Recensione: Apple Watch Series 3, diverso ma pur sempre lo stesso

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Ieri sera mi sono detto: vorrei tanto scrivere qualcosa di interessante sull’Apple Watch. Stamattina mi sono accorto che non è poi così facile. Se date un’occhiata allo storico delle mie recensioni noterete che ho pubblicato solo quella del primissimo modello. L’ho preso in Inghilterra quando ancora non era disponibile in Italia, giusto per capire se mi potesse piacere. Ebbene, è stato così.

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Ho venduto quel 38mm Sport ed ho comprato il 42mm in acciaio, che ho tenuto con me fino a poche settimane fa. Ad un certo punto ne avevo tre, contando quello e i due successivi. Mi piaceva cambiare stile e colore in base all’abbigliamento ma era un bello spreco. Inoltre ho sempre preferito l’acciaio, per cui li ho venduti tutti ed ora ho solo quello di terza generazione con LTE. Ho spiegato come e quale ho preso affinché funzionasse anche in Italia in un precedente articolo, per cui quel tipo di domande o approfondimenti direi di dirottarli lì.

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Con tutti questi Apple Watch, a cui si aggiunge quello rosa da 38mm che usa mia moglie, resta da capire perché ho pubblicato solo la recensione del primissimo esemplare. Non c’era più niente da aggiungere? Non saprei, non ho una risposta secca, anche se ci sono diverse motivazioni di circostanza da poter addurre, eppure credo che la verità sia un’altra: è un prodotto che è migliorato tanto ma non è cambiato per nulla. Il design è sempre lo stesso, lo schermo e le dimensioni pure, le modalità d’uso sono sommariamente simili e rimane ancora inferiore per estetica ad un bell’orologio meccanico e per funzioni fitness rispetto ad un prodotto dedicato (come quelli di Garmin, tanto per citarne uno). Sto dicendo che avere il primo o il terzo sia indifferente? Assolutamente no.

I miglioramenti avuti nelle tre edizioni si sentono tutti. E intendo proprio con le orecchie, visto che il primo è la voce di Siri. È stata una delle mie principali lamentele sulle prime due edizioni, perché ci costringeva a guardare lo schermo per leggere il feedback alle nostre richieste. L’altro elemento nettamente migliorato è la batteria, che ora dura più o meno un paio di giorni. Con tutte le nuove funzioni dovute agli aggiornamenti di watchOS e con un po’ di anzianità alle spalle, quello di prima generazione ormai arrivava a sera con grande fatica, per cui questa maggiore longevità è assolutamente gradita. Per giunta mi ha concesso di usarlo in un modo completamente diverso di cui parlerò poco più avanti. La velocità del SoC è migliorata pure tanto, così come la memoria, ed è un aspetto che mi tocca molto anche se vedo solo una parte dei vantaggi.

Avete presente la classica home dell’Apple Watch con tutte le icone delle app circolari? Beh, io ci vado una volta al mese o forse meno, non ricordo neanche che aspetto abbia. Ritengo che lo smartwatch sia un dispositivo perfetto da usare per ricevere informazioni (diciamo pushed) e non per richiederle (pulled). Per questo motivo non ho apprezzato tanto il più veloce avvio delle app, ma le performance superiori non servono solo a quello. Usando il primo esemplare notavo come anche le animazioni delle schermate, oppure il tempo di risposta alla pressione di un pulsante o all’avvio di Siri fosse più lento. Diciamo che ora è come sarebbe sempre dovuto essere, anche se questa affermazione ha molto meno senso di quel che si possa immaginare, visto che le nostre attese si adeguano all’evoluzione hardware con il passare del tempo.

