La seconda generazione di AMD Ryzen si svela finalmente al completo

Da oggi inizia la commercializzazione della seconda generazione di CPU AMD Ryzen per computer desktop, di cui avevamo già parlato lo scorso venerdì. Con l’avvio delle vendite, è anche scaduto l’embargo che varie testate, internazionali e non, hanno dovuto rispettare per determinate informazioni durante il periodo di review. Ora abbiamo la possibilità di capire meglio come AMD si sia mossa per Zen+, che come suggerisce il nome è un perfezionamento dell’architettura già lanciata lo scorso anno piuttosto che un aggiornamento integrale.

Cogliendo l’occasione degli ulteriori dettagli emersi, pubblicati nell’ottimo report di AnandTech, riprendiamo ed espandiamo il discorso avviato la scorsa settimana sulle configurazioni proposte in questa prima fase. I rilasci si concentrano per ora sulle Ryzen 7 e 5, con due varianti a testa. Molte caratteristiche tecniche sono rimaste pressoché identiche alla generazione uscente: 8 core e 16 thread per i Ryzen 7, 6/12 per i Ryzen 5; 16 MB di cache L3 per tutti, ma la L2 è di 4 MB per i Ryzen 7 e 3 MB per i Ryzen 5. Anche le linee PCI Express, 16 più altre 4 per le unità NVMe, rimangono invariate. I maggiori cambiamenti sono sul supporto alle memorie DDR4 2933, come per le APU con grafica integrata, e alle frequenze, che grazie al cambio di processo produttivo da 14 a 12 nanometri vengono aumentate con impatti nulli o molto limitati dal punto di vista energetico. Un ulteriore apporto sul fronte delle prestazioni arriva dalla ridotta latenza delle cache.

Il modello di punta Ryzen 7 2700X, con 3,7 GHz, presenta ora una frequenza base di 300 MHz superiore a quella del diretto predecessore 1700X, un aumento nient’affatto trascurabile in termini assoluti. Se si considera la frequenza Turbo, 4,3 GHz il divario sul “vecchio” modello sale a ben 500 MHz. +100 e +300 sono invece le differenze rispetto al 1800X che va a sostituire al vertice. Ne ha risentito lievemente il TDP, che da 95 è passato a 105 W, ma è una differenza senz’altro sopportabile per chi vuole puntare alle prestazioni e all’overclock, per cui i modelli X meglio si prestano. Subito sotto troviamo il 2700 liscio, che presenta una frequenza base di 3,2 GHz che in Turbo arriva fino a 4,1; pure in questo caso si trovano aumenti apprezzabili rispetto il 1700, mantenendo peraltro invariato il TDP di 65 W. I Ryzen 5, exa-core con 12 thread, prevedono invece il 2600X con clock base 3,6 GHz e Turbo 4,2 GHz e il 2600 che i medesimi valori li riduce rispettivamente a 3,4 e 3,9 GHz.

Come nella prima generazione, il raggiungimento delle frequenze Turbo è legato alla tecnologia Precision Boost. È stata implementata la versione 2, la medesima vistasi recentemente nelle APU con grafica integrata. Comparata alla precedente, agisce più gradualmente, con incrementi e decrementi progressivi del clock nonché un approccio più efficiente in base ai diversi contesti, tenendo conto anche delle temperature raggiunte e dell’impatto energetico. Non manca inoltre una revisione anche per la modalità XFR, che permette di raggiungere frequenze superiori a quella Turbo in presenza di un sistema di raffreddamento adeguato ed un voltaggio stabile. Nella nuova serie, la spinta aggiuntiva può essere applicata su un qualsiasi numero di core invece che su tutti indiscriminatamente: ciò ne permette un uso più efficiente con applicazioni e giochi dove il quantitativo di nuclei ha minore importanza di un clock elevato.

I Ryzen di seconda generazione sono pensati per l’abbinamento al nuovo chipset X470, che apportano una serie di migliorie tra cui il supporto alla tecnologia StoreMI, che permette l’uso combinato di HDD e SSD in una singola unità logica in stile Fusion Drive. Le CPU possono comunque essere utilizzate anche coi chipset correnti, previo aggiornamento UEFI/BIOS. A livello commerciale, i nuovi modelli della serie 5 hanno prezzi leggermente inferiori dei predecessori, mentre il 2700 resta invariato. Solo il 2700X presenta teoricamente un lieve aumento, che però viene compensato alla grande con l’inclusione del dissipatore Wraith Prism RGB, costruttivamente migliore del precedente Wraith Max, ben performante per la sua categoria e che come suggerisce il nome dispone pure di un gruppo LED multicolori integrato.

I vari benchmark, non tutti ancora pubblicati da AnandTech, confermano uno scenario che la stessa AMD ha di fatto previsto. I diretti rivali Intel su architettura Coffee Lake presentano ancora un vantaggio nelle operazioni di tipo single-threaded, ma si è effettivamente ridotto. Nelle prove multi-core, invece, si confermano le prestazioni tendenzialmente migliori dei Ryzen, battendo in alcuni casi anche i più carrozzati Core i7 Skylake-X. Nel gaming le soluzioni AMD si rivelano ancor più valide che nei test generali, anche se qui una parte importante del merito va alla NVIDIA GeForce GTX 1080 utilizzata. Per quelle situazioni, tuttavia, le attese sono concentrate sulla seconda generazione di Threadripper, che debutterà nei prossimi mesi. Drastici miglioramenti su tutti i fronti sono invece rinviati a Zen 2, in arrivo nel 2019 con processo produttivo a 7 nanometri.

Giovanni "il Razziatore"

Deputy - Ho a che fare con i computer da quando avevo 7 anni. Uso quotidianamente OS X dal 2011, ma non ho abbandonato Windows. Su mobile Android come principale e iOS su iPad. Scrivo su quasi tutto ciò che riguarda la tecnologia.

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