Recensione: Fujifilm X-H1, tanti pro per il miglior corpo della casa… ma si doveva osare di più

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È molto difficile provare una macchina fotografica mantenendo separate tecnica e passione. All’inizio mi sforzavo di rimanere il più possibile distaccato, considerandolo un traguardo giusto e positivo, ma con il tempo ho cambiato idea. In ogni cosa vi è una componente emozionale e non la si deve trascurare, men che meno quando si tratta di “attrezzi” che devono stimolare la creatività di chi li usa. Io ho la fortuna di poter provare tutte, o quasi, le fotocamere che mi interessano e da quando ho avuto la X100 mi è stato impossibile allontanarmi completamente da Fujifilm. Per un breve periodo ho usato anche la piccola X30, poi X-T1, X-T10 ed ora X-T2 (recensione), anche se a farmi divertire tanto ci ha pensato la X70 (recensione). Le Fujifilm non sono solo affascinanti e pratiche ma sfornano anche delle ottime fotografie. Sono arricchite da un progressivo e costante miglioramento del firmware e da un parco ottiche di media ampiezza ma di qualità superlativa. Lo stile retrò che ha accompagnato i primi modelli è rimasto un punto fermo, così come l’approccio più fisico ai controlli, ma il pubblico di riferimento si è ampliato moltissimo da quella prima X100. Oggi le senza specchio sono diventate la prima scelta per molti professionisti, i quali si lasciano ammaliare dalla compattezza e dal design ma non possono trascurare altre qualità. Non è un caso che le fotocamere più recenti in questo segmento siano quasi tutte delle top di gamma: sempre più ergonomiche, con maggiore autonomia, doppio slot di memoria, joystick per il controllo rapido del punto di messa a fuoco e battery grip opzionale. Già la X-T2 rispondeva discretamente bene a queste richieste ma l’esperienza della GFX 50s medio formato (recensione) ha evidenziato un percorso di migliorie che è culminato nella Fujifilm X-H1.

Caratteristiche principali

Inizierei col dire cosa non è questa fotocamera. Se il vostro obiettivo è solo quello di ottenere la migliore qualità d’immagine, allora non ne avete bisogno: lo stesso sensore APS-C X-Trans III da 24MP equipaggia tutte le recenti Fujifilm, compresa la piccola X-T20 (recensione). L’utente tipo della X-H1 è colui che valuta con altrettanta importanza anche altri aspetti che contribuiscono all’esperienza di scatto. È quindi nel corpo stesso che si devono ricercare alcune delle principali novità della fotocamera, per l’ampia impugnatura nativa, la maggiore robustezza, lo schermo touchscreen o il display di stato superiore. Ma sono non solo queste. Il mirino ha una risoluzione ben più elevata, dispone di Bluetooth in aggiunta al Wi-Fi, possiede l’inedita possibilità di scattare con la prima tendina elettronica e la seconda meccanica (riducendo sia rumore che shutter shock), ma soprattutto è la prima Fujifilm con stabilizzazione sul sensore. Oltre a queste differenze hardware, la X-H1 offre diversi affinamenti software, con un AF più “intelligente” ma non solo. Tantissime novità si ritrovano in ambito video: F-Log su scheda (e non solo sull’uscita HDMI), UHD/4K con bitrate fino a 200Mbps, 1080p a 120fps e la nuova simulazione pellicola Eterna. Alcune di queste novità arriveranno anche sulle altre top di gamma di Fujifilm nelle prossime settimane, e questo potrebbe sembrare un aspetto negativo nei confronti della X-H1, ma non è così. La casa giapponese garantirà lo stesso ottimo trattamento anche a questo corpo che già parte da specifiche di base migliori rispetto ai precedenti e si garantirà quindi una longevità superiore, andando probabilmente ad ereditare in futuro le funzionalità che scopriremo su X-T3, X-Pro3, ecc…

X-T2 a sinistra, X-H1 a destra: più grande e più comoda

Corpo ed ergonomia

Se parliamo di stile e design, non è facile trovare corpi più affascinanti di quelli Fujifilm. Che siano con la struttura da rangefinder come le X-Pro o da reflex, stile X-T, il fascino di quelle linee semplici ma decise, della costruzione in robusto metallo e le ghiere a vista, arriva agli occhi ed al cuore di qualsiasi fotografo. La X-T20 silver è la mia preferita, mi fa venire voglia di usarla ogni volta che la vedo, ma si potrebbe magari preferire la X-Pro2 o un altro modello ancora. Attualmente uso la X-T2 e mi trovo bene, ma quando ci metto sopra il 16-55 f/2,8 è un po’ sbilanciata. Si nota già a vederla ma il vero problema è che diventa scomoda da tenere. Uso anche il Vertical Power Booster che un migliora le cose, ma in tal senso è più utile l’aggiuntivo per l’impugnatura, solo che non si può montare insieme al battery grip che è utile per l’autonomia. Insomma, se si devono usare obiettivi grandi e pesanti la X-H1 è la prima fotocamera realizzata da Fujifilm davvero adatta.

Le Fujifilm non sono solo affascinanti, sfornano anche ottime fotografie.

