iMac Pro sì o iMac Pro no? Pro e contro di una scelta difficile

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Ed eccoci qui, nel 2018, pronti per un anno che si preannuncia davvero entusiasmante. In questa prima settimana riprenderemo lentamente la pubblicazione, per poi ritornare a pieno regime dalla successiva. Nella puntata di dicembre del SaggioPodcast mi sono divertito a fare il Grinch cattivello, ma ho anche detto di aver preordinato un iMac Pro. Già, proprio io che più volte l’ho definito un computer senza senso e senza pubblico. Il bello è che la penso così anche oggi, sebbene abbia notevolmente gradito le informazioni circa la possibilità di upgrade di RAM, CPU ed SSD emerse nel teardown di MacSales (video di seguito). Non che ci sia un comodo sportellino o un modo per fare l’operazione fai-da-te senza invalidare la garanzia (lo schermo va ancora scollato), ma almeno questi elementi non sono saldati e l’utente potrà decidere se e quando migliorarli, potendo anche richiedere l’aggiunta di RAM in un centro autorizzato.

Sorvolo sulle considerazioni di natura personale e fiscale che mi hanno spinto anche solo a valutare l’acquisto dell’iMac Space Gray, ma vi posso garantire che sono state queste e null’altro a farmelo prendere inizialmente in considerazione. Voglio dire: a tutti piace il nuovo colore. Per quanto sia una cosa incredibilmente futile è facile notare che sia chi l’ha ricevuto in prova/omaggio che chi l’ha comprato per testarlo, ha concentrato gran parte delle sue attenzioni su quest’unico aspetto. Ed è bello, non c’è dubbio, così come sono bellissimi gli accessori di input in tinta che Apple ha deciso di non vendere separatamente. Con questa mossa li ha resi rari fin dalla nascita ed ha contribuito a gonfiare il fascino di possederli che alcuni sembrano avvertire. Pensate che in America c’è chi ha messo all’asta Magic Keyboard, Trackpad e Mouse dell’iMac Pro ed ha già raggiunto offerte per $1500 (1/3 del prezzo dell’intero computer!).

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Ma torniamo a noi, anzi all’iMac Pro, e al perché io lo consideri un computer di facciata, dedicato ad un nicchia nella nicchia e quasi esclusivamente autoreferenziale. Nella lista dei desktop Apple che ho usato per maggior tempo ci sono due Mac Pro: quello del 2008/10, che reputo il migliore, e quello del 2013, venduto dopo 3 anni di onesta attività. Il fatto è che questi computer sono eccellenti, anche il famoso “cestino” mi è piaciuto molto con tutti i suoi gravosi limiti, ma se si lavora nei settori della grafica, foto e video (come me) l’iMac “normale” si destreggia già piuttosto bene con il suo hardware consumer e, in alcuni casi, persino meglio grazie a questo. Nel 2015 vi avevo mostrato come un iMac Pro 5K fosse addirittura più performante del Mac Pro in diversi task video per il supporto ad Intel QuickSync non presente nei processori Xeon.

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Mi riferisco principalmente al montaggio ed all’esportazione in H.264 con Final Cut Pro, attività che era al tempo tra le più diffuse. Oggi il settore “sharing” sta passando sul nuovo e più efficiente codec HEVC, ma ci vorrà un bel po’ prima che un professionista possa o debba adoperarlo per i progetti destinati alla propria clientela. Visto che la parola fa sempre storcere il naso, vorrei precisare che per me il professionista non è necessariamente Steven Spielberg e neanche quei pochissimi YouTubers famosi che sono capaci di pubblicare su una piattaforma social dei filmati incredibili girati con le cineprese che si trovano sui set di Hollywood. Parlo invece dei professionisti “normali”, che portano avanti la loro piccola/media attività e che costituiscono la stragrande maggioranza oltre che l’indotto maggioritario principale (siamo al 60% in Italia).

Io fatico a considerare l’iMac Pro un “investimento” per questi professionisti. Non ne faccio una questione di costo ma di finalità e vantaggi. Il modello base mi sembra ben prezzato in base ai componenti, direi che Apple ci guadagna quasi esclusivamente per i rapporti con i fornitori e per le economie di scala, ma non costa meno assemblare un bel PC con quelle identiche specifiche. È invece del tutto assurdo il prezzo degli upgrade, che è stato chiaramente deciso a tavolino e non è minimamente correlato con l’effettivo valore dei componenti. Non a caso costano quasi tutti 960€ e i suoi multipli 1920€ e 2880€.

imac-pro-custom-optionsMettiamoci alle spalle ciò che già sappiamo, perché è raro che qualcuno si assembli un computer del genere in casa e le alternative, come quelle di Dell, offrono ai clienti delle garanzie simili a quelle di Apple e non certo una serietà inferiore. I prezzi sono più o meno allineati, anche se a Cupertino esagerano davvero tanto con i costi delle personalizzazioni. Per quanto mi riguarda il modello base dell’iMac Pro è quello che offre il maggior valore all’acquirente, nonché l’unico che abbia senso considerare salvo casi davvero rarissimi. L’unica opzione che valuterei in fase d’acquisto è la Vega 64, anche perché impossibile da aggiornare a meno che non esca qualche programma ufficiale più avanti. Cambiando CPU, RAM e salendo a 10.000€ ed oltre, i limiti imposti da una macchina all-in-one diventano importanti. Si fanno sentire per lo schermo integrato da soli 27″, si fanno sentire per la mancanza di libertà di upgrade dei componenti e si fanno soprattutto sentire perché è una macchina incredibilmente sottile e con un airflow ad hoc ma comunque limitato, che obbliga a non spingere al massimo i componenti per preservarli (seppure la CPU scaldi un pelino troppo visto che l’attacco della velocità massima delle ventole è stato spostato un po’ troppo avanti per mantenere la silenziosità).