Piuttosto spiacevole il fatto che i primi esemplari non fossero resistenti all’immersione, almeno non ufficialmente. Più di una persona ha dimostrato che in realtà lo erano, anche se con un po’ di difformità da modello a modello, per cui meglio non rischiare. Ora abbiamo la “certezza” di poterci fare la doccia o le vasche con l’orologio. Tuttavia io continuo a non farlo, così come non era mia abitudine anche con gli orologi tradizionali. Mi dà fastidio e penso che anche il contatto continuo con sapone o shampoo bene non gli faccia. Ad ogni modo, è di certo una grande utilità più che altro perché rappresenta un pensiero in meno. Ammetto di non potervi dire molto sulle funzioni fitness di questo prodotto, poiché non ho modo di fare sport da alcuni anni a questa parte. Tuttavia trovo molto piacevole monitorare i passi o il consumo di calorie, pur considerando che non mi aspetto una precisione categorica. In quel caso, forse, potrebbe essere meglio rivolgersi altrove. Non sono uno di quelli che controlla continuamente i “tre cerchietti” dell’attività ma vedere un vuoto in quelle poche occasioni in cui non l’ho indossato dà fastidio. Posso immaginare quanto la cosa possa dare dipendenza a chi è più attento di me a questi aspetti ed è una delle tante ragioni che possono far avvertire come indispensabile l’Apple Watch. Ora che ha pure il GPS è certamente un miglior partner per chi si allena. Odio invece quando mi consiglia di respirare ed ho disattivato quella funzione. Capisco cosa intenda ma la notifica mi faceva innervosire, che è l’esatto contrario del suo scopo.

Esteticamente l’Apple Watch è… l’Apple Watch. Appena uscito tendevo a confrontarlo con i classici orologi e questa forma squadrata mi dava un po’ fastidio. Anche oggi fatico a considerarlo davvero bello, però ne si apprezza l’utilità una volta che ci si fa l’abitudine. Bene o male, tutte le implementazioni che ho visto su schermi circolari risultano meno pratiche e ottimizzate di questa. Mi piacerà di più quando sarà più sottile, con bordi ancor più ridotti e schermo leggermente più grande. Sarà forse il modello del 2020, ma ci arriveremo. Un design stazionario ha il vantaggio di non far sembrare vecchi i precedenti esemplari, e mi sembra un ragionamento logico per un prodotto del genere. Dopotutto ci vuole poco a ringiovanirlo con nuovi cinturini, tant’è che Apple ormai realizza proprio le collezioni stagionali come si farebbe nel settore della moda. Non è difficile trovare chi abbia speso più in cinturini che nell’orologio stesso, specie se decide di prenderli originali. Io preferisco i “compatibili” perché cambio spesso, ma devo dire che col tempo ho imparato ad apprezzare anche il loop in maglia milanese, che all’inizio proprio non mi andava giù. Anzi, è uno di quelli che uso più spesso ultimamente. A parte tutto, la vera comodità è il sistema di sgancio ed aggancio dei cinturini, che ci consente di cambiarli davvero in un attimo e senza alcuno sforzo.

Carini alcuni nuovi quadranti, sempre più diffuse le “complicazioni” che ci consentono di accedere a funzionalità di terze parti già dalla schermata orologio. Io uso spesso quella Hue per le luci smart e mi risulta comoda specie di notte quando non voglio chiedere a Siri. Ecco, su questo aspetto secondo me c’è ancora del lavoro da fare. È sempre un po’ una ginnastica star dietro ai tempi dell’assistente vocale. Certe volte parte dopo 2 secondi da quando si preme la Digital Crown, certe volte all’istante e non si è preparati. Va un po’ meglio con “Ehi Siri” (che richiede prima di portare lo smartwatch a vista attivando lo schermo), ma anche lì non è insolito che decida di troncare improvvisamente il riconoscimento mentre ancora stavamo parlando. Poi ci sono casi in cui risponde subito, altri in cui rimane in pending per diversi secondi senza nessuna apparente motivazione. Inoltre dovrebbe funzionare anche l’aggancio al Wi-Fi ma quando siamo fuori portata dallo smartphone difficilmente riesce a funzionare la connessione internet pur essendo nella stessa rete wireless. Diciamo che, in sintesi, di lavoro per migliorare le cose se ne può e se ne deve fare ancora tanto. Però i consigli credo li stiano recependo, infatti adesso se si vuole mandare un messaggio si può “dialogare” con Siri e non è più richiesta una continua interazione con lo schermo come avveniva ai tempi delle prime due release di watchOS.

