JPEG a dieta col nuovo algoritmo di Google, “Guetzli”

Gran parte delle immagini online ha un formato di riferimento: JPEG. Con oltre 20 anni di storia alle spalle, questo sistema di compressione si è rapidamente fatto strada per le dimensioni ridotte dei file generati e la qualità visiva che rimane accettabile tanto ai fini della pubblicazione su web quanto per scatti fotografici senza troppe pretese con prodotti prettamente consumer (in contesti professionali o, più semplicemente, di ricerca personale dell’alta qualità, invece, un formato “lossy” si può dire equivalga a una bestemmia). Tuttavia, ogni algoritmo fa un po’ storia a sé nel raggiungere l’obiettivo, un po’ come avviene per i codec audio/video: non è una coincidenza che pure per i JPEG si parli di encoder. L’uovo di Colombo che ogni encoder cerca è ottenere qualità più vicine all’immagine originale non compressa e al contempo ridurre ulteriormente lo spazio occupato dal file di output. Google sembra si stia avvicinando all’obiettivo, col suo nuovo algoritmo “Guetzli”.

Sviluppato dal centro ricerche europeo di Big G, con sede a Zurigo, “Guetzli” interviene principalmente in una delle tre fasi del passaggio a JPEG di un’immagine, la quantizzazione. Molto del lavoro di compressione, nonché perdita di dettagli, avviene durante questa fase. Per il suo encoder, Google ha lavorato sul modello di elaborazione visiva del formato JPEG, ricalcante quello umano, raggiungendo un’ottimizzazione che permette una sensibile preservazione dei dettagli, con un risultato finale qualitativamente più gradevole rispetto ad altre soluzioni già in uso. L’esempio sottostante, uno zoom digitale su un occhio di gatto, mostra la maggiore fedeltà della compressione di “Guetzi” (la terza della comparativa) nei confronti dell’immagine di partenza (la prima) e il minor numero di artefatti comparandolo con l’algoritmo rivale “libjpeg” (ritaglio di mezzo).

A stupire ancor di più è il fatto che questa migliore resa in output viene accompagnata pure da dimensioni ulteriormente ridotte, fino al 35%, rispetto gli encoder preesistenti. Ancor meglio, Google ha reso chiaro come i file generati da “Guetzli” siano del tutto compatibili con le applicazioni che già supportano la visualizzazione dei JPEG, browser in particolare modo, senza necessità di alcuna modifica da parte dei loro sviluppatori. L’auspicio dei ricercatori europei è che il loro algoritmo, rilasciato con licenza open source, possa presto trovare uso per rendere la fruizione di siti particolarmente ricchi d’immagini più rapida nel caricamento e meno impattante in presenza di piani dati a consumo.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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