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Di potenza bruta l’iMac Pro ne ha tanta se si usano software che beneficiano del multi-core, al punto che anche la CPU del modello base ha un punteggio di circa il 50% superiore rispetto al’i7 dell’iMac più pompato (circa 20.000 vs 30.000). Tuttavia è una capacità di calcolo che non viene sempre fuori, cosa che ho provato sulla mia pelle negli anni passati con i precedenti Mac Pro. Intendo dire che si noterà solo andando a compiere operazioni di altissimo profilo, come l’editing di filmati in RAW da 6K o 8K o l’elaborazione in real time di scene tridimensionali con After Effects, Cinema 4D e simili. Nei casi più comuni di utilizzo, invece, l’iMac normale risulterà facilmente più veloce. Il punto è definire quanto di frequente si presentino per il singolo utente. Quanti professionisti del video, ad esempio, girano in RAW e quanti in formato 6K o addirittura 8K? Ogni volta che si sale di livello la torta si restringe e nella parte più corposa troviamo applicazioni molto più leggere ed un metodo di lavoro che deve necessariamente risultare snello al fine di poter essere economicamente competitivi sul mercato. Considerate che anche gli spot che vedete in TV o su Internet molto spesso sono girati con cineprese i cui file sono decisamente più gestibili, come ad esempio la serie C di Canon, se non addirittura con le fotocamere. Il sempre sul pezzo Max Yuryev ha pubblicato un video sul canale di AppleInsider in cui vi sono dei confronti abbastanza approfonditi che prendono in esame tutti questi diversi scenari.

Quel che emerge, secondo me, è che bisogna avere delle richieste davvero specifiche e limitate affinché l’iMac Pro offra un vantaggio. Nella maggior parte dei casi, invece, questo rischia di essere persino più lento del suo fratellino privato della livrea grigio siderale. Chi lavora nella grafica, nella fotografia e anche nel video ad un livello che definirei “normale/avanzato” per un professionista, non ha nessuna ragione per comprare un iMac Pro. Allora per chi è pensato questo computer? Intanto per tutti quelli che rientrano in queste categorie ma non si informano a dovere e pensano che Pro significhi necessariamente migliore. Ma ci sono poi anche quelli che semplicemente se lo possono permettere, cosa che trovo del tutto legittima e inopinabile. Così come trovo comprensibile desiderarlo per la tinta Space Gray: Apple è maestra in questo ed anche la chicca degli accessori esclusivi in tinta è una mossa di marketing ben assestata.

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Se però dovessimo considerare solo i potenziali acquirenti che trarrebbero veramente un vantaggio da una macchina simile, allora il raggio d’azione andrebbe ristretto tantissimo. Personalmente considero l’iMac Pro un po’ com’è la Hasselblad X1D in campo fotografico, ovvero un corpo bellissimo, di elevata qualità e con soluzioni innovative, che però sembra la fotocamera da viaggio per chi ha già una Hasselblad “seria” in studio. Voglio dire che questo iMac Pro pare quasi il computer “economico” per chi di norma lavora su workstation ben più costose e progetti di altissimo profilo che non un salto di qualità rispetto l’iMac per un professionista medio. Tuttavia non esiste, ad oggi, un computer più performante in casa Apple, per cui questo ruolo sarà ancora piuttosto ambiguo fintanto che non arriverà il futuro Mac Pro. Non faccio valutazioni o previsioni di vendita, non mi interessa e tanto non sarei in grado di prevedere queste cose meglio di quanto non abbia già fatto Apple, ma per le specifiche in gioco direi che il target di riferimento effettivo dovrebbe essere incredibilmente piccolo: una nicchia nella nicchia. Inoltre anche autoreferenziale, perché alla fine i professionisti che usano Mac ormai si rispecchiano nelle uniche due applicazioni serie che l’azienda realizza: Logic e Final Cut. I concorrenti non vanno più tanto bene su Mac e quasi tutti soffrono la mancanza di GPU NVIDIA. Che poi siamo in tantissimi a desiderarlo e tanti saranno ad acquistarlo è un discorso diverso che non ha proprio un legame 1:1 con una questione razionale di costi/benefici. Ammetto che pur sapendo ciò che mi dovevo aspettare sulla carta, alcuni risultati del video di Max mi hanno comunque stupito… a favore dell’iMac “liscio” da cui vi scrivo. E pensare che già questo lo sto affiancando ad un PC per i montaggi video più esigenti. Insomma, pur avendolo pre-ordinato sono stato in procinto di cambiare idea nei giorni scorsi e ancora ho qualche giorno per decidere visto che non sono arrivati nel mio negozio Apple di riferimento. iMac Pro sì o iMac Pro no? Continuo a ragionarci su…

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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