Disney e Fox, unione tra giganti per contrastare Netflix

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L’intrattenimento sta profondamente cambiando ormai da anni. Passati sono i tempi in cui ci si trovava davanti ad un numero limitato di canali televisivi e per vedere il contenuto desiderato si doveva essere puntuali davanti allo schermo, con l’unica alternativa “on demand” costituita da VHS prima e DVD/Blu-Ray poi. Alla rivoluzione resistono i cinema, in virtù della più coinvolgente esperienza di fruizione, ma anche per loro i fasti sono lontani. Sono arrivate le pay-TV, con un numero sterminato di canali a sfornare programmi per tutti i gusti in qualsiasi momento. I formati digitali hanno sempre più prevalso, complici l’aumento della capienza nei supporti d’archiviazione e la velocità sempre maggiore delle connessioni internet.

Come avvenuto con la musica, anche nel video i circuiti illegali sono paradossalmente serviti alla creazione di un mercato lecito, con le aziende che hanno intuito l’enorme potenziale bacino d’utenza ben felice di passare dal lato buono col giusto rapporto qualità/prezzo. Le prime vittime di Netflix e soci sono state le tradizionali catene di noleggio video, come Blockbuster, che apparivano come i dinosauri dei Flintstones in mezzo alle macchine volanti dei Jetsons. Ora che il livello della sfida è aumentato, con un crescendo di auto-produzioni esclusive nonché l’invasione di terreni storicamente favorevoli ai media tradizionali come gli eventi sportivi, le prossime specie vulnerabili appaiono proprio le pay-TV. I numeri dei loro abbonati a livello globale sono in stallo, quando non proprio in diminuzione, e anche la vastità dei canali inizia molto lentamente a ridursi. Più in generale, è proprio il broadcasting a mostrare segni di difficoltà, in favore dell’Over-The-Top. Ai vecchi giganti non resta che evolversi: per dirla alla Yoda, fare o non fare, non c’è provare. Ne va della loro sopravvivenza.

Le probabilità possono aumentare se si sfruttano le occasioni di consolidamento che il mercato offre. Bob Iger non è nuovo a condurre la Disney in operazioni importanti: l’acquisizione della Pixar nel 2006 è stata un successo, così come quella della Lucasfilm a fine 2012 (ironia della sorte riunendola sotto la stessa famiglia proprio alla Pixar che negli anni 80 era una sua divisione). Questa volta però il boccone è molto più grosso, da ben 52,4 miliardi di Dollari in azioni. Dopo una trattativa relativamente breve, gran parte della 21st Century Fox è pronta a passare di mano, preparando una vera fusione tra giganti. L’operazione è vantaggiosa per entrambe le parti, visto che da un lato Disney vedrà aumentare in maniera esponenziale gli asset a propria disposizione e dall’altro la famiglia Murdoch potrà operare più efficacemente con una struttura più snella e concentrata sullo storico primo amore, l’editoria, slegandosi al contempo da varie polemiche sulla concentrazione mediatica createsi soprattutto nel Regno Unito.

La lista di ciò che cambierà proprietà è lunga: gli studios televisivi e cinematografici Fox, i diritti su un ricco catalogo di produzioni, i canali via cavo nonché quelli sportivi regionali, i canali internazionali, lo streaming Hulu e le piattaforme del gruppo Sky, Italia inclusa, sulle quali peraltro pende ancora il completamento dell’acquisizione del 100% da parte di Fox (al momento detiene il 39%, che comunque ne permette il controllo essendo il maggiore azionista). A Murdoch resteranno il network televisivo principale Fox, mantenendosi dunque in concorrenza con l’ABC della Disney, le emittenti di notiziari Fox News e Fox Business così come le sportive FS1, FS2 e Big Ten Network; tutte realtà operanti solo sul suolo statunitense. Vista l’entità della transizione, Iger resterà CEO Disney fino al termine del 2021, due anni in più rispetto quanto precedentemente previsto.

Occorrerà tempo affinché questo grande accordo diventi effettivo. Dapprima Fox dovrà completare entro metà 2018 la già citata acquisizione del gruppo Sky, dunque si potrà procedere allo spin-off delle attività da cedere sperando in un totale via libera da parte delle antitrust mondiali. Le potenziali sinergie in ballo sono però già da ora esaltanti sul fronte dei contenuti. Saremmo davanti a un editore dotato di prodotti audiovisivi per ogni settore (oltre alle attività già in casa, come Disney Channel ed ESPN, e a quelle in arrivo da Fox occorre menzionare il 50% in A+E Networks, l’editore di emittenti tra cui History Channel) e con tutte le capacità per portare avanti quella guerra a Netflix che Disney aveva comunque in programma di iniziare dal 2019. Una combinazione tra Hulu e Now TV, che fonda i vantaggi di entrambe le piattaforme in un unico servizio internazionale, non è da considerarsi una semplice ipotesi. Ma sarebbe riduttivo vedere nel mirino la sola Netflix: senz’altro anche Amazon sarà una forte concorrente, con Jeff Bezos che non sembra conoscere limiti al suo raggio d’azione. Nemmeno Apple si può dire al sicuro, nonostante i buoni rapporti con Disney, dato che ci saranno inevitabili impatti sulla sua strategia OTT. Certo ci sono pure i rovesci della medaglia, con la riduzione dei player sul mercato e tutte le controversie relative all’abolizione della net neutrality, che a lungo termine potrà avere conseguenze pure dalle nostre parti, essendo quasi tutti i produttori di contenuti impegnati pure come provider di servizi internet. Non resta che metterci comodi, nell’attesa di capire come e quanto l’intero settore intrattenimento sarà rivoluzionato dalla storica giornata di ieri.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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