La Fujifilm X-H1 è a suo agio anche con obiettivi lunghi e pesanti

Il corpo è un blocco di lega di magnesio, con uno spessore del metallo superiore a quello delle altre fotocamere del brand… e si sente. La tropicalizzazione è stata migliorata e persino la verniciatura è più spessa. Tutto nella X-H1 è concepito per durare ed essendo nata per sopportare il peso delle migliori ottiche Fujinon, comprese le nuove MK per il cinema, persino l’innesto dell’obiettivo è stato rinforzato. La maggiore robustezza è immediatamente percepibile rispetto agli altri corpi della casa, ma con questa arriva anche un incremento di peso. Sono circa 170 i grammi in più rispetto la X-T2 e si avvertono facilmente quando si impugna il solo corpo. Se mettiamo il battery grip ed il 16-55 f/2,8 su entrambe, la differenza sale a 200 grammi: 1,55kg contro 1,75kg. Ho fatto questa prova perché nell’uso reale, con la macchina così configurata al collo, la differenza mi è sembrata quasi trascurabile. Eppure a fine serata l’aver utilizzato la X-H1 fa avvertire un minor senso di stanchezza sul braccio e sul polso, proprio perché è più equilibrata rispetto agli obiettivi pesanti.

Nella X-H1 c’è la stabilizzazione sul sensore e la baionetta è stata rinforzata

Avete presente quando si diceva che le mirrorless erano più piccole delle reflex? Di certo qui manca lo specchio, che qualcosa occupa, ma se escludiamo quei pochi millimetri in aggiunta sullo profondità non ci sono motivi per cui una reflex debba essere più grande. Se lo è dipende da una scelta precisa, poiché lo spazio in più viene utilizzato per un’ampia torretta centrale per il gruppo ottico del mirino; per l’impugnatura sporgente che offre una presa sicura anche con obiettivi pesanti; per un alloggiamento più ampio dedicato alla batteria; per il doppio slot di memoria; per un supporto posteriore dedicato al pollice; per un numero maggiore di tasti funzione e ghiere. Tutte queste cose non hanno nulla a che vedere con lo specchio, difatti si possono realizzare reflex piccole come mirrorless grandi. La Fujifilm X-H1 appartiene a questa seconda categoria: le sue dimensioni di 140 x 97 x 86 mm sono prossime a quelle di reflex come la 6D Mark II. Ma non è la sola ad aver imboccato questa strada: anche la Lumix G9 ha praticamente le stesse dimensioni. Da notare che i tre modelli citati montano sensori di dimensioni diverse (in ordine: APS-C, Full Frame e Micro Quattro Terzi) a conferma del fatto che le forma del corpo si definisce in base a logiche che esulano da quella che potremmo definire “esigenza strutturale minima”.

Fujifilm X-H1 vs Panasonic Lumix G9

Premesso tutto questo, la Fujifilm X-H1 ha un corpo sufficientemente ampio per essere ben impugnato anche con lunghi obiettivi e lo diventa di più se si aggiunge il battery grip. A voler essere estremamente pignolo, avrei preferito avere 3mm in più d’altezza, così da riuscire a poggiare bene il mignolo sull’impugnatura (al momento mi rimane un po’ appeso tra la parte frontale e quella inferiore, sempre indeciso su quale sia la collocazione più comoda). La X-H1 è la perfetta fusione tra la comodità e produttività di una reflex top di gamma e l’approccio diretto ai controlli di una rangefinder, un mix che poteva riuscire così bene soltanto a Fujifilm. È vero che la allontana parecchio dal proprio punto di partenza ma io la vedo più come un raccordo tra la propria linea di fotocamere APS-C e la medio formato della casa, i cui richiami sono particolarmente evidenti. In fin dei conti si tratta di un’ulteriore linea parallela che si aggiunge ad X-T ed X-Pro, puntando ad un mercato di professionisti della fotografia con una strizzatina d’occhio decisa ai videomaker.

X-T2 vs X-H1, entrambe con Vertical Power Booster

Display e mirino

Lo schermo della X-H1 non presenta variazioni particolarmente importanti, mantenendo la tradizionale dimensione di 3”, la stessa tecnologia LCD e risoluzione da 1 milione di punti. Anche il meccanismo di articolazione è quello tipico di Fujifilm, con possibilità di inclinamento verso l’alto o il basso, tenendo la fotocamera in orizzontale, a cui si aggiunge lo snodo laterale per spostarlo verso destra, utile per alzare il display anche quando si fotografa in verticale. Vista la generosità del corpo credo che si sia persa l’occasione per inserire uno schermo completamente articolato, che avrebbe contribuito a rendere diversa la linea H rispetto le altre, accentuando la sua maggiore attenzione al mondo del video. L’unica mezza novità (rispetto ad X-T2) è il touchscreen, utilizzabile sia per la selezione del punto di messa a fuoco che nel Quick Menu. Qui, però, nelle piccole aree a popup che si aprono sulle singole voci, lo scorrimento con il dito avviene nel senso contrario a quello utilizzato negli smartphone ormai da dieci anni e risulta davvero poco intuitivo.

È molto comodo usare il tocco per rendere più agevoli alcune operazioni, Panasonic lo ha ampiamente dimostrato, ma è una filosofia che si deve abbracciare con convinzione e su tutta la linea, non a spizzichi e bocconi. Fujifilm l’ha messo nella X70 ma non nella X-T2, ritornando ad utilizzarlo su X-T20 e successive: speriamo che diventi una costante altrimenti non si potrà mai ottimizzarne l’utilizzo. È la stessa confusione che si trova in casa Sony e per lo stesso motivo: anche lì l’implementazione è stata imprevedibile – in un modello sì e nel successivo no e poi di nuovo sì – per cui non si è avuto modo di affinarne le funzioni e renderle davvero utili. Tuttavia c’è almeno una implementazione degna di nota, ovvero la possibilità di personalizzare la funzionalità degli swipe sullo schermo nelle quattro direzioni, associandoli ad altrettanti comandi.