La batteria, dicevo, è uno degli aspetti che più apprezzo degli ultimi esemplari. Dura effettivamente molto di più e consente un utilizzo più smart. In realtà di norma lo mettevo sempre in carica la sera e per chi ha questa abitudine la durata in più potrebbe essere del tutto irrilevante. Per me le cose sono cambiate tanto quando ho avuto un piccolo problemino cardiaco – per fortuna nulla di grave – ed ho deciso di monitorare il battito anche durante il sonno. Premesso che il monitoraggio non può essere preciso e del tutto continuo, fornisce comunque un quadro piuttosto veritiero a patto di indossarlo nel giusto modo. Non si deve tenere “lento” ma neanche troppo stretto, anche se poi qui si entra nelle sensazioni personali che possono variare molto. A me non sta dando fastidio, specie utilizzando i cinturini Sport originali, ma spesso dormo anche con quello in acciaio e non mi disturba affatto. Per monitorare il tutto uso HeartWatch ed AutoSleep, due app davvero ottime che non posso che consigliare vivamente. Ma se la notte lo indosso e il giorno pure, quando lo ricarico? È qui che entra in gioco la buona autonomia dell’Apple Watch 3 (almeno senza usare il modulo LTE). Io lo metto in carica una trentina di minuti la mattina, mentre faccio la doccia, la barba e mi vesto, e di norma questo mi basta. Un paio di volte a settimana gli devo dare una ulteriore spinta e lo faccio la sera prima di andare a letto, quando la vedo sotto il 40%. Non è una cosa che mi crea ansia e non sto lì a controllarlo costantemente: è molto semplice riuscire ad averlo sempre carico staccandolo dal polso per pochissimo tempo.

Conclusione

Qualche giorno fa gli amici di EasyApple hanno lanciato un sondaggio chiedendo agli ascoltatori se l’Apple Watch avesse creato in loro una “dipendenza”. Non mi ha affatto stupito leggere che oltre il 60% dei votanti ha detto sì, perché io stesso lo avverto come un dispositivo fondamentale e ne sentirei la mancanza. La cosa bella è che ognuno può avere motivi diversi per giungere alla medesima conclusione: non necessariamente si devono ricevere tantissime notifiche al giorno come me, evitandosi mille volte di accendere lo smartphone solo per leggere o rispondere (e qui c’è ancora lavoro da fare per le app di terze parti); non necessariamente si deve andare a correre o fare attività sportiva tutti i giorni per apprezzare il monitoraggio del movimento e delle calorie bruciate; ancora, non necessariamente si deve avere un problema cardiaco o di stress per gradire un costante e non intrusivo controllo della regolarità del battito. So che potreste continuare anche voi con altri esempi, ma il punto è che rimane un accessorio e, come tale, non si potrà mai considerare indispensabile. È questa la sua più grande differenza rispetto allo smartphone, che oggi è effettivamente una necessità oltre che comodo. Al punto che nei paesi emergenti è più facile avere solo quello come unico dispositivo di accesso all’informazione, escludendo sia TV che giornali che computer. L’Apple Watch è una comodità, non c’è dubbio, è può impattare più o meno sulle persone in base alle loro abitudini. L’unico aspetto da considerare è che difficilmente si può intuire quanto lo si potrebbe apprezzare senza effettivamente usarlo per almeno un mese. Io non mi immagino più ad usare altri orologi e non sto più neanche provando smartwatch Android perché togliere l’Apple Watch significherebbe perdere continuità nel monitoraggio. Direi che questo è il risultato più importante che Apple potesse raggiungere nei miei confronti.

PRO
Design pulito e costruzione molto curata
Display eccellente per colori, luminosità, risoluzione
Cinturini molto pratici da sostituire
 Ancora più veloce e reattivo
 Finalmente Siri ha un feedback vocale
Pratica corona digitale per la modifica dei parametri
Buona gestione delle notifiche
Cardiofrequenzimetro preciso e più costante
Comandi sempre più semplici ed efficaci
Interfacce chiare e complete
Utile Force Touch per le funzioni aggiuntive
Animazioni di sistema molto gradevoli
Quadranti multi-funzione personalizzabili con complicazioni
Si può usare anche per le telefonate
È resistente all’acqua e agli schizzi
Pratico sistema di navigazione turn-by-turn
 Buona autonomia

CONTRO
Prezzo elevato dei modelli acciaio
Fluidità di Siri ancora da perfezionare
 Usare LTE riduce drasticamente la batteria (e ancora non si sa quanto costerà in Italia)

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.

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