoche pre-informatiche), trasformate e miniaturizzate per essere inserite all’interno di uno smartphone. Ma al mondo esistono anche tanti altri sensori (e forse qui il termine inizia a diventare riduttivo), alcuni dei quali sfruttati in laboratori scientifici per l’acquisizione di dati e misure chimico-fisiche. Proprio di recente, al CES di Las Vegas, è stato mostrato un spettrometro ad infrarosso miniaturizzato a tal punto da essere implementato in uno smartphone. SCiO, questo il nome del sensore realizzato da Consumer Physics, è in grado di portare nelle tasche di tutti quello che una volta era relegato nelle mani di pochi addetti ai lavori. Il sensore è in grado di misurare lo spettro IR emesso dagli oggetti verso cui viene puntato (come se stessimo scattando una fotografia) e l’analisi di questo è in grado di fornire all’utente alcune utilissime informazioni. In primo luogo il tipo di materiale, con la possibilità per esempio di distinguere un capo realizzato in vera pelle da uno sintetico. Ma c’è di più: attraverso l’analisi dello spettro IR e gli algoritmi implementati nell’app dedicata, è possibile conoscere il grado di maturazione di un frutto, la presenza di zuccheri, lattosio o allergeni nei cibi, una stima delle loro calorie, la presenza di sostanze sgradite come coloranti e conservanti o, addirittura, di eventuali inquinanti. Possiamo avere informazioni biometriche sull’idratazione della nostra pelle e sulla massa grassa, con un grado di precisione più elevato di quanto facciano le moderne (e costose) bilance impedenziometriche.

Si tratta a tutti gli effetti di una democratizzazione della scienza e la possibilità per tutti di avere garanzie in prima persona su ciò che si sta andando ad acquistare. In questi giorni si sta discutendo molto del TTIP – il trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti – che a detta di molti potrebbe (tutto è ancora ipotetico e suscettibile di modifiche) portare sui banchi dei nostri supermercati alimenti contenenti sostanze bandite dalla Comunità Europea. Anche le norme sulle etichette sono piuttosto vaghe e spesso quest’ultime non sono così esaurienti quanto vorremmo. Non è dunque difficile immaginarsi un prossimo futuro in cui puntando il nostro smartphone verso una fesa di tacchino, potremo scoprire che questa contiene una serie di antibiotici che preferiremmo non assumere, mentre quella subito a lato, di altra marca, è più genuina. Tutto ciò proprio grazie ad un sensore come quello presentato da Consumer Physics e che è già implementato all’interno dello smartphone cinese Changhong H2. Credo proprio che nei prossimi anni vedremo un gran numero di sensori del genere nel dispositivo che più utilizziamo: lo smartphone. Questo porterà una vera propria ondata di consapevolezza su ciò che siamo, ciò che ci circonda e ciò che acquistiamo: un’arma dalla parte degli utenti che in qualche modo potrebbe soverchiare le attuali logiche di mercato portate avanti da aziende, allevatori e agricoltori.

Simone Sala

Junior Editor - Appassionato di tecnologia, mi piace analizzarne sia gli aspetti tecnici che i risvolti sociali. Sono curioso per natura e cerco sempre di sperimentare le ultime novità in qualsiasi ambito. Collaboro con SaggiaMente dal 2016.

Commenti controllati Oltre a richiedere rispetto ed educazione, vi ricordiamo che tutti i commenti con un link entrano in coda di moderazione e possono passare diverse ore prima che un admin li attivi. Anche i punti senza uno spazio dopo possono essere considerati link causando lo stesso problema.