Il mirino della Fujifilm X-H1 è cresciuto in risoluzione e con ben 3,06 milioni di punti si affianca alle top di gamma di Sony e Panasonic. È ampio e molto nitido, veloce nel refresh (100Hz) e con una riproduzione cromatica piuttosto fedele. Non si nota una enorme differenza rispetto quello della X-T2, che pure ha un milione di punti in meno, ma si avverte chiaramente la sua buona qualità. La miglioria è molto gradita così come lo è il sempre comodo sistema di rilevamento della rotazione, che riposiziona le informazioni sul display e nel mirino, così da trovarle sempre nella stesso punto scattando in orizzontale o verticale. Utilizzandolo in modalità fotografica la fluidità è impressionante, mentre in ambito video con le impostazioni massime di codifica diventa poco fluido.

Lo schermo supplementare è un qualcosa a cui si abitua fotografando con le reflex ed offre una serie di informazioni aggiuntive importanti. Alcune di queste possiamo anche leggerle nel mirino o sul display, ma è indubbiamente più comodo averle sempre sott’occhio, specie perché nella X-H1 rimane visibile anche a fotocamera spenta mostrandoci l’autonomia di scatto residua di schede e batterie. Il suo particolare design è un elemento altrettanto positivo, poiché ha una forma squadrata che ne contiene le dimensioni ma offre una visibilità ottimale grazie a caratteri ed icone grandi ed un buon contrasto. Di default ha lo sfondo nero e i testi in bianco (difatti pensavo fosse un OLED), risultando elegantemente immerso nella scocca, ma si può sempre invertire temporaneamente con il pulsantino dedicato posto al suo fianco, oppure in forma definitiva agendo sull’opzione di menu Set Up / Impostaz Schermo / Colore Sfondo Monitor Sec.

Ancora più interessante è la possibilità di personalizzare nel dettaglio ogni singola informazione visibile, sia i parametri che le icone di stato, in modo differenziato tra le modalità foto e video. Davvero un grande lavoro di Fujifilm, non c’è che dire: hanno saputo prendere un dispositivo utile ma piuttosto stantio e renderlo improvvisamente più bello, moderno e funzionale.

Controllo, impostazioni, menu

Uno degli aspetti che ha reso famosa la serie X di Fujifilm è l’approccio ai controlli. Pur assomigliando ad una reflex tradizionale, la X-H1 mantiene quel DNA ed offre un accesso diretto alla tripletta tempo/ISO/diaframma con i primi due nelle torrette sul corpo ed il terzo sul barilotto dell’obiettivo. L’area superiore mostra un richiamo evidente alla medio formato GFX 50S (recensione) con il display di stato sulla destra. Al suo posto nella X-T2 c’è la ghiera fisica per la compensazione d’esposizione che qui, come nella 50S, si controlla grazie ad un piccolo tasto a destra del pulsante di scatto insieme alla rotella posteriore. La soluzione è altrettanto comoda e l’informazione è sempre visibile nello schermo superiore, per cui non si perde immediatezza e si ha anche il vantaggio di evitare spostamenti involontari (che con la X-T2, ogni tanto, mi capitano).

Alla base delle due torrette principali, entrambe con pulsante di blocco, si trovano a sinistra il metodo drive e a destra il controllo dell’esposizione. L’azionamento delle stesse è reso semplicissimo dalla levetta sporgente che hanno sul retro, per cui basta usare l’indice per ruotarle. Nell’area posteriore ci sono solo due modifiche minori rispetto la X-T2, ovvero la sostituzione di AF-L con AF-ON, localizzato ora a sinistra della rotella dei parametri e lo spostamento del pulsante Quick Menu sulla sporgenza laterale. Quest’ultima modifica si è rivelata utilissima per posizionare il joystick AF più in alto, in un punto che è molto comodo da raggiungere con il pollice.

Le personalizzazioni dei tasti si trovano nel menu Set Up / Impostazioni Pulsanti e Ghiere, con ben 3 pagine di preferenze. Quella più importante è “Imp. Funz. (FN)”, dove si possono personalizzare accessi rapidi per i quattro pulsanti del pad direzionale, per quello di compensazione esposizione e per il tasto Fn localizzato frontalmente, vicino all’innesto dell’obiettivo. Rispetto ad alcune top di gamma della concorrenza forse ci sono meno tasti liberi per la personalizzazione, ma il touchscreen è stato sfruttato per aggiungere comandi in più con swipe sullo schermo nelle quattro direzioni. La X-H1 parte con una dotazione di controlli diretti e manuali invidiabile e sarà piuttosto facile trovare un setup che si addica alle esigenze di qualsiasi fotografo.

Il menu principale è sostanzialmente il solito di Fujifilm, progettato bene e con voci abbastanza chiare nella descrizione. Il Quick Menu, al contrario, richiederebbe una svecchiata, soprattutto perché non si usa molto bene con il touchscreen ed è un peccato. È possibile creare una voce di menu “MY” con le opzioni che si usano più spesso e questa scheda sarà la prima a comparire premendo il tasto menu (ovvero quello centrale del D-Pad). L’unica cosa che a me un po’ manca con le Fujifilm è la possibilità di creare dei preset con tutti gli aspetti operativi, in pratica i classici “metodi custom” che si trovano nelle fotocamere più tradizionali. Questi sono utili perché con un solo movimento ci consentono di definire il comportamento complessivo della fotocamera: non solo gli effetti pellicola o tempi/ISO/apertura ma anche la modalità di messa a fuoco e metering, il bilanciamento del bianco o altro. Ciò non è possibile con le Fujifilm in quanto per quasi tutte le impostazioni principali vi è una ghiera fisica e se ne dovrebbe ignorare l’attuale posizione per gestire tutto con l’elettronica. Sento un po’ questo limite nelle escursioni, dove può succedere di voler fotografare un soggetto in rapido movimento proprio mentre si ha la macchina impostata per un paesaggio, cosa che mi risulta impossibile con una Fujifilm perché richiede un po’ più di tempo.

AF – Messa a fuoco

La messa a fuoco della X-H1 è praticamente la stessa di quella della X-T2, ma la casa segnala un miglioramento delle prestazioni con poca luce. Il sistema ibrido è basato su 325 punti, ma solo nell’area centrale vi è anche la copertura dei pixel per il rilevamento di fase, mentre nelle zone più esterne si procede solo per contrasto. Le impostazioni sono praticamente identiche in ogni aspetto, ad iniziare dalla possibilità di selezionare la grandezza della griglia AF su 91 punti (13 x 7) oppure 325 (25 x 13) tramite il menu Impostazione AF MF/numero punti messa a fuoco. Si può lavorare su punto singolo, area o zona estesa, mentre la modalità manuale, singola o continua si sceglie con il selettore fisico posto frontalmente.

L’inseguimento dei soggetti in rapido movimento è abbastanza efficiente, specie quando è relativamente semplice riconoscerli rispetto allo sfondo. In questi casi il tasso d’errore è molto contenuto, anche se non infallibile. Quando i soggetti sono più piccoli e distanti o magari inseriti in un ambiente variegato e complesso, allora è più facile che perda il colpo. Complessivamente il comportamento è comunque molto buono e con le diverse opzioni del menu Impostazione AF/MF si può affinare l’algoritmo per rispondere meglio alle esigenze del momento. Ci sono 5 preset (+1 personalizzabile) in “Impost. Personalizz. AF-C” e bisogna sfruttarli, poiché incidono in modo importante sull’efficacia dell’inseguimento, facendo spesso la differenza tra il successo e il fallimento.

Certamente molto comodo il joystick per la selezione del punto di messa a fuoco, il quale ci permette di operare più facilmente senza staccare gli occhi dal mirino. Potrà essere tuttavia opportuno disattivare il touch AF in questi casi, poiché altrimenti il naso toccherà il display cambiando il punto sul più bello. Se avessero messo lo schermo articolato si sarebbe potuto chiudere per usare solo il mirino, cosa che trovo molto comoda sulle Lumix. Comunque con due clic del joystick ci riposiziona rapidamente al centro, mentre con uno singolo si visualizza tutta la griglia e si può scegliere la grandezza dell’area AF tramite la rotella posteriore.

In modalità video l’AF continuo non è malvagio, ma è comunque sovrapponibile a quello di X-T2. Non è fluido come il dual pixel CMOS AF di Canon e non è preciso come sulle ultime Sony, tuttavia può andar bene per alcuni tipi di ripresa. In particolare sarebbe utile per i vlog ma pure qui l’assenza dello schermo ribaltabile si avverte, rendendo la fotocamera poco adatta. Rispetto le precedenti ora il riconoscimento del volto funziona anche in registrazione video 4K ma continua a fare un po’ di fatica quando la luce scarseggia. Tramite il menu Impostazione Filmato è possibile definire con un paio di parametri il comportamento del fuoco continuo specificatamente per il video, determinando la sensibilità della tracciatura e la velocità dell’AF.

Molto apprezzate in modalità video le assistenze alla MAF, non tanto per l’ormai onnipresente focus peaking quanto per la possibilità di vedere a schermo la scala delle distanze, cosa che trovo utilissima lavorando in manuale per effettuare dei passaggi più precisi.

Drive – Scatto continuo

All’inizio mi era sfuggito, ma durante l’ultima sessione di scatto all’aperto mi sono reso conto che Fujifilm ha inserito una nuova modalità di raffica nell’apposita torretta, ovvero una CM che si posiziona a metà tra CH (continuo più veloce) e CL (continuo più lento). Le prestazioni velocistiche non sono tuttavia cambiate rispetto la X-T2, con una raffica che raggiunge al massimo 14 fps utilizzando l’otturatore elettronico e 8 fps con quello meccanico, che salgono ad 11 attivando la modalità Boost con il Vertical Power Booster (alias Battery Grip). Il buffer rimane buono ma migliorabile, perché scattando in RAW+JPG ci si ferma dopo circa 24 scatti, per cui meno di 2 secondi, dopo i quali la macchina diventa piuttosto lenta finché non termina la scrittura e ci rende anche impossibile effettuare altre operazioni (lampeggia la luce arancione sotto il tasto Q).

Non che ci sia troppo da lamentarsi, non si comporta male in tal senso, tuttavia Fujifilm ha dichiarato che la H di X-H1 sta per “High Performance” e allora mi chiedo perché non sforzarsi di farla andare un po’ oltre gli attuali limiti di X-T2 e X-Pro2. Le altre modalità drive a disposizione sulla torretta vanno dal modo video (comodo che sia il primo, ad inizio corsa, così si seleziona anche senza guardare) e a seguire: bracketing (molto completo), tre raffiche a diverse velocità (CH, CM, CL), scatto singolo, filtri avanzati (effetti carini in JPG, nulla più) e panorama.

Un aspetto molto importante da sottolineare è che la X-H1 possiede un nuovo otturatore più performante e con funzionalità inedite. Oltre allo scatto meccanico (fino a 1/8000) ed elettronico (fino a 1/32000), si aggiunge una nuova modalità mista con la prima tendina elettronica e la seconda meccanica. Questa va a ridurre sensibilmente sia la rumorosità che lo shutter shock, contenendo la possibilità di mosso a cavalletto come a mano libera. La cosa che tuttavia mi preme evidenziare è che il nuovo otturatore è incredibilmente silenzioso anche nella modalità meccanica completa, al punto da essere utilizzabile già così pure in ambienti in cui sia imperativo che il fotografo non si senta. C’è un solo contro in tutto questo, uno che personalmente non avevo neanche colto finché non ho fatto provare la X-H1 al fotografo di moda Marco Presta. In una sessione di scatto con modelle l’assenza di un feedback sonoro chiaro ad ogni clic si è rivelato un aspetto controproducente, in quanto i soggetti non capivano quando era stata fatta una fotografia e non si potevano regolare di conseguenza, magari per cambiare postura o sguardo. Stavamo facendo anche un po’ di video per cui il set era basato su luce continua, ma abbiamo aggiunto un piccolo flash per risolvere questa situazione di empasse, poiché il lampo certifica inequivocabilmente lo scatto. Purtroppo anche il suono simulato al massimo volume non risulta chiaramente udibile se non in un ambiente totalmente silenzioso. Lo so, sembra assurdo lamentarsi perché un otturatore non fa abbastanza rumore, quello della X-T2 è un carro armato al confronto, per cui non lo considero un contro ma solo un elemento da valutare con attenzione per alcuni fotografi.

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X-H1 + XF16-55: f/5,0 – 1/125 – ISO 800 @ Marco Presta

Metering – Esposizione

La X-H1 è dotata dello stesso sistema di misurazione della luce delle precedenti, che se la cava abbastanza bene in quasi tutte le situazioni. In genere tende a conservare un po’ le luci sottoesponendo di 1/2 stop, un comportamento che gradisco rispetto a quello opposto. La selezione del metodo avviene tramite la ghiera alla base della torretta dei tempi, dove abbiamo: misurazione spot (quantità di luce nel punto centrale), media pesata al centro (fa una media della luce della scena dando priorità al punto centrale), multi (misurazione intelligente che tiene conto della quantità di luce, del colore e della composizione) e media (che fa la media matematica della luce presente nella scena).

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Come per la X-T2, la gamma dinamica degli scatti in formato JPG si attesta su circa 10 stop con la simulazione pellicola Provia, ma si può andare abbastanza oltre scattando in RAW vista la buona possibilità di recupero offerta dal sensore. Nelle zone più buie non si vede un eccessivo rumore aprendo le ombre, almeno finché si sta al di sotto degli 800/1600 ISO, per cui si possono facilmente arricchire le fotografie sviluppate mostrando dettagli che nel JPG si perdono più facilmente.

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WB – Bilanciamento del bianco

Il bilanciamento del bianco automatico della X-H1 è generalmente buono anche se un po’ ballerino. Io lo utilizzo sempre in ambito fotografico, scattando esclusivamente in RAW, e capita che nella stessa scena calcoli dei valori leggermente diversi, rendendoci la vita un po’ più complicata in post produzione. L’accesso diretto è normalmente configurato sul tasto direzionale destro del pad, ma si può modificare anche dal Quick Menu. Come nelle altre Fujifilm abbiamo una buona dose di preset per il WB che, oltre al modo automatico, includono la selezione della temperatura colore, luce diurna, ombreggiatura, fluorescente 1, 2 e 3, incandescenza, subacqueo e 3 modi personalizzabili. Per ogni modalità, premendo il tasto centrale del pad, possiamo affinare anche la tinta. Mi piace che i preset personali siano subito dopo l’automatico e non alla fine della lista, perché sono quelli che tendo ad usare più frequentemente, soprattutto in ambito video.

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Flash

La X-H1 non possiede un’unità flash integrata nel corpo ma viene fornito in bundle il piccolo EF-X8, che si monta sulla slitta superiore. Le impostazioni sono tutte racchiuse nell’apposita scheda del menu e consentono di scegliere la funzionalità TTL, Manuale, Commander (utile per pilotare altri flash) e Off. La modalità TTL può essere regolata su 3 opzioni, ovvero Auto (il flash scatta solo se c’è la necessità di una luce di schiarita), Standard (il flash scatta sempre, se carico, e la luminosità viene calcolata in TTL) e Sincro Lenta (utile ad esempio per ritratti serali realizzati con tempi lunghi). Inoltre è possibile impostare la sincronizzazione del flash con la prima o la seconda tendina e attivare la funzionalità di rimozione degli occhi rossi.

Come nella X-T2 vi è anche il contatto Sync per vecchi lampeggiatori o i flash da studio. In questi casi la luce pilota è altamente consigliata: senza di questa si dovrà accedere alla voce di menu Set Up/Impostaz. Schermo e disattivare l’Anteprima dell’Esposizione in tempo reale per poter inquadrare con una scena visibile, altrimenti risulterebbe tutto scuro per via dei parametri di scatto tarati sulla luce aggiuntiva emessa dai flash. Ad oggi solo le fotocamere di Panasonic mi sembra abbiano colto questo evidente problema delle mirrorless trovando una soluzione ideale: quando si montano dei flash la modalità di anteprima dell’esposizione si disattiva da sola, per poi ritornare attiva quando si scollegano.

X-H1 + XF18: f/3,2 – 1/160 – ISO 5000 @ Maurizio Natali

Qualità d’immagine e resa ad alti ISO

Il sensore APS-C X-Trans III da 24MP non ha più molti segreti, essendo impiegato sulle fotocamere di Fujifilm ormai da quasi due anni. Per altro le abbiamo provate praticamente tutte qui su SaggiaMente, dalla X-Pro2 in poi, per cui è davvero difficile dire qualcosa di nuovo. In realtà una prima considerazione la si può già fare in base a questo: la qualità d’immagine della X-H1 non è più sorprendente come lo è stata per la X-Pro2 nel 2016. Rimane però ai vertici per il segmento APS-C, sfornando fotografie ricche di sfumature cromatiche e con un rumore abbastanza contenuto ad alti ISO, con una trama che a tratti sembra più analogica che digitale (o comunque una discreta via di mezzo). Probabilmente dovremo aspettare la fine del 2018 o addirittura il 2019 per il prossimo X-Trans IV, che potrebbe anche portare un po’ più in alto la risoluzione, ma ad oggi non c’è comunque nulla di cui potersi davvero lamentare.

X-H1 + XF50-140: f/10 – 1/500 – ISO 200 @ Maurizio Natali

Di certo i sensori full frame di ultima generazione reggono un po’ meglio l’aumento di sensibilità, offrendo maggiore libertà al fotografo, ma negli eventi mi è capitato più volte di portare a casa fotografie a 6400 ISO ancora perfettamente stampabili. I JPG in tal senso fanno quasi impressione per quanto sono puliti, mentre partendo dal RAW il rumore si vede ma è ancora gestibile visto che le immagini conservano parecchi dettagli e ottimi colori.

X-H1 + XF16-55: f/3,6 – 1/60 – ISO 6400 @Maurizio Natali

Anche a 12800 ISO la compressione di gamma dinamica si può sopportare, per cui non c’è davvero nulla da dire in negativo su questo sensore. L’unico problema, semmai, è che la demosaicizzazione dei file grezzi salvati dai sensori X-Trans è molto diversa rispetto a quella con tradizionale pattern Bayer e ci sono software (qualcuno ha detto Lightroom?) che ancora oggi fanno un lavoro mediocre. In particolare è il dettaglio che tende a mancare un po’, anche se per pigrizia io tendo ad usare comunque il software di Adobe visto che ho cataloghi sterminati ormai da diversi anni e lo trovo pratico nel funzionamento (sulle prestazioni evito di esprimermi).

xh1-testiso

Ormai la resa di queso sensore la conosciamo a memoria, ma andiamo comunque a vedere il nostro classico test con luce controllata e con tutte le sensibilità disponibili, sia in formato JPG che RAW. Attenzione perché per questi ultimi eliminiamo sempre la riduzione del rumore, sia cromatica che di luminanza, cosa che mostra il dato nudo e crudo, proprio per poter confrontare tutti i sensori alla pari. Il JPG è quello che più dà un’idea dell’effettiva usabilità delle fotografie e direi che ci si può persino spingere a 25600 ISO per immagini che non vanno stampate (o non vanno stampate troppo grandi).

File Sensibilità
JPG 200 400 800 1600 3200 6400 12800 25600
RAW 200 400 800 1600 3200 6400 12800 25600

Insomma, fotograficamente non c’è molto di nuovo nella X-H1… eccezion fatta per la stabilizzazione a 5 assi sul sensore. Questa riesce ad offrire una compensazione importante, al punto che scattare una foto non mossa ad 1/15 a 50mm è davvero facile (foto in basso) e ci si può persino spingere fino ad 1” con un po’ di accortezza. Il CIPA ha calcolato un guadagno fino a 5 stop con quasi tutti i fissi, che sale persino a 5.5 nel caso del 35mm f/1.4 e scende al di sotto solo con tre zoom: 4.5 stop con il 55-200, 3.5 stop con il 18-55 f/2,8-4 e 2,5 stop con il 10-24mm f/4. Insomma un’aggiunta che può essere molto rilevante per alcuni fotografi, specie considerando che l’eccellente 16-55 f/2,8 non ha stabilizzazione ottica. Come primo “esperimento” direi che Fujifilm è andata a segno, ma non del tutto. Con il 50-140mm f/2,8 OIS ho notato una resa decisamente incerta nel panning, cosa che vedremo più avanti nella sezione video.

X-H1 + XF16-55: 50mm – f/22 – 1/15 ISO 100 @ Maurizio Natali

Connessioni, memoria, batteria

Nessuna novità rilevante sul fronte connessioni, che rimangono tutte disposte dietro uno sportellino sul lato sinistro della fotocamera ed includono l’ingresso da 3,5mm per il microfono, la porta micro USB 3.0 (quella brutta), la micro HDMI per l’uscita video e l’ingresso da 2,5mm per lo scatto remoto. L’utilizzo del Vertical Power Booster diventa consigliabile in ambito video non solo per la maggiore autonomia data dalle due batterie in più ma anche perché aggiunge l’uscita da 3,5mm per il monitoraggio in cuffia.

Data la presenza dello stabilizzatore d’immagine sul sensore (IBIS) l’autonomia è un po’ ridotta rispetto quella di X-T2, che pure ha medesimo sensore e processore. Non è una differenza enorme ma i 310 scatti (standard CIPA) sono deludenti oggi come oggi per una top di gamma. È vero che si può andare anche oltre a seconda dell’uso che se ne fa, ma credo si tratti di un’ulteriore occasione mancata per la X-H1 di staccarsi dalle precedenti, visto che sarebbe stata la candidata ideale per una nuova batteria più capiente. L’acquisto del Battery Grip è super consigliato, insomma, anche perché aggiunge l’ingresso DC per l’alimentazione diretta, ma rimane un peccato che quella larga impugnatura contenga ancora la solita NP-W126S.

Sul lato destro è presente lo sportellino che protegge le due memorie SD, entrambe UHS-II. Il doppio slot consente la memorizzazione sequenziale dei file, il backup automatico oppure il salvataggio RAW su una scheda e JPG sull’altra. Piccola nota di demerito: come nella X-T2 per i filmati non è possibile utilizzare il backup né la scrittura sequenziale, dovremo semplicemente scegliere su quale scheda salvare i filmati.

Sul fronte delle connessioni wireless c’è una piccola novità per la X-H1: la presenza del Bluetooth. Questo viene utilizzato per instaurare più semplicemente il “dialogo” tra smartphone e fotocamera, cosa che in effetti richiede un attimo. Tuttavia le quattro funzioni presenti in Fujifilm Cam Remote (per iOS ed Android) richiedono comunque la connessione alla rete wireless. La cosa è assolutamente sensata se si parla di funzionalità evolute come il tethering, dove serve una banda maggiore rispetto quella che offre il Bluetooth, ma ci viene richiesto il Wi-Fi anche per entrare nelle altre tre sezioni: cerca fotocamera, ricevi e geotagging. Insomma, all’atto pratico non mi sembra che ci sia un vantaggio particolarmente rilevante offerto dal Bluetooth. L’app rimane accettabile nella modifica dei parametri in remoto (apertura, tempo, ISO, WB, flash e autoscatto) e usa il touchscreen per il fuoco, ma non possiamo cambiare il metodo AF, la risoluzione di foto e video o il metering. Inoltre non ha una modalità di vista orizzontale / panoramica e non è ancora ottimizzata per iPhone X. Insomma, di lavoro da fare ce n’è ancora parecchio.

La connessione avviene in un attimo con il Bluetooth, ma poi è richiesto comunque il Wi-Fi

Video

Inizialmente si pensava che la H di X-H1 potesse indicare il termine Hybrid come a sottolineare un punto di congiunzione tra il mondo fotografico e quello video, da sempre in secondo piano in casa Fujifilm. In realtà l’azienda la intende come High Performance ma di passi avanti in ambito video se ne sono fatti comunque. In primo luogo è stato aumentato il bitrate massimo, che ora può raggiungere i 200Mbps in UHD/4K. Interessante notare che non sono state rimosse le qualità da 100 e 50Mbps, così l’utente può scegliere più liberamente a seconda delle proprie necessità. È inoltre stata aggiunta la possibilità di cattura fino a 120fps in FullHD, con le opzioni per convertire direttamente il filmato a rallentatore, che con un output da 25fps offre uno slow motion prossimo al 5x.

Altra novità di rilievo è l’aggiunta della modalità di registrazione F-Log direttamente su scheda, mentre nelle precedenti Fujifilm è possibile solo tramite l’uscita HDMI (almeno oggi, in futuro sono previsti aggiornamenti firmware). Questa raggiunge il 4:2:2 pulito a 8 bit per la registrazione diretta su supporti professionali esterni, mentre interamente rimane il limite del 4:2:0 a 8 bit, che non va proprio d’accordissimo con i profili flat (a meno di non indovinare perfettamente l’esposizione). Altra piccola novità degna di nota è l’aggiunta della nuova simulazione pellicola Eterna che si sposa egregiamente con i filmati, come la sua omonima analogica. Sostanzialmente ha poco contrasto ed ombre piuttosto aperte, così da massimizzare la gamma dinamica, e mi sembra abbia una leggera divisione dei toni con una dominante fredda (blu) nelle ombre e più calda (arancio) nei medio-alti, creando un contrasto cromatico gradevole e tipico di una diffusa post-produzione cinematografica. Non fa miracoli però può essere molto comoda quando si debba ottenere un file dal buon look senza un massiccio color grading.

Da notare che tutte le funzionalità citate che saranno tecnicamente compatibili con l’hardware delle precedenti fotocamere Fujifilm verranno poi estese anche a queste ultime, grazie alla mai troppo lodata politica di aggiornamenti dell’azienda. Una cosa però rimarrà certamente esclusiva della X-H1: la stabilizzazione sul sensore. In ambito video può essere particolarmente utile per ottenere riprese pulite anche a mano libera e con obiettivi non stabilizzati, come l’ottimo 16-55 f/2,8. La resa è davvero buona se si considera che è la primissima implementazione in una fotocamera Fuji, ma ci sono alcuni aspetti che andranno chiaramente migliorati con il tempo. Finché si rimane fermi la compensazione è davvero efficace mentre durante i panning e con lenti lunghe già stabilizzate semplicemente impazzisce. Vi mostro un brevissimo filmato che evidenzia questo problema:

Conoscendo Fujifilm non credo che tarderanno troppo a risolvere questo inconveniente, dopotutto in misura minore lo abbiamo visto nei primi tentativi di implementazione dell’IBIS di qualsiasi produttore. Pare anche accentuarsi adoperando l’AF continuo, mentre con quello manuale o singolo si nota leggermente meno, ma questa potrebbe anche essere stata una mia impressione. Personalmente mi trovo bene utilizzando sia il focus peaking che la scala delle distanze, un’abbinata che offre un controllo visivo e mentale completo oltre che preciso. Un piccola nota positiva va anche all’audio, dove è stata inserita la possibilità di impostare un guadagno differente per il microfono integrato e quello esterno, così da non dover intervenire manualmente ogni singola volta che se ne collega uno.


Il comparto video è dunque migliorato ma imperfetto. La mancanza di registrazione in backup, l’assenza di un’uscita audio senza il battery grip, lo schermo non ribaltabile e la batteria che si scarica dopo 30 minuti di registrazione in 4K, la stabilizzazione incoerente nel panning ed un AF continuo incerto sono alcuni dei principali limiti di questa fotocamera in ambito video.

Conclusione

Fujifilm ha ormai uno stile ben definito ed una vasta schiera di fotografi ne apprezzano corpi, sensori ed obiettivi, ma soprattutto la modalità d’uso e la filosofia del mantenimento con continui update del firmware. La X-H1 è un modello importante, un po’ come lo sono state la X-T1 e la X-Pro1 prima di lei, destinate ognuna a conquistare un nuovo tipo di gusto ed esigenza in ambito fotografico. La nuova linea “High Performance” si affianca alle precedenti ma si posiziona al di sopra, offrendo tutte le migliori caratteristiche viste finora ed alcune novità importanti, tra le quali la stabilizzazione sul sensore è certamente la più evidente (nonché impossibile da aggiungere con un update). La X-Pro2 rimane ancora la soluzione migliore per chi apprezza il design con mirino laterale, così come la X-T2 non perde certo colpi in ambito fotografico, ma la X-H1 è più indicata per i fotografi professionisti, sia quelli sportivi che naturalistici. Il corpo tropicalizzato con uno spessore maggiore della lega di magnesio, l’innesto più robusto e l’impugnatura finalmente ben profilata, rendono questo corpo il più adatto per essere utilizzato con obiettivi lunghi e pesanti, arrivando dove le altre fotocamere della serie X faticano e senza la necessità di acquistare ed installare elementi aggiuntivi. A livello di prestazioni non c’è però una grande differenza rispetto le sorelle minori, perché sensore, processore, AF, buffer, raffica, sono tutti sostanzialmente allineati, al netto di qualche affinamento riconducibile al firmware.

Non si può dunque dire che con una X-H1 si facciano foto tecnicamente migliori ma non c’è dubbio, secondo me, che lo si farà più comodamente. Dal mio personale punto di vista una X-T2 con un fisso come il 18, il 23 o il 35 rimane più pratica nel reportage, ma con gli zoom f/2,8 o i lunghi tele (tra cui il 200mm f/2 in arrivo) allora la X-H1 non è solo indicata ma quasi obbligatoria. Si tratta certamente di un’ottima fotocamera e apprezzo come Fujifilm riesca ad usare lo stesso linguaggio stilistico applicandolo con disinvoltura anche a soluzioni completamente differenti, tuttavia non nego che come capo stipite di un’intera nuova linea mi sarei aspettato qualcosa di più, soprattutto per accentuare il distacco rispetto le altre. Cito giusto alcune di quelle che considero “possibilità mancate”: schermo completamente articolato, nuova batteria più capiente, sensore di nuova generazione, maggiori capacità di raffica e/o buffer. Non che senza queste cose la Fujifilm X-H1 non sia un’ottima macchina, infatti il giudizio rimane alto e positivo, ma non considero troppo superficiale chi la dovesse etichettare come una X-T2 leggermene più comoda e con stabilizzazione sul sensore. C’è un ampio margine di miglioramento per una eccezionale X-H2 tra un paio d’anni, sempre che nel frattempo le novità di X-T3 o X-Pro3 non rimescolino ancora le carte in tavola: arriverà anche da loro la stabilizzazione sul sensore? Al momento mi sembra un ottimo upgrade solo ed esclusivamente per chi usa costantemente gli obiettivi più grandi e pesanti della casa nipponica, nonché per qualche evidentemente miglioria in ambito video. Seppure abbia individuato una serie di “possibilità mancate”, aspetti che si possano considerare veramente negativi non ne vedo troppi. Forse la batteria è uno dei pochi, anche se immagino che l’acquirente tipo della X-H1 la acquisterà con il Vertical Power Booster e le due batterie aggiuntive, raggiungendo un’autonomia di circa 900 scatti (che inizia ad essere assolutamente ragionevole). Se si parla ad un’utenza già all’interno del mondo Fujifilm allora si può vedere principalmente la comodità delle sue migliorie, IBIS prima di tutto, ma il mercato attuale nella fascia da 2000€ offre alternative che possono risultare più ghiotte sia in abito fotografico che video.

PRO
+ Robusto corpo in lega di magnesio
+ Impugnatura ergonomica è ben bilanciata con ottiche lunghe o pesanti
+ Ottima tropicalizzazione
+ Schermo touch utilizzabile in AF/Quick Menu e per swipe con funzioni personalizzabili
+ Mirino di ottima risoluzione e frequenza di refresh
+ Display secondario utile, ben fatto e personalizzabile
+ Buona quantità di tasti e ghiere per un controllo diretto e semplice
+ Messa a fuoco performante e con buone capacità d’inseguimento
+ Nuovo otturatore più silenzioso e con meno vibrazioni
+ Nuova modalità di scatto con prima tendina elettronica
+ Efficace stabilizzazione a 5 assi sul sensore
+ Doppio slot di memoria SD, entrambi UHS-II
+ Bluetooth integrato oltre ai solito Wi-Fi
+ Buon bitrate da 200Mbps per la registrazione video 4K
+ Aggiunta modalità slowmotion 1080p fino a 120fps
+ Registrazione F-Log direttamente su scheda
+ 4:2:2: 10 bit pulito su HDMI (ma in formato micro)
+ Nuova simulazione pellicola Eterna
+ Possibilità di impostare il gain audio separatamente per microfono interno ed esterno

CONTRO
- Autonomia troppo ridotta (con video 4K si scarica in soli 30 minuti)
- In modalità video il mirino scende di qualità e fluidità
- Il Vertical Power Booster è fin troppo necessario per raffica, autonomia e connessioni
- I filmati non si possono registrare in backup sulle due SD
- Lo schermo non è ribaltabile

DA CONSIDERARE
| Implementazione del touchscreen da migliorare, specie nel Quick Menu
| In ambito Video l’AF continuo non è ancora a livelli di Canon o Sony
| Il buffer non è migliorato rispetto ad X-T2
| Il nuovo otturatore meccanico è fin troppo silenzioso
| Stabilizzazione sul sensore e ottica non vanno d’accordo nel panning

Maurizio Natali

Titolare e caporedattore di SaggiaMente, è "in rete" da quando ancora non c'era, con un BBS nell'era dei dinosauri informatici. Nel 2009 ha creato questo sito nel tempo libero, ma ora richiede più tempo di quanto ne abbia da offrire. Profondo sostenitore delle giornate di 36 ore, influencer di sé stesso e guru nella pausa pranzo, da anni si abbronza solo con la luce del monitor. Fotografo e videografo per lavoro e